Alberto 2.0
l’uomo che volle farsi robot
Racconto – di Francesco Zaffuto
Edito online su Arpa eolica
In due puntate il 2 e il 3 Giugno 2018
Copyright © Francesco
Zaffuto
di seguito la 2° e ultima puntata
C’era un giovane negro, Gino si chiamava, che
lavorava da Xora come addetto alla sicurezza, simpatico e cordiale con tutti;
lo era con i clienti e perfino con noi Robot; a me ogni giorno rivolgeva
bonariamente un saluto quando entravo al lavoro: Ciao super giallo. Ed io con la mia voce metallica rispondevo: Buon giorno a te Gino. E lui
luminosamente sorrideva mostrando i suoi denti bianchi nel nero del suo volto.
Un lunedì mattina vedo che al posto di Gino ci
stava un Robot addetto alla sicurezza. Appena entrai mi intimò l’alt, dicendo
con una voce metallica simile alla mia: - Accertamento
anomalo. Accertamento anomalo. Fermarsi per perquisizione –
Mi impediva l’accesso, e capii che dovevo fare
subito qualcosa. Tornai indietro sui miei passi e velocemente mi allontanai
dall’ingresso di Xora. Quando fui ben
lontano, chiamai con il telefonino Clelia e gli dissi quello che era successo.
– Non insistere ad entrare. Pare che
abbiano licenziato Gino e l’hanno sostituito con questo nuovo Robot. Forse
percepisce qualcosa di strano in te, è meglio non insistere.-
In pratica ero fritto ed occorreva porre un
rimedio. Telefonai a Tracy, mi disse di non preoccuparmi, lui avrebbe
telefonato alla direzione della Xora per dirgli che mi avevano richiamato in
sede per urgenti riparazioni al sistema di comunicazione, e che per i giorni di
mancata prestazione non avrebbero avuto oneri ed erano disposti a risarcire
Xora per il mancato servizio.
La cosa era momentaneamente tamponata. Rividi
la sera Tracy, nella nostra solita pizzeria e appena a tavola disse: - Tu non puoi mettere piede da Xora, se io
non riesco a modificare la cablatura di quel Robot.
-
Ma tu puoi farlo? – chiesi molto preoccupato.
-
Certo che posso farlo, non è
difficile per me. Solo che occorre immobilizzarlo per almeno un minuto e non è
facile.
Soffocavo all’idea che tutto fosse
finito e che nonostante quel mio prodigarmi rischiavo di perdere il lavoro.
Studiammo un piano in tutti i particolari e poi lo mettemmo in atto. Io non volli coinvolgere Clelia in
quell’azione e nonostante l’opposizione di Tracy insistetti per fare l’azione il
giovedì sera, quando Clelia non era impegnata da Xora. – Ma ci può essere molto d’aiuto – diceva lui. – Ma
allora non se ne fa niente – dissi io categorico. E dovette accettare la
mia condizione.
Io e Tracy ci recammo da Xora come clienti il giovedì sera, verso l’orario di chiusura.
Io conoscevo bene tutti gli spazi possibili, e sapevo che c’era un camerino in
disuso dove potevamo nasconderci, ci stava della merce fuori moda accantonata
ed era disattivato alla sorveglianza. Una volta chiuso il magazzino potevamo
entrare in azione. Quando tutto fu spento il Robot Stic 200, quello che mi aveva
fermato per sospetti, iniziò a fare il giro dei reparti per controllare se
fosse tutto in ordine. Era un bell’affare per l’azienda: Stic lavorava giorno e notte, non solo il
negro Gino era stato licenziato ma anche il napoletano Pasquale addetto al turno
notturno.
Tracy teneva con la sua mano destra una
macchinetta particolare e chiesi: -
Cos’è? –
-
Una specie di cloroformio per Robot,
se riesco ad avvicinarla alla sua testa gli addormento tutti i circuiti. Tu
devi però bloccarlo da dietro ed impedire che possa usare la sua mano destra.
Se la usa e prende la sua arma dalla cintola sarà lui che addormenterà i nostri
cervelli. Ed è uno di quelli che non sbagliano mira.
Secondo il piano dovevo infilare il
nodo della corda che tenevo con me proprio alla sua mano destra del Robot e poi
tirare con tutta la mia forza per farlo cadere a terra. Poi sarebbe intervenuto Tracy.
Mi avvicinai a Stic da dietro, ma fui
maldestro e urtai un manichino del reparto che cadde a terra rumorosamente, mi
precipitai velocemente a nascondere, e per la mia idiotissima paura lasciai cadere la corda di nailon con il nodo
trappola. Siamo fritti, pensai precipitando in disperazione.
