l’uomo che volle farsi robot
Racconto – di Francesco
Zaffuto
Edito online su Arpa eolica
In due puntate il 2 e il 3 Giugno 2018
Copyright © Francesco
Zaffuto
Mi chiamo Alberto Rovati (per le altre
generalità allego qui copia dei miei documenti) e questa memoria viene
presentata a questo Tribunale per dare una rappresentazione veritiera dei fatti
accaduti.
Quando iniziò la storia avevo giusto 30 anni, quell’età in cui si sono
fatte alcune scelte ma tuttavia mancano
di fare ancora le cose più importanti per costruire un futuro e non si può più
divagare come negli anni precedenti. Ed io avevo tanto divagato: saltellato nei
miei studi, nelle mie relazioni sentimentali e nelle mie esperienze di lavoro.
In quel momento facendo un inventario mi trovavo in tasca: una laurea di primo
livello (quella che chiamano triennale) in filosofia; due corsi di teatro (uno
in drammaturgia ed uno in mimo), ed un’esperienza di lavoro particolare e
fallita. Ero stato a capo di una compagnia teatrale che aveva messo in scena,
in un piccolo teatro sperimentale di Milano, ben 10 spettacoli; ma con
spettatori pochi, incassi scarsi, spese notevoli, redditi zero, debiti in
aumento. Alla fine chiusura di quell’ampio scantinato che noi chiamavamo
teatro, con relativo sfratto e ingiunzione di pagamento per le mensilità
pregresse. Ma quello che più mi mordeva
l’anima fu la fuga di tutti gli attori, amici, e le telefonate su telefonate per
tentare di riagganciarli e rimettere su la compagnia, e il sentirsi dire più
volte: “Ma ormai è meglio lasciar
perdere, non è in caso di riprovarci”.
Trenta anni e un curriculum
impresentabile. “Cosa ci scrivo? Cosa ci
scrivo!” Qualsiasi cosa potessi scrivere in quel curriculum sul mio passato
equivaleva a rappresentare il mio fallimento.
Certo, grazie al cielo nel nostro Paese era
già decollato il Minimo Reddito Garantito dallo Stato e non mi trovavo nella
miseria più nera; ma era proprio il minimo: 350 monete di cui 200 li spendevo
per l’affitto di un solaio al sesto piano di uno stabile, composto di un vano
dove mangiavo e dormivo, e di un cesso. Freddo d’inverno ed afoso l’estate.
Restavano 150 monete che dovevo far bastare in un mese per qualche yogurt al
mattino, un panino a pranzo e una minestra la sera. Diventava un evento
fortunato andare a fare una pizza con un amico; al patto da mettere in chiaro,
per non avere sorprese al momento del conto, che doveva pagare lui.
E una sera rividi Tracy per una pizza.
Sì, capisco, Signor Giudice, che sto omettendo
le generalità del mio amico; ma non ve le dirò, dovesse costarmi qualche anno
di galera in più; ma si tratta di un mio caro amico e non intendo arrecargli
danno, non voglio trascinarlo nella mia disgrazia, non serve a me, non serve
alla giustizia, accrescerebbe solo dolore e disagio.
Fu quella sera in pizzeria che arrivò l’Idea.
Stavo addentando lentamente una Margherita, volevo che durasse tanto, erano due
mesi che non mangiavo una pizza e per me è il pasto più gustoso.
-Nel
curriculum devi mettere quello che loro vogliono leggere e non quello che sei
tu. Altrimenti è un disastro – disse Tracy asciugandosi un po’ di schiuma
di birra rimasta sulle sue labbra.
