Scuola: prima di tutto una lingua pensiero e per noi è l’Italiano


Prima di tutto una lingua pensiero e per noi è l’Italiano, poi possiamo studiare l’inglese, il cinese e quanto altro vogliamo;  ma se non abbiamo la padronanza di una lingua pensiero la nostra capacità di riflessione, di elaborazione e rielaborazione si riduce; e si riduce di conseguenza in tutte le diverse discipline di studio.
  Se partiamo da questa considerazione ne deriva che nella scuola lo studio dell’Italiano ha una funzione principe; e la cosa peggiore è quella di andare appresso alle mode e alle false esigenze delle famiglie:  di quelle che chiedono di far studiare quello che, secondo loro, serve direttamente a trovar lavoro, meglio se all’estero; tanto, si sente dire da non pochi, «l’italiano prima o poi diventerà un dialetto europeo che non servirà a nessuno». E in questo modo si toglie al cervello dei nostri studenti, dai 6 ai 19 anni, in un contesto già pieno di altre suggestioni, la possibilità di sviluppare al meglio in sé la facoltà linguistico-cognitiva di base, propria ed esclusiva della nostra specie, facoltà ulteriormente evoluta con l’invenzione, estremamente significativa e impegnativa, della scrittura.” La frase citata in corsivo è del Professor Francesco Sabatini tratta da un’ intervista del settembre 2017 apparsa su Corriere – che vale la pena di archiviare per la sua preziosità.
Niente di male se i nostri allievi hanno anche una qualche conoscenza dei propri dialetti, ciò è sicuramente un ampliamento della propria capacità cognitiva; ma possiamo dedicare del tempo al dialetto solo per meglio comprendere la lingua italiana in tutta la sua pienezza e padronanza; molto utile e necessario che gli studenti imparino la lingua inglese, visto che è diventata un veicolo di comunicazione internazionale; ma una debole padronanza della lingua italiana può portare anche ad una debole competenza nella lingua straniera studiata.
  Quell’idea bislacca di insegnare nelle Università  alcune  discipline in inglese  non è andata nella direzione di migliorare l’apprendimento delle discipline stesse; e dopo un iniziale malriposto entusiasmo per queste scelte, ora alcuni senati accademici europei ci stanno ripensando.
 Se il docente che sta insegnando nell’Università è di madre lingua inglese potrebbe essere necessario che gli studenti facciano uno sforzo per ascoltarlo in inglese o che lui faccia uno sforzo di traduzione della sua lezione; ma se l’insegnante (esempio di fisica) è di madre lingua italiana e gli studenti che ascoltano la sua lezione sono di madre lingua italiana, tenere la lezione in inglese è un artificio stupido e dannoso.  
 E allora nelle scuole difendiamo la lingua italiana, i tempi necessari per insegnarla, e il necessario approccio alle opere letterarie che aiutano l’apprendimento della lingua. E vigiliamo su tutti i propositi dei nostri politici che spesso si presentano con riforme che tendono a togliere spazio alle materie tradizionali per introdurre  innovazioni ad ogni costo.
Francesco Zaffuto

 Link
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Post inserito il 06/04/2018
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2 commenti:

  1. Sono d'accordo. Conoscere in primis bene la lingua madre, la propria lingua è elemento essenziale di identità culturale e sociale su cui poi innestare l'importante conoscenza di altri idiomi.

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