Il Robot guardiano si voltò verso il manichino caduto, scrutava con i suoi
raggi rossi visivi dappertutto, poi puntò a guardare proprio la cordicella di
nailon che forse si rifletteva a lui luminosamente. Si piegò e la raccolse. – Cose è questa? – disse con la sua voce
metallica. Si piegò, la raccolse e mise la sua mano proprio dentro il nodo per
meglio osservarlo con tutta la sua intelligenza artificiale. E fu in quel
momento che io capii che quello era il momento per agire, mi attaccai con tutta
la mia forza al capo della corda che pendeva. Tirai fino a farlo cadere per
terra. Si sentì il tonfo metallico della sua corazza e Tracy gli fu addosso con
la sua macchinetta che addormentava i circuiti. Si muoveva con tutta la sua
forza e la paura era tanta. Ma poi cominciò a muoversi sempre più lentamente
fino a cadere nel suo sonno tecnologico. Definitivamente fermo. Tracy trasse
dal taschino della sua giacca un piccolo cacciavite, l’attrezzo chirurgico con
cui avrebbe completato tutta l’operazione. Sorrise e disse: - E ora ragazzi cabliamo tutto. –
Il tutto non durò più di otto minuti di
paziente lavoro di Tracy, e durante l’operazione continuava a parlare come a
descriverla a me che stavo con gli occhi sbarrati a guardarlo: - Non riconoscerai più Alberto 2.0. e non
romperai più i coglioni agli esseri umani. Romperai le balle solo a quelli come te. Continuerai a
riconoscere armi che possono entrare dentro i magazzini…. Continuerai a
riconoscere liquidi e burro e nient’altro –
-
Che c’entra i burro? – diss’io meravigliandomi.
-
Alla prossima pizza poi ti spiego – disse tacitando la mia curiosità.
Tutto fatto, Stic era stato
neutralizzato e non sarebbe stato più un pericolo per me.
Io e il mio amico Tracy abbiamo fatto il
nostro dovere signor Giudice. E non abbiamo portato alcun danno alla società
Xora che avrebbe continuato a mantenere la sua sicurezza. Io non dirò mai niente che possa portare al
riconoscimento del mio amico Tracy e spero di riuscire a mangiare ancora una
volta una pizza con lui. Per fortuna ancora esiste qualche pizzeria senza Robot
in questa società di merda. Potrei aggiungere che ancora esiste qualche sezione
di questo tribunale non amministrata dai Robot giudici. Per fortuna Signor
Giudice lei è ancora un uomo, ma mi mordo la lingua perché non voglio apparire
come un imputato che corteggia la corte.
Il tempo ritornò a scorrere con tranquillità
da Xora, specie per me e Clelia che eravamo felici. Stic 200 mi salutava
all’ingesso con cortesia ed io facevo il mio lavoro con dedizione e con
l’entusiasmo di tutti i clienti.
Clelia ed io avevamo preso in affitto un
appartamento in città e presto ci saremmo trasferiti là con tutte le nostre
cose. Avevamo prosciugato tutti i nostri risparmi, ma ci sentivamo in parte al
sicuro perché un lavoro l’avevamo.
Ma il nostro padrone Xora arrivò con le sue decisioni prima che ci trasferissimo di casa e ruppe
tutti i nostri sogni: Clelia fu licenziata.
Era brava, era stimata, era stata pure
premiata come miglior manager dell’azienda Xora, ma fu licenziata. “Necessità
economiche organizzative vitali per l’Azienda”, fu questa la motivazione
inserita nella lettera di licenziamento.
“Non ci
possiamo fare niente”, dissero
quelli del sindacato “sono i nuovi
dispositivi permessi dalla nuova normativa, in ogni caso ti daranno una
cospicua liquidazione; poi con il tuo curriculum sarà facile trovare un nuovo
lavoro”.
La cospicua liquidazione fu tutta assorbita
per il trasferimento nella nuova casa in affitto, e in quanto a un possibile
nuovo lavoro gli orizzonti erano proprio neri. L’unica entrata sarebbe stata la
mia, finché sarebbe durato il mio mestiere di Robot.
Al posto di Clelia arrivò la rossa Terry 3.0,
un robot a capo di tutti i robot dell’azienda Xora.
Tracy telefonò alla direzione di Xora dicendo
che non c’erano problemi e che potevo ricevere ordini anche da un Robot capo
reparto.
La rossa Terry 3.0 cercava addirittura di
essere carina con me e provava a darmi inutili consigli con la sua voce
metallica. E io eseguivo alla lettera cercando di non indispettirla nei suoi
sensibili circuiti. Ma un pomeriggio mi chiamò in disparte dagli altri robot e
mi disse con la sua voce metallica: - Sei
strano, Alberto 2.0 -.
Ed io risposi con la mia voce
metallica: - Sono strano perché sono
innamorato -.
-
Non capisco, non capisco.- Continuò a dire Terry allontandosi da
me.
