Il 5 gennaio del 1984
venne ucciso Giuseppe Fava. Se la
cultura viene usata come coscienza, come strumento per lottare contro la
tracotanza e l’ingiustizia, allora la cultura può fare paura a chi teme di perdere il potere e i suoi
loschi affari.
Giuseppe Fava, scrittore e drammaturgo era un uomo di cultura, nel 1980 un film tratto da un suo romanzo aveva vinto l’Orso doro di Berlino, se voleva poteva continuare a fare l’intellettuale per la TV o il cinema, o poteva continuare a fare il giornalista: bastava ammorbidire i toni ed evitare certe notizie.
Giuseppe Fava, scrittore e drammaturgo era un uomo di cultura, nel 1980 un film tratto da un suo romanzo aveva vinto l’Orso doro di Berlino, se voleva poteva continuare a fare l’intellettuale per la TV o il cinema, o poteva continuare a fare il giornalista: bastava ammorbidire i toni ed evitare certe notizie.
Giuseppe Fava amava la verità e la sua
Sicilia, e sapeva che solo la verità poteva riscattare la sua terra. Inizia a
dirigere il Giornale del Sud con queste
premesse: «Io ho un concetto etico di
giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena
la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili,
pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione
della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è
capace di questo si fa carico di vite umane. Un giornalista incapace, per
vigliaccheria o per calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i
dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le
corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere…»
Sotto la sua direzione il Giornale del Sud
condusse una dettagliata informazione sulla
base missilistica della Nato a Comiso, sul traffico di droga a Catania, e prese
posizione a favore dell’arresto del boss Alfio Ferlito. Puntualmente arrivò un attentato al tritolo
nella redazione del giornale ed anche il successivo allontanamento del
direttore. La mafia pensava di aver
messo a tacere Giuseppe Fava togliendogli la direzione di quell’organo
d’informazione.
Ma Giuseppe Fava non si arrese e con un gruppo
di giornalisti, formati dal suo
insegnamento, fondò la rivista mensile “I Siciliani”. La rivista, anche se si trattava di un
periodico mensile, ebbe una grande diffusione.
Con quella nuova rivista Fava costruì ogni mese un libro sulla Sicilia,
e per tutti i siciliani che attendevano la loro riscossa. Iniziò con rivista una grande inchiesta su
quella mafia che padroneggiava nell’edilizia, vennero presi di mira “i quattro cavalieri dell’apocalisse”. L’inchiesta
di Fava denunciava le “attività illecite di
quattro imprenditori catanesi, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci (agrigentino
di nascita), Mario Rendo e Francesco
Finocchiaro, e di altri personaggi come Michele Sindona. Senza giri di parole,
Fava collega i cavalieri del lavoro con il clan del boss mafioso Nitto Santapaola “. (da
wikipedia link sottoriportato)
Indagini e successivi processi per
l’omicidio di Fava portarono alla condanna degli esecutori e di Nitto Santapaola ritenuto il mandante, ma
nessuno degli imprenditori fu condannato.
Grazie alla lotta di Giuseppe Fava, e
di tanti altri siciliani martiri della mafia, la Sicilia non è precipitata nell’abisso. La
mafia non è stata totalmente sconfitta ma fortemente ridimensionata rispetto
alla sua imperante presenza degli anni ottanta.
Immagine tratta da:
Su youtube – l’intervita di Enzo Biagi a Giuseppe Fava pochi giorni prima
del suo omicidio
Post inserito il 05/01/2019
Spesso la verità è dolorosa e necessita di tanto coraggio per coltivarla. E quando manca ci si nasconde dietro una vecchia frase: " a megghia parola è chidda cu nun si dici" (la migliore parola è quella che non si dice).
RispondiElimina... e Giuseppe Fava volle ben distanziarsi da quella vecchia frase; e volle usare tutta la forza delle parole in tutte le forme da quella dell'arte a quella del giornalismo...
Elimina