Grato m’è il sonno – 5° puntata




Grato m’è il sonno
romanzo di Maria Luisa Ferrantelli
Pubblicato nel 1989 –
Copyright  © Maria Luisa Ferrantelli
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Arpa eolica ringrazia l’autrice per il permesso di pubblicazione in 10 puntate
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5° puntata


 Ma da dove cominciare, chi mai avrebbe potuto metterlo sulle tracce di quel grande artista che ormai taceva da tanti anni? Quell’uomo aveva creato una davvero singolare spaccatura nella sua persona, offrendo quasi alternativamente una sola parte di sé a genti che mai sarebbero entrate in relazione tra di loro: inutilmente il mondo della cultura avrebbe cercato fra città, paesi e villaggi il vero nome del grande Orfeo e la sua dimora; molto difficilmente gli ormai vecchi compaesani avrebbero associato il celebre nome, pervenuto dall’estero, se pur mai era giunto alla loro attenzione, al giovane sconosciuto artista che molti anni addietro era partito dal suo paesello; ed anche chi era a conoscenza di quella fama e dell’orgoglio che essa rappresentava per le sue valli, poteva a malapena ricostruire nella memoria un volto senza nome; solo il volto aveva conservato di lui quel vecchio, oltre a custodire, con sbalorditiva indifferenza, il segreto di quella grande opera anonima. E proprio quel capolavoro sembrava infatti ergersi al di sopra della cultura come dell’ignoranza , parlando per tutti, nel suo silenzio, il linguaggio dell’uomo.
 Santos concluse che il punto di partenza della sua ricerca non poteva che essere nella memoria dei vecchi del luogo. Mai in cuor suo ebbe a maledire tanto la rozzezza e l’ignoranza della sua gente, che sentiva quasi, in tal caso, come una sorta di ingratitudine.
 Istintivamente, non avendo una meta precisa, cominciò a ripercorrere a ritroso la via che lo conduceva al luogo di partenza. E fu così che, in fondo alla pianura, si imbatté di nuovo nello stesso vecchio contadino, incontrato pochi mesi addietro mentre era alla ricerca di Dafne.
 “Buon giorno, maestro!” lo salutò subito questi, cavandosi il cappello di testa. “Trovaste poi la persona che cercavate?” si informò.
 “Sì, l’ho trovata” rispose Santos, un po’ infastidito che la sua apparentemente generica curiosità di allora davanti a quella casa, fosse stata così ben interpretata.
 “Quella famiglia effettivamente si era trasferita già da molto” osservò il vecchio.
 Intanto Santos andava pensando rapidamente che quel contadino, per la sua età, doveva essere più o meno della generazione dell’artista; inoltre aveva notato che all’aspetto sembrava un uomo molto curioso e con molto tempo a disposizione da spendere parlando ed intrattenendosi con la gente; ricordava con quanta più insistenza di quanto non facevano gli altri paesani, che in genere si limitavano ad una semplice incuriosita sbirciatina, si era trattenuto accanto a lui a guardarlo dipingere; mi interessano gli artisti, aveva anche un po’ ingenuamente osservato. Potrebbe essere l’uomo che fa per me, pensò dunque Santos.
 “Senti, buon uomo…” iniziò.
 “Cosma” lo interruppe questi, con un lieve inchino del capo.
 “Bene, Cosma, tu sei pratico di questi luoghi?”
“Altro che!” esclamò il vecchio. “Vedete queste vallate?” e la sua mano spaziò in cerchio nell’aria. “Io le ho girate tutte. Scommetto che voi le dovete ancora scoprire”.
 “E’ vero” convenne il giovane. “Ho viaggiato all’estero, ma della mia regione conosco ancora poco”.
 “E’ spesso così” sorrise Cosma. “I giovani iniziano sempre da troppo lontano…Anch’io ho conosciuto questi luoghi assai tardi”.
 “Ed hai conosciuto molta gente nei dintorni?”