Non penso che sia stato io a guastare
i circuiti di Terry la rossa con la mia frase sull’amore, probabilmente c’era un difetto di fabbricazione. Fatto sta
che c’era qualcosa che non andava bene in lei. Mi ero accorto che ogni tanto
fuoruscivano dalle sue orecchie delle piccole scintille. Ero preoccupato e nel contempo
non sapevo cosa fare: gli altri robot non erano certo in grado di notare il
difetto di un Robot inserito in scala gerarchica come superiore; di altri umani
impiegati nei reparti non ce ne stavano più; ed i clienti tutti concentrati nei
loro acquisti non erano certo attenti a simili difetti. C’era solo una
possibilità: avvisare io la direzione. Continuavo a rinviare perché la cosa
poteva mettere in avviso l’amministrazione per la mia particolarità di
controllare un superiore nella scala gerarchica dei Robot. Alla fine mi convinsi che era prevalente fare
qualcosa per evitare un qualche incidente e decisi di mettermi a rapporto con
l’Amministratore.
-
Rapporto sicurezza!? - Disse meravigliato l’amministratore
osservandomi come a voler mettere a nudo tutti i miei circuiti.
-
Rapporto sicurezza. – Ripetevo io con la mia voce metallica e
cercando di nascondere la mia apprensione.
-
Strano, tu non sei addetto alla sicurezza e vuoi
fare un rapporto sulla sicurezza.-
-
Sì, signore –
-
Dimmi Alberto.-
-
Segnalo anomalia funzionamento di Terry 3.0 – dissi.
-
Ma è il tuo capo. Vuoi
dire che ti lamenti dei suoi modi di fare con te?-
-
Nessuna lamentela, rapporto sicurezza –
-
Cosa vuoi dire? – disse un po’ innervosito nei miei confronti.
-
Fa scintille dalle orecchie. Pericolo
incendio. – Dissi nella speranza di essere definitivamente capito.
-
Addirittura! – Disse sorridendo.
-
Rapporto sicurezza. Necessario provvedimento.
– Aggiunsi e non potevo andare oltre,
come Robot avevo già fatto oltre ogni possibile aspettativa.
Il
direttore mi ringraziò e mi fece uscire, dicendo che avrebbe preso un
provvedimento.
Cosa fece non so. Forse nulla. Forse quando
lui osservò Terry non si verificarono le
scintille; infatti il fenomeno non
avveniva sempre, e solo qualche volta inaspettatamente. Fatto sta che Terry il
giorno dopo era sempre là ed il giorno dopo ancora, nessuna interruzione al suo
servizio di capo area. E poi arrivò il fatidico giorno.
Era un
venerdì sera alle ore 18,00, e di solito, nel fine settimana a quell’ora, da
Xora c’era un grande afflusso di clienti.
Mi accorsi che tra i clienti che attendevano
di parlare con me ci stava una signora con una bambina; era proprio quella
signora con quella petulante bambina che avevo incontrato sulla metro il primo giorno del mio avvio al
lavoro. Cercai di defilarmi dicendo una
stupidata al mio ultimo cliente.
-
Necessaria verifica qualità prodotto.
Attendere prego. –
Andai a nascondermi, volevo attendere che
mamma e figlia fossero serviti da un altro Robot e una volta fatto l’acquisto
se ne andassero. Da dietro le stampelle degli abiti osservavo che stavano
sempre là, mamma e figlia. Intanto
arrivò Terry, che mi sgridò e mi invitò subito a ritornare a servire i clienti,
notai che usciva una piccola scintilla dalle sue orecchie. Non avevano preso
alcun provvedimento.
Dissi
subito una balla a Terry per sottrarmi e prendere tempo: -Mi hanno chiamato subito in Direzione con urgenza. Torno presto. – Terry
nei circuiti elettrici del suo cervello si rassicurò, la parola Direzione aveva
qualcosa di magico; girò su se stessa e si allontanò da me.
La
bambina intanto, mentre la madre chiedeva ad un mio collega Robot, si era
allontanata e si era avviata al piano di sopra dove c’era l’abbigliamento
infantile; forse con il permesso della madre o probabilmente di sua iniziativa.
Intendevo seguirla ed osservarla nascostamente, fino a che sarebbe andata via
con sua madre.
Quell’antipaticissima
bambina, capace di distinguere a fiuto un uomo da un Robot, per me rappresentava
un grave pericolo. Ed eccola là che si trastullava tra piccole gonne
coloratissime, sotto il mio occhio nascosto ed attento.
Intanto
al piano di sotto era successo qualcosa che poi fu definito nei rapporti di polizia come imponderabile o doloso ; ma io
che avevo denunciato il tutto oggi posso ben capire cosa accadde.
