Aspettando Godot – la Legge elettorale

 

Nella commedia di Beckett, Godot è un essere che potrebbe risolvere tutto e che non arriva mai;  la Legge è elettorale è un Godot arrivato più volte, e tutte le volte si è detto che non era quello giusto. 

Passato il Referendum che ha confermato il nuovo numero di composizione del Parlamento (400 per la Camera dei deputati e 200 per il Senato), la Legge elettorale è un appuntamento molto atteso da tutte le componenti politiche e dai cittadini che vogliono interessarsi al funzionamento delle Istituzioni.

 Di leggi elettorali ne abbiamo avute tante; da quelle ispirate a un sistema proporzionale a quelle ispirate a un sistema uninominale; con liste in cui si potevano esprimere preferenze, con liste bloccate dove decidevano tutto i partiti, con soglie di sbarramento,,  senza soglie di sbarramento, e con diversi nomi  – da Truffa a Porcellum.

 Per ogni legge elettorale i diversi partiti hanno cercato di fare previsioni e conti su quanto poteva essere utile alla propria ditta, e poi hanno approvato una nuova legge. Con questi presupposti di parte è probabile che anche la prossima legge non sia ispirata ad un interesse generale. Allora gli appunti che seguono  sono solo di studio, e riflettere non nuoce.

 La legge elettorale, secondo alcuni, deve garantire  come aspetto principale la rappresentatività; secondo altri l’aspetto principale è quello della governabilità, spesso associato alla parola stabilità. Considerando che entrambi gli aspetti sono importanti passo ad analizzarli.

 L’esigenza della rappresentatività si può dire che è un requisito essenziale,  perché necessariamente il Parlamento come organo legislativo deve rappresentare tutte le componenti politiche esistenti nel paese, ed è alquanto assurdo stabilire uno sbarramento senza trovare una logica accettabile per tale sbarramento.

Riguardo all’esigenza della governabilità (che dovrebbe assicurare la stabilità dei governi), c’è da considerare che questa  è una necessità derivata dai dispositivi costituzionali che prevedono che  le due Camere conferiscano la fiducia al Governo. Nei fatti il nostro assetto istituzionale è costituito da un Potere Legislativo che conferisce l’autorità d’insediamento al Potere Esecutivo. Una composizione politica rappresentativa al Senato diversa per proporzioni rispetto a quella della Camera dei deputati può determinare che un Governo non venga ad avere la fiducia di ambedue le Camere necessaria  per Governare. Quindi le diversità di attribuzione dei seggi  nelle due Camere possono determinare  l’ingovernabilità.  Per  dirimere definitivamente questo problema e risolverlo una volta per tutte basterebbe che venisse approvata una Legge costituzionale che attribuisca il Potere della fiducia alla sola Camera dei deputati, quella più rappresentativa per numero e dove tutti i membri sono tutti eletti per volontà popolare, nessuno escluso. Sarebbe una legge di poche righe; e pare che tutti siano d’accordo ma nessuno  vuole assumersi l’onere di avviare il processo. La megariforma di Renzi prevedeva che il Potere della Fiducia venisse dato alla sola Camera dei Deputati, ma Renzi non volle dividere in più quesiti la sua megariforma e presentandola in un pacco unico venne interamente bocciata.

 Quindi se non si risolse  il problema della Fiducia, riservandola alla sola Camera dei deputati, ipotizzare sistemi elettorali diversi per Senato e Camera comporta sempre  un rischio d’ingovernabilità.

 Considerato che necessita  al nostro Parlamento di ponderare la rappresentatività con la governabilità si può accademicamente ipotizzare una soluzione che preveda l’elezione di 2/3 del Parlamento con il sistema uninominale, con il doppio turno di ballottaggio  per meglio garantire la volontà degli elettori. E in questo modo si verrebbe ad avere una rappresentatività territoriale insieme a una spinta di aggregazione per le forze politiche, in modo che  la componente politica più stimata verrebbe ad ottenere una cospicua maggioranza;  evitando quel ricorso specioso a premi di maggioranza che è mutuato dalle lotterie e poco si adatta ad un Parlamento.

Per l’elezione di 1/3 dei parlamentari si dovrebbe garantire un’elezione con il sistema proporzionale puro da esprimersi in un solo Collegio unico nazionale e con uno sbarramento che però non vada a stravolgere i principi costituzionali di rappresentatività previsti dalla Costituzione.  E’ vero che la polverizzazione politica, se eccessiva,  può diventare un danno;  ma va stabilito  il criterio minimo che deve avere un Partito o Movimento per essere rappresentato in Parlamento almeno per un diritto di tribuna. Per l’individuazione del criterio minimo si deve fare riferimento alla stessa Costituzione: se 500 mila cittadini possono presentare una proposta referendaria, non può essere esclusa dal Parlamento una componente politica che abbia avuto 500 mila voti sul territorio nazionale.  Per l’elezione di 1/3 dei parlamentari potrà essere previsto che il quorum da raggiungere per l’attribuzione del primo seggio sia di 500.000 voti. 

 A sostegno di questa necessità di non escludere componenti importanti dal Parlamento  sono da evidenziare questi dati relativi alle ultime elezioni politiche del 2018 (dati provenienti da tutti i collegi della Camera in Italia + Val d’Aosta + Italiani all’estero – fonte Min.Int.) : aventi diritto al voto 50.835.751 -  votanti 35.257.690 – schede bianche e nulle 1.226.866 – voti validi 34.030.824. Quindi 34.030.824 votanti hanno espresso  630 Deputati e di conseguenza un deputato si è potuto eleggere con soli 54.017 voti espressi. Se si ipotizza lo stesso numero di voti espressi per la prossima tornata di elezioni politiche, con 400 deputati, basteranno per eleggere un deputato  circa 85.000 voti espressi . Allora come si può giustificare sul piano costituzionale che una componente politica che ottenga sul territorio nazionale 500.000 voti sia da considerare bandita dal Parlamento italiano.

 Quindi assicurare la minima dignitosa rappresentatività è doveroso per rispetto degli elementi essenziali della Costituzione ed è doveroso anche sul piano logico e politico: tenere fuori dal Parlamento le componenti minori depotenzia il ruolo del Parlamento come luogo di confronto delle idee, e la presenza di componenti minoritarie evita  pericolose fughe verso l’extraparlamentarismo.  E’  assurdo che per individuare logiche di sbarramento si venga ad indicare come modello   la Germania, non è assolutamente un buon modello;  l’avere lasciato fuori dal Parlamento quelli che non raggiungevano il 5% ha addirittura potenziato la crescita di forze extraparlamentari che ora premono sul Parlamento tedesco con numeri ben più elevati.

Per concludere un buon insieme di uninominale 2/3 +  1/3 di proporzionale da esprimersi in un Collegio unico nazionale potrebbe essere una discreta soluzione.  E ad una discreta legge elettorale si può arrivare se si mettono da parte i calcoli pro domo sua. Infine alla  Legge elettorale, una volta accettata e votata da un’ampia maggioranza, occorrerebbe dare rilievo costituzionale per evitare che possa essere cambiata ad ogni chiaro di luna.   Certo non può essere di una perfezione assoluta;  e se per un caso estremamente fortuito, dopo una elezione,   non si venisse  a realizzare una maggioranza:  niente di drammatico,  in una democrazia si può  ritornare a votare.

Francesco  Zaffuto

i dati relativi alle votazioni del 2018 sono stati ricavati da:

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