Il 9
Gennaio 1950 gli operai delle Fonderie Riunite di Modena lottavano contro i
licenziamenti, il bilancio della
giornata fu di 6 lavoratori morti, 200 feriti e 34 arrestati.
Governo Alcide De Gasperi - Ministro dell'Interno Mario Scelba
Fondate nel 1938, le Fonderie Riunite erano un'azienda di proprietà dell'industriale Adolfo Orsi, il quale possedeva anche la Maserati. Alla fine del 1949 Adolfo Orsi licenziò tutti i suoi 560 dipendenti, al fine di poter riassumere altri operai non iscritti né al sindacato né ai partiti. Il piano industriale di Alfredo Orsi prevedeva inoltre di diminuire i premi di produzione, abolire il Consiglio di gestione, addebitare il costo della mensa nella busta paga degli operai, rimuovere ogni bacheca sindacale o politica all'interno della fabbrica e discriminare le donne (ad esempio, eliminando la stanza dove le operaie potevano allattare i figli che si portavano in fabbrica).
Governo Alcide De Gasperi - Ministro dell'Interno Mario Scelba
Fondate nel 1938, le Fonderie Riunite erano un'azienda di proprietà dell'industriale Adolfo Orsi, il quale possedeva anche la Maserati. Alla fine del 1949 Adolfo Orsi licenziò tutti i suoi 560 dipendenti, al fine di poter riassumere altri operai non iscritti né al sindacato né ai partiti. Il piano industriale di Alfredo Orsi prevedeva inoltre di diminuire i premi di produzione, abolire il Consiglio di gestione, addebitare il costo della mensa nella busta paga degli operai, rimuovere ogni bacheca sindacale o politica all'interno della fabbrica e discriminare le donne (ad esempio, eliminando la stanza dove le operaie potevano allattare i figli che si portavano in fabbrica).
La fonderia era già
stata sottoposta ad una serrata di un mese, i sindacati risposero proclamando
uno sciopero generale di tutte le categorie e in tutta la provincia per il 9
gennaio 1950, nonostante gli ostacoli posti dalla prefettura e dalla Questura
di Modena, che negarono l'uso di qualsiasi piazza per poter tenere la
manifestazione sindacale.
Il giorno prima dello sciopero arrivarono a Modena circa 1.500
poliziotti. Le Fonderie Riunite furono presidiate con camion, autoblindo e armamento
pesante.
Verso le dieci del
mattino del 9 gennaio una decina di operai giunse ai cancelli delle Fonderie
Riunite, le quali erano circondate di carabinieri armati. All'improvviso un
carabiniere sparò un colpo di pistola in pieno petto al trentenne Angelo
Appiani, che morì sul colpo. Subito dopo, dal tetto della fabbrica i carabinieri
aprirono il fuoco con le mitragliatrici verso via Ciro
Menotti contro un altro gruppo di lavoratori, che si trovavano al di
là del passaggio a livello sbarrato in attesa dell'arrivo di un treno,
uccidendo Arturo Chiappelli e Arturo Malagoli e ferendo molte altre persone,
alcune in maniera molto grave.
Dopo circa trenta
minuti, in via Santa Caterina l'operaio Roberto Rovatti, che portava al collo
una sciarpa rossa, venne circondato da una squadra di carabinieri, buttato
dentro ad un fossato e linciato a morte con i calci dei fucili.
Infine, giunse in via
Ciro Menotti un blindato T17 che iniziò a sparare sulla folla, uccidendo Ennio
Garagnani.
Appena appresa la
notizia della strage, i sindacalisti della Cgil iniziarono ad avvisare, con gli
altoparlanti montati su un'automobile, i manifestanti di spostarsi verso piazza
Roma. Tuttavia, verso mezzogiorno, un carabiniere uccise con il fucile Renzo
Bersani, il quale stava attraversando a piedi l'incrocio posto alla fine di via
Menotti, posto a oltre 100 metri dalla fabbrica.
Il bilancio della
giornata fu di 6 morti, 200 feriti e 34 arrestati con l'accusa di resistenza a
pubblico ufficiale.
Nei giorni successivi
in moltissime città italiane (tra cui Torino, Firenze, Palermo, Venezia,
Livorno, Milano, Bari, Alessandria, Genova e Verona) vennero organizzati
proteste e scioperi generali per l'intera giornata; a Roma accorsero circa
100.000 manifestanti in piazza SS. Apostoli per il comizio della CGIL, mentre la CISL scelse di non
associarsi alle manifestazioni.
La deputata
modenese Gina Borellini espresse la sua indignazione alla Camera dei Deputati
con un gesto plateale: con molta difficoltà (in quanto amputata ad una gamba)
si alzò dal suo scranno e scese ai banchi del Governo, dove lanciò le foto
degli operai morti in faccia al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.
Ci fu un processo, ma gli
imputati furono gli operai. Poliziotti e carabinieri furono tutti assolti. Nel
'54 caddero le accuse e iniziò la causa civile. Le famiglie dei morti ottennero
due milioni di lire, ma l’Avvocatura dello stato tenne a precisare che la
polizia usò legittimamente le armi da fuoco. La verità ufficiale rimase questa
e non ci fu alcuna autocritica.
Foto d’epoca: Modena la piazza poco prima dell’eccidio.
L’articolo sopra riportato e la foto hanno come fonte
ulteriori fonti
Canzoni in ricordo dell’Eccidio di Modena
Cinegiornale del 1950 sui Funerali
Post inserito il 09/01/2019
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