Terry 3.0 era sicuramente passata in quel
reparto dove esponevano le calze di nylon da donna. Ce ne stavano di tanti modelli
ed appese in alto e ben stese in modo che le clienti ci urtassero con i loro
volti e fossero attratte dalla qualità e morbidezza e fossero spinte a toccare,
osservare e comprare. Terry passò là
vicino e dalle sue orecchie uscirono sicuramente quelle scintille. In pochi attimi per il reparto calze di nylon
si propagò il fuoco, immediato, vorace, prese a interessare altri reparti con
lingue che avvolgevano tessuti e
clienti. Il panico non si fece attendere, accompagnato da urla e fughe
precipitose verso le scale.
Nel
reparto dove io di nascosto controllavo la bambina ancora non si percepiva
nulla, ma ai piani bassi era già un fuggi fuggi generale. Quando l’incendio
arrivò al piano dell’abbigliamento infantile era nel pieno della sua forza
devastatrice. I pochi piccoli visitatori con le loro mamme si precipitarono
verso le scale.
Ebbi
paura cercavo con i miei occhi la bambina e non la vidi più. Eppure un attimo
prima era sotto il mio sguardo, ero disperato perché ogni attimo metteva a
repentaglio anche la mia sopravvivenza, ma non potevo lasciarla in quell’inferno. Eccola!
Finalmente! Era a terra svenuta, un grosso manichino attaccato al muro
con una corda ormai bruciacchiata era
caduto proprio sulla sua testa.
La
raccolsi, ora dovevo guadagnare l’uscita, ero rimasto solo io e lei in quel
reparto. Scendere le scale con lei in
braccio fu come scendere nell’inferno, perché al piano sottostante il fuoco era
già avanzato. Dovevo nel contempo
controllare che non prendessero fuoco i miei abiti e quelli della bambina e
insieme cercare di respirare meno fumo possibile. Per fortuna la tuta costruita
da Tracy mi fu d’aiuto perché in qualche modo resisteva alla fiamma, ma sentivo tutto il calore e il bruciore, e
con le mani provavo a spegnere i brandelli infuocati della gonnellina della
bambina. Non so quanto fumo ho ingoiato, ma la mia mente restò acuta e mi
suggerì il ricordo di alcune piccole scale di servizio, riuscii a raggiungerle.
Mentre
i magazzini Xora erano stati evacuati dai suoi clienti che stavano tutti
dinanzi all’ingresso principale sotto la protezione dei vigili, mentre quella madre disperata voleva rientrare per cercare la figlia e le
guardie, che l’avevano trascinata fuori, la trattenevano a forza, io con la bambina scendevo stanchissimo le
scale di servizio piene di fumo ma salve dalle fiamme.
Uscii
con in braccio la bambina, in
salvo, sul cortile esterno, sul retro dei magazzini Xora. Sul piazzale del
cortile, in ginocchio, c’era un uomo, lo riconobbi subito, era il
direttore di Xora, nonché amministratore e maggiore azionista. Stava là disperato
a guardare i piani alti dei suoi magazzini che venivano divorati dalle fiamme.
Non
c’era nessun altro, clienti e soccorritori erano tutti sugli ingressi
principali. E i tanti Robot non so proprio dove potessero essere. Forse finivano di bruciare arrostiti con i
loro circuiti.
Ero
sfinito e respiravo a stento, posai la
bambina vicino al Direttore, feci qualche altro passo e poi caddi.
Non so
quanto ho dormito lì per terra, e quanto
poi in ospedale.
Quando
in ospedale sono rinvenuto mi sono
ritrovato in stato d’arresto.
Sono
accusato di avere operato con frode e inganno nei confronti dell’Azienda Xora,
di averlo fatto esercitando tutta la mia malafede. Si fà addirittura l’ipotesi
che sia stato io ad appiccare l’incendio per distruggere le prove dei miei
delitti, e per distruggere tutti i Robot. Si dice, perfino, che io sia un grande nemico
del progresso. Il Direttore, come hanno
riportato tutti i giornali e le TV, è stato considerato il salvatore della
bambina ed ha ricevuto pubblicamente e in diretta il commosso abbraccio della
madre.
Io so
solo che non sono un Robot, e nel contempo mi vergogno di essere un uomo.
Non so
quale sarà il Vostro giudizio, lo temo.
Per me
forse era meglio finire la mia vita, e non svegliarmi in questo ulteriore incubo.
La mia
memoria difensiva è finita.
Dopo la
Fine.
Provate ad essere giudici Voi.
Copyright © Francesco Zaffuto
Post
inserito il 03/06/2018
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Straordinario, un incubo dal quale non si esce, una realtà dove anche l'evidenza viene manipolata. Bravo davvero!
RispondiEliminaTi ringrazio per il commento - purtroppo tanti giovani oggi vivono quest'incubo - spero siano forti per sopportarlo e superarlo.
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