 Il vecchio annuì:
 “Molta, molta…Voi capite, io sono ormai vedovo da tanto tempo, mio figlio lavora all’estero, ho un campicello e qualche bestia nella valle vicina che cura un ragazzo. E così, che debbo fare? Alla mia età gli anni sono veloci e le ore lente. Immagino che per voi ancora è il contrario, gli anni camminano piano ed il giorno non basta mai. Così mi piace girare, vedere, incontrare amici”.
 “Vorrei farti una domanda che si riferisce a tanti anni fa”.
 “Provate. Mi assiste un’ottima memoria”.
 “Sai che in queste valli è nato un artista divenuto poi molto famoso?”
 “Sì, certo…un nome strano, aiutatemi a ricordare, voi siete istruito e dovete saperlo”.
 “Orfeo”.
 “Ah, è vero!” esclamò Cosma, battendosi la fronte col palmo della mano. “Non era questo però il suo vero nome” aggiunse. “Stravaganze di giovane, di artista…”.
 “E’ normale” fece un po’ freddamente Santos. “Anche io mi firmo con un nome d’arte”.
 “Già, mi regalaste un quadro, non ho capito la vostra firma, ma vi assicuro che lo conservo con molta cura. Ora immagino che voi vorreste sapere il nome di Orfeo”.
 “E’ così”.
 “Vi confesso di non saperlo, mi dispiace. Non lo conoscevo direttamente, l’ho solo visto qualche rara volta di sfuggita…”
 “Tu l’hai visto?” interruppe Santos emozionato.
 “Sì, anche lavorare…Ma allora era poco più che un ragazzo, non saprei con precisione da quale località venisse”.
 “E poi che fu di lui?”
 “Ma forse questo lo sapete meglio voi di me”.
 “Voglio dire se lo vedesti più qui”.
 “Non saprei rispondervi se prima di un paio d’anni orsono rimise mai piede in queste zone…”
 “Come un paio d’anni? Cosa vuol dire, che attualmente è qui?”
 “Cero. Non capisco il vostro stupore. E’ normale che un uomo nella vecchiaia voglia tornare nei suoi luoghi d’origine”.
 “Non è questo” fece Santos spazientito. “Ma come fai ad esserne così sicuro, insomma, come si può riconoscere un uomo dopo tanti anni?”
 “Vi sembra tanto impossibile? Voi non frequentate artisti e maestri? Così noi, tra pastori e contadini finiamo, magari solo di vista, per conoscerci tutti. Chi di noi, almeno una volta, ad esempio, non è stato alla grande fiera del bestiame o al mercato delle sementi che si svolge tutti gli anni in pianura?”
 “Orfeo alla fiera del bestiame, ma cosa dici?”
 “Ascoltate. Fu proprio un paio d’anni orsono che notai un viso nuovo, un vecchio alto e quasi completamente canuto; all’accento sentii che non era straniero. Presi ad osservarlo incuriosito. Forse voi non credete che io sia un buon osservatore. E così mi accorsi che qualcosa di vago ed indeterminato, ma insistente, affiorava nella mia memoria: mentalmente gli scurii i capelli, gli spianai il viso, un viso asciutto e stagliato di quelli che con gli anni non perdono mai i contorni, e così riconobbi improvvisamente un giovane intento
a plasmare qualcosa nella creta: era un ricordo antichissimo ma preciso, di quelli che non si dimenticano facilmente. Non poteva essere che lui. Ma perché questo vi turba tanto?” si interruppe.
 “Forse tu non puoi renderti conto di chi stai parlando! Non capisci che nessuno sa più nulla di questo grande uomo?”
 “Ma…cosa dovrei fare?” chiese Cosma un po’ esitante.
 “Possibile, voglio dire, che, per esempio, non sentisti il bisogno di dirlo a nessuno?”
 “Non ne ho visto il motivo”.
 Santos crollò il capo, sentendosi quasi impotente a comunicare a quel contadino il suo stato d’animo.
 “Hai mai visto la statua femminile che è nel bosco di Val di Notte?” aggiunse, quasi nel tentativo di fargli intendere il valore di tanto artista.
 “La conosco bene”.
 “Lo sai che l’ha fatta lui?”