- Ma
non posso inventare cose che poi non so fare, se poi mi chiedono di farle che
figura ci faccio. –
- Poi ti arrangi, impari, prendi tempo, ma intanto devi cercare di
superare la prima selezione .–
- Ma poi che razza di posto dovrei cercare e dove? Io so solo fare
teatro, al massimo posso scrivere, quelle cose che so non interessano a
nessuno. Mi arrangio un po’ in cucina ma nessuno mi prenderebbe, non ho un
titolo di cuoco e per lavapiatti preferiscono prendere un disperato arrivato da
poco in questa città. –
- Devi comunque cercare un settore e batterlo, non disperderti.-
- Ma che accidenti dici! Io non sono un ingegnere come te.-
- Però sei stato un attore, ed anche un bravo attore; un attore può fare
tutto.-
- Lascia perdere, ti prego! Questa favola dell’attore non regge, noi
attori siamo bravi a entrare nella parte ma siamo solo i fantasmi di queste
esistenze. E quando ad un attore gli togli questa qualità di essere un fantasma
nessuno lo vuole. Ho cercato anche una piccola parte in un’altra compagnia
anche perfino gratis; niente sono chiusi a riccio.-
-Eppure sei bravo.-
- Non posso fare niente, al massimo posso fare il commesso in un negozio
puntano sulla bella presenza, mi è rimasta solo la bella presenza.-
- Commesso! Lascia perdere, tempo sprecato. Nella maggior parte dei negozi del centro li
stanno sostituendo tutti con dei robot umanizzati. –
-Hai visto, anche questa remota possibilità sfuma.-
E fu in quel momento che Tracy ebbe
come un’illuminazione.
- Perbacco! Tu sei bravissimo come mimo, tu sei stato un robot. Lo
ricordo bene in quello spettacolo di due anni fa. Riuscivi a farlo in modo
straordinario. Mi sono divertito da matti. Bellissimo! –
-Potrei fare il robot commesso!? –
- Ci riusciresti sicuramente e saresti assunto.-
- Una diavoleria! –
- Sì, ma una diavoleria possibile - concluse Tracy con gli occhi che gli uscivano dalle
orbite, perché il lampo di genio che stava ingombrando la sua testa ormai tendeva
ad espellere le sue cornee. Il suo viso ormai assumeva una forma surreale e parte
della mozzarella della pizza Margherita era uscita dalle sue labbra e stava
attaccata a sinistra come a disegnare un grande punto esclamativo.
Da quel momento fummo presi da una vertigine
creativa, il Tracy continuava a dire: - Si
può, si può fare. - E mi strappava
il sorriso in quel turbine di creazione. – La
maschera la costruisco io – disse Tracy – in laminato sottile ed elegante, perfettamente aderente al volto e alle
labbra, e capace di nascondere l’interno
della bocca, anche per i guanti lo stesso laminato, il tutto non ostacolerà per
nulla la tua pelle e la sua traspirazione. Tutto in 3d, si può fare. Gli occhi
resteranno i tuoi, ma una mascherina di occhiali reflex coprirà occhi e naso,
potrai respirare e vedere, senza essere visto né osservato. Per la voce non ti
devi preoccupare aggiungerò sul collo, in prossimità della tua gola, un sensore di deviazione acustico che ti darà
una voce metallica simile ad un robot di vecchia generazione. Poi una bella
tuta, e per i movimenti poi ci penserai
tu, ti puoi rifare a quel meraviglioso spettacolo di mimo di due anni fa.
Saresti assunto sicuramente come commesso robot nel miglior negozio di
abbigliamento di Milano, tipo Xora ad esempio. –
-Ma è folle, come farebbero a pagarmi lo stipendio?-
- Questa è la cosa più semplice, lascia fare a me non devi preoccuparti.
Chi ti assume pagherà alla Società di cessione che fornisce il robot.
Riceveranno avvisi, fatture, e verseranno tramite banca e poi io ti farò avere
il tutto sul tuo conto. Tutto avverrà con codici criptati alla perfezione assolutamente non rintracciabili.
