Fioravante e
Rizzeri e uno dei romanzi di Luigi Natoli che la casa editrice I Buoni Cugini
Editori ha dato alle stampe nel 2014 insieme ad altri 7 romanzi di Natoli
Fioravante e
Rizzeri fu pubblicato a puntate dal Giornale di Sicilia a partire dal 31
dicembre 1936, e, grazie a un paziente lavoro di ricerca e ricostruzione di Anna
Squatrito e Ivo Tiberio Ginevra, la versione pubblicata è proprio quella di
allora, e viene presentata con la prefazione dello stesso Natoli che all’epoca
si firmava con lo pseudonimo di William Galt.
Per dare
qualche nota su questo particolare romanzo a doppio intreccio inseriamo qui per
Arpa la postprefazione di Francesco Zaffuto inserita nel libro
La
narrazione di “Fioravante e Rizzeri”
evolve con un carattere binario: da una parte l’aggrovigliata sceneggiatura roboante
dell’opera dei pupi e dall’altra una vicenda di vita familiare.
Il puparo, don Calcedonio, sta mettendo in scena una delle storie
cavalleresche per i Pupi* e costruisce pazientemente le scene. Nel suo procedere, la vicenda dei pupi diventa sempre più
fantastica mentre la sua vicenda umana si immiserisce sempre di più.
Natoli in quest’opera sta nel solco di
Cervantes e di Calderon De La Barca; anche
il suo protagonista vive in un sogno;
ma in questo sogno non è il
personaggio principale, come lo fu Don Chisciotte, e neanche uno dei tanti personaggi; don
Calcedonio è il puparo, colui che muove i sogni, costruisce la scena, lustra
amorevolmente i suoi pupi prima di ogni rappresentazione, dà loro la voce e li manovra. Non è avvolto
nel sogno come Don Chisciotte, è
consapevole che tra la vita e il suo sogno c’è una distanza, sono due piani distinti, eppure vuole che qualcuno di quegli ideali
cavallereschi si possa trasferire nella vita, almeno un minimo di onore e di
onestà.
Siamo tutti pupi, dirà Pirandello,
contemporaneo del Natoli, nel suo Berretto a sonagli, ed ogni pupo vuole difendere la sua
onorabilità, la sua immagine; e don Calcedonio nella vita è pupo come tutti gli
altri e vuole mantenere una rispettabilità nel sociale. Le trame antiche del suo teatro gli
suggeriscono l’azione, la voce forte, il farsi giustizia con un bastone; e più
di una volta il puparo si comporta come uno dei suoi pupi in scena. Ma questo romanzo-tragedia di Natoli va oltre
la maschera sociale ed umana; è il conflitto esistenziale del padre, del grande
puparo, dello stesso Creatore. Il
puparo si aspetta che i pupi si muovano secondo il movimento che ha impresso
con la mano, secondo le finalità della commedia che si deve rappresentare. Don
Calcedonio si danna perché nella realtà ogni pupo ha la sua vita propria e lui
non riesce, con tutta la sua buona volontà, a dare un indirizzo, un consiglio
neanche alla sua unica ed amata figlia.
Don Chisciotte muore quando il sogno scompare,
il puparo Calcedonio alla fine riesce a conciliare la vita e il sogno: lascia ogni attaccamento, anche quello che
aveva per il pubblico e per le pareti decorate del suo teatro, ama i pupi di
carne e di latta per quello che sono, risolve con la pietà il suo problema di deità.
Ogni scrittore in qualche modo è un puparo,
costruisce ed ama le scene e i suoi personaggi; il grande puparo Luigi Natoli
con “Fioravante e Rizzeri” ha costruito
un romanzo difficile, originale e di notevole grandezza.
Francesco
Zaffuto
Nota *la storia cavalleresca che prepara il Puparo
è ben riconoscibile in quella del Secondo Libro de I Reali di Francia nella
versione di Andrea Jacopo da Barberino (1370 – 1432). Alcuni nomi nella
versione di Natoli sono leggermente diversi dalla versione dell’antico autore
toscano, il Rizieri diventa Rizzeri e
anche altri nomi appaiono leggermente storpiati. Anche per lo stesso titolo
dell’opera, nei manoscritti originali dell’autore, compare Rizzeri. Forse Natoli ha voluto mettere in risalto quella particolare
sicilianità operata dai pupari nel loro dare voce ai Pupi.
Il libro è presente in tutte le librerie della
Sicilia
Nel resto d’Italia può essere ordinato alla
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Immagini: copertina avanti e retro di Nicolò Pizzorno
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