 “Ah!” fece il vecchio, guardandolo con molta curiosità. Dopo un certo silenzio riprese:
 “Io non conosco l’opera di questo artista e forse non potrei capirla come voi. Però gli uomini li capisco e capisco quando un uomo vuole essere lasciato in pace. Raccontarlo perché? Se un uomo di fama sceglie di ritirarsi dove nessuno lo riconosce e lo ricorda più, certo vuole così e questo va rispettato”.
 “Hai ragione. Devo ammettere che non ci ho pensato”.
 “E poi raccontarlo a chi?” proseguì il contadino. “Non penserete che gli altri attribuiscano all’arte il valore che gli date voi”.
 “Devo dire che mi hai dato una lezione, Cosma. Allora voglio confessarti una cosa: io ho bisogno di vedere quell’uomo”.
 “Vi servono consigli per la vostra arte?”
Santos sentiva una folla di sentimenti ed emozioni confuse al pensiero di un simile incontro, che quasi soffocava.
 “Sì” rispose semplicemente. Rimasero entrambi in silenzio per un po’, uno di fronte all’altro. Poi il giovane riprese:
 “Posso chiederti un favore?”
 “Se posso, volentieri”.
 “Ecco…mi chiamo Santos, insegno pittura ed arti plastiche in Val di Notte. Io sto cercando Orfeo, ma non sapevo da dove cominciare, Puoi aiutarmi?”
 Il vecchio sospirò:
 “Vi ho detto ciò che penso…”
 “D’accordo. Garantisco che il mio incontro sarebbe improntato alla massima discrezione e riservatezza, qualcosa di assolutamente personale e privato”.
 “Ad ogni modo non è un’impresa facile, ora sono io che non saprei da dove iniziare. In realtà, non conoscendo il suo nome, a chi rivolgersi? Neppure saprei dirvi esattamente dove egli abiti. Solo io, quando mi accadesse di vederlo, potrei indicarvelo. E come creare una circostanza simile?”
 “Già, come crearla?” ripeté Santos e sedette su un tronco. Rifletté a lungo, infine alzò la testa guardando il vecchio.
 “Un modo ci sarebbe…Però non credo di poterti chiedere tanto” mormorò un po’ esitante.
 Cosma sedé a sua volta accanto a lui.
 “Chiedete lo stesso”.
 “Potresti accompagnarmi tu in questa ricerca, percorrendo tutti i luoghi? Saprò compensarti come vorrai”.
 Il contadino rise:
 “Dovete aspettarvi molto da questo incontro, se siete disposto a tanto! Qui attorno ci sono sei valli: avete idea di quanti siano i paesi e i villaggi seminati per questi monti? E noi ci troveremmo ad inseguire un volto, null’altro che un volto”.
Santos appariva a tal punto abbattuto, mentre col capo chino mormorava tra sé Come riuscirò a trovarlo?, che il vecchio non poté fare a meno di dirgli per sollevarlo:
 “E’ difficile, ma non impossibile, dal momento che egli comunque è qui. Si tratta solo di avere molta pazienza e tempo a disposizione”.
 Il giovane si animò:
 “Tutto il tempo che occorre! Ho abbastanza risparmi da parte. Chiuderò la mia scuola per qualche tempo. Ma piuttosto tu, amico, saresti disponibile? Perché senza di te è impensabile anche cominciare. Tutto il necessario negli spostamenti sarà sulle mie spese, in più avrai quanto mi chiedi”.
  Cosma rifletté a lungo: dal suo sguardo che vagava dal giovane ai monti circostanti, dagli oggetti presenti alle immagini ed ai ricordi interiori, sembrava trapelare un non so che di vagamente divertito ed incuriosito. Santos intanto pendeva tutto da quel volto.
