La vita dell'Omo
Nove
mesi a la puzza: poi in fassciola
tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:
poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola,
cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.
Poi comincia er tormento de la scola,
l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,
la rosalía, la cacca a la ssediola,
e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.
Poi viè ll’arte, er diggiuno, la fatica,
la piggione, le carcere, er governo,
lo spedale, li debbiti, la fica,
er zol d’istate, la neve d’inverno...
E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,
viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.
tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:
poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola,
cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.
Poi comincia er tormento de la scola,
l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,
la rosalía, la cacca a la ssediola,
e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.
Poi viè ll’arte, er diggiuno, la fatica,
la piggione, le carcere, er governo,
lo spedale, li debbiti, la fica,
er zol d’istate, la neve d’inverno...
E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,
viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.
Qualche nota di traduzione - Nove mesi a nuotare nel liquido e dopo le fasce, tra bacetti, croste
lattee e lacrimoni. Poi arriva la
cinghia attaccata dietro le spalle, il canestro a forma di campana per spingerti a camminare, le
vesticciole buffe, con il torcolo (un
salva capo che un tempo si usava contro le cadute) e le braghe buffe che come
calzoni sorreggono i pannoloni.
Poi
il tormento della scuola, l’abbecedario, le frustate, i geloni, la rosolia, la
cacca da fare nella sedia con il buco, la scarlattina e i vermi allo stomaco.
Ed
ecco l’età adulta, il mestiere, la fatica, i digiuni religiosi, la pigione da
pagare, le carceri, il governo, l’ospedale, i debiti e anche il sesso (la fica)
con tutte le sue contraddizioni fa rima con fatica.
Il
tempo scorre, il sole d’estate e la neve di inverno, e per ultimo, Dio ci
benedica, viene la morte e finisce con l’inferno. E la punizione eterna dell’inferno va come a
compensare stranamente la fatica di vivere.
Belli
sarcasticamente polemizza con una concezione della religione tanto lontana
dalla dura realtà dell’esistenza comune e reale da non accorgersi
dell’assurdità di accompagnare la faticosa condizione umana con la continua
minaccia dell’inferno.
I sonetti di Gioachino Belli sono il grande monumento
sotterraneo della poesia italiana di cui non si parla abbastanza. Se vale la pena di imparare l’italiano per leggere Dante, vale la pena di imparare il romanesco per leggere il Belli.
Belli è il poeta che per la forza della sua
voce e per la profondità del pensiero è
paragonabile a Dante Alighieri.
Erroneamente il Belli si considera solo come un
poeta satirico; c’è un nucleo imponente di sonetti che portano a una grande riflessione
sull’uomo e sull’universo, composti con una fattura originale che sfida i tempi.
I sonetti del Belli non sono solo, come lui stesso volle
definirli , “un monumento alla Plebe di Roma”, sono una
liberazione del pensiero dagli schemi, un guardare disincantato alla
ricerca della verità.
Su arpa eolica faremo un percorso tra
i sonetti del Belli, proponendone alcuni
e corredandoli con qualche nota .
(commenti e note a cura di
Maria Luisa Ferrantelli e Francesco Zaffuto)
Immagine - da una stampa di Bartolomeo Pinelli, il particolare di un bambino attaccato per la cinghia
Il Belli è poco conosciuto, poco studiato e molto raramente presentato.
RispondiEliminaUn pessimistico ma splendido excursus nell'inferno della vita che conduce all'inferno della morte.
Ottima scelta il Belli, al di fuori degli osanna imperanti. Seguirò volentieri i passi successivi del percorso.
Belli e Trilussa: due poeti "antichi", che ogni loro poesia fa apparire assolutamente contemporanei.
RispondiEliminaOttima l'idea di proporre intanto il Belli, che dei due mi pare il più trascurato; poi più avanti anche qualche assaggio di Trilussa non sarebbe male.
Grazie e ciao.