Sabato
10 ottobre a Milano in piazza Duomo si sono schierati 1300 operatori
dello spettacolo con 500 bauli (i
loro flight case che rappresentano un po’ la loro professione). I lavoratori
dello spettacolo sono fermi dal lockdown
del mese di febbraio e vorrebbero capire quando potranno ritornare a lavorare.
In una realtà come quella milanese che è stata da sempre il centro di una grande concentrazione di tante piccole compagnie teatrali, con i loro piccoli teatri, la crisi diventa particolarmente grave.
Spesso
si tratta di piccole sale dove le ipotesi di distanziamento fanno diventare
difficilmente gestibile ogni rappresentazione. In un piccolo teatro che già
raccoglieva pochi spettatori, parlare di distanziamento significa avere
un numero così ridotto di spettatori da rendere pressoché senza un ritorno
economico ogni rappresentazione.
E in
più l’incognita di dover sospendere eventuali spettacoli programmati, per un nuovo improvviso dispositivo di
chiusura, mette in difficoltà ogni
ipotesi di programmazione di una stagione teatrale.
Per allestire
uno spettacolo teatrale spesso sono necessari mesi di prove (tanto lavoro + spese) e l’incognita di un possibile annullamento
delle date programmate fa passare la voglia anche di iniziare.
Se
aprite
i link dei diversi teatri di Milano potete vedere che solo i teatri più
grandi hanno predisposto una limitata stagione teatrale, quelli piccoli (che in
passato ad ottobre presentavano il loro cartellone) quest’anno mostrano un
cartellone vuoto.
La
necessità di dare una mano agli operatori dello spettacolo a Milano è evidente,
per evitare che vada in malora la realtà dei piccoli teatri di Milano; il
comune di Milano dovrebbe rappresentare questa necessità allo Stato centrale e
diventare coordinatore di un possibile aiuto; con qualche sostegno economico e
anche individuando spazi ampi dove possono essere allestiti spettacoli
mantenendo le necessarie distanze. (fr. z.)
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