 “Ebbene” parlò finalmente “devo dire che questa proposta, per la sua novità, in fondo mi alletta come un curioso diversivo: trascorrere un po’ di tempo – ed io da una parte ne ho troppo, dall’altra troppo poco – rivisitando luoghi e riincontrando amici magari persi un po’ di vista, mi attira abbastanza come idea. Certo non posso garantirvi con assoluta certezza la riuscita del nostro intento né prevederne i tempi. Tuttavia, attraverso le numerose conoscenze che ho un po’ dovunque ed anche la diretta osservazione degli abitanti nei vari paesi, finirò prima o poi per rivedere l’uomo in questione, come del resto mi è accaduto almeno tre volte in questi ultimi due anni”.
 “Grazie, amico!” esclamò Santos stringendogli con trasporto le mani. “Che posso fare per te?”
 “C’è una cosa che mi è sempre piaciuta ed ancora mi attira malgrado l’età” rispose sorridendo. “E vedrete che anch’io nascondo qualche stravaganza. Forse vi sembrerà strano per un contadino, ma io ho sempre invidiato gli artisti, ho sempre pensato alla gioia che si deve provare nel saper spandere sulla tela tutti quei bei colori che la natura ha creato. Da ragazzo a volte facevo qualche disegno e devo dire che non ero negato. Poi la vita…” e si interruppe con un gesto vago. “Potrei dunque approfittare della vostra compagnia per avere l’occasione di imparare a mettere sulla carta ciò che vedo?”
 “Vorresti apprendere da me, vuoi dire?”
 “Proprio così” approvò il vecchio.
 Santos lo guardò al colmo dello stupore:
 “Ma cosa te ne faresti alla tua età?”
 “E voi cosa ve ne fate?”
 “Ma è diverso…Insomma per me costituisce la mia vita, la mia attività, la fonte di sussistenza anche”.
 “E’ stata la necessità di un’attività su cui vivere che vi ha spinto a dipingere ed a scolpire?”
 “Non di certo, per questo avrei potuto svolgere molti altri mestieri”.
 “E neppure io avrei come motivazione la necessità di un’attività. Quale è la differenza?”
 “A te non basterebbe ormai più il tempo per arrivare a…” e qui si fermò a cercare le parole.
 “A diventare qualcuno?” intervenne il vecchio.
 “Appunto”
 “Il desiderio di diventare qualcuno è stato lo scopo che vi ha spinto verso l’arte?”
 “Forse no” convenne il giovane. “Anzi, no” concluse.
 “E ciò che voi provate, perché negare allora che anche io possa desiderare di provarlo, magari solo per pochi anni, gli ultimi della mia vita?”
“Ho capito, amico, tu vorresti avere una esperienza che ti fu impossibile e lontanissima nella giovinezza. Vedo che hai ancora una mano molto ferma e devi essere anche un buon osservatore. Però non posso garantirti risultati soddisfacenti”.
 “Questo è giusto. Ma io non pretendo di giungere a fare cose belle come voi, cose da mostrare. Dico che tutti possono cercare dentro di loro e provare l’esperienza dell’artista, anche senza diventare degli artisti. Non so spiegarvele meglio, ma è solo questo che mi interessa”.
 “Devo dire che è piuttosto insolito, però è anche bello. E vorresti delle lezioni da me?”
 “Se è possibile. Questo appunto è il favore che vi chiedo in cambio del mio”.
 “Cercherò di soddisfarti il più possibile”.
 “Ed ora vi chiederei un altro favore, se permettete”.
 “Dimmi pure”.
 “Poiché dovremo convivere per qualche tempo e poiché potreste venirmi figlio, potrei anch’io darvi del tu?”
 “Ma certo!” rise Santos. “Allora l’accordo è fatto” aggiunse stringendogli la mano. “Ora io sono nelle tue mani molto più di quanto non lo sia tu nelle mie. Da dove cominciamo il nostro viaggio?”
 “Di qui la valle più vicina è Val Radici e il primo paese che si incontra è a circa un’ora di strada”.
 “Se non hai niente in contrario, potremmo metterci subito in cammino”.
 “D’accordo, Santos. Arriveremo ad ora di pranzo. Sappi però che quello è un parse quasi tutto di contadini e solo verso il tramonto li avremo visti tutti tornare dai campi”.

Copyright  © Maria Luisa Ferrantelli

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post inserito il   29/01/2017

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