Farò in modo che nessuno potrà venire a capo di te e di me.-
Ovviamente, Signor giudice, io non posso dire
niente sul metodo di criptazione del mio amico, perché non sapevo nulla sul
funzionamento di quelle diavolerie informatiche e perché anche se lo sapessi
non lo direi. Tracy appartiene a quella
fortunata setta d’ingegneri informatici, setta normalmente avida di danaro e
potere, ma accade anche che in quella setta ci possa essere un uomo come Tracy
che merita tutto il mio rispetto e ammirazione:
generoso, utopista, pervaso da una senso di giustizia e da un senso di
libertà; e libero da quell’idea di progresso sempre giusto che domina questa
società.
Tracy riuscì a comunicarmi quell’entusiasmo
iniziale che dà la forza di intraprendere una grande avventura; lo sentivo quel
vento dell’entusiasmo, lo conoscevo, era quello che mi aveva portato a fondare
la mia compagnia teatrale. Ritornavo alla grande in teatro, questa volta nel
grande teatro della vita. Si recita a soggetto, si recita L’UOMO CHE VOLLE
FARSI ROBOT. Nella storia della letteratura c’era L’UOMO CHE VOLLE FARSI RE, ma i tempi ormai erano cambiati insieme
alla perversa società.
Cominciò così la mia grande avventura.
Tracy costruì il tutto in venti giorni, ed io
per quei venti giorni ripassai la parte nello specchio dell’armadio, nel mio
misero monolocale. Alla fine Tracy riuscì a costruire una maschera flessibile
eccellente, non mi dava alcun fastidio portarla, anche i guanti non
ostacolavano la percezione del mio tatto. La mia pelle traspirava perfettamente
grazie a un doppio strato di cotone finissimo e dei finissimi pori invisibili.
Gli occhiali erano eccellenti e respiravo perfettamente. Anche la tuta era
molto bella, in giallo limone con dei bottoni blu luminosissimi; certo era
leggermente rigida ma doveva dare il senso che sotto ci stava qualcosa di
metallico, un robot.
Tutto filava liscio alla perfezione.
Anche dal punto di vista organizzativo
non c’erano problemi. Tracy produsse del materiale informativo intestato ad una
fantomatica ditta COREX robot umani, e cominciò a tempestare di pubblicità via
Web e via mail tutti i più importanti negozi e reti commerciali. Rispose
proprio Xora, il negozio di
abbigliamento più in voga del centro di Milano; si dissero interessati al
prodotto e manifestavano la volontà di provare. E Tracy inviò il dettaglio
dell’offerta.
Siamo onorati di fornirvi Alberto 2.0 il nostro robot
di ultima generazione, perfetto per il ruolo di commesso e capace di:
interagire con i clienti per qualsiasi esigenza, ve lo possiamo fornire per 6
giorni, domeniche escluse, per un impegno giornaliero di cinque ore, dalle ore
15.00 alle ore 20,00 con la condizione imprescindibile di lasciare la vostra
sede esattamente alle ore 20,00 poiché intendiamo impegnarlo per altra
attività. Costo 50 monete elettroniche al giorno. Cauzione 500 monete
elettroniche da versare anticipatamente. In prova per tre giorni. La cauzione
in caso di Vostra rinuncia vi sarà restituita, l’ammontare dei tre giorni di
paga sarà da voi in ogni caso dovuto. Attendiamo la Vostra iniziale conferma e
il versamento di 650 in moneta elettronica. Il robot Albert 2.0 si recherà
autonomamente presso i Vostri uffici all’indirizzo da voi indicato e potete
inviare via file al nostro indirizzo tutte le vostre esigenze per una
particolare programmazione. Restiamo in attesa. Cordialmente COREX.
Mentre come uomo non valevo nulla, come robot
di ultima generazione Tracy osava chiedere molto di più di un commesso umano. A
me sembrava esagerata la richiesta di Tracy, ma dopo due giorni mi invitò in
una pizzeria e mentre io stavo sorseggiando il primo sorso di birra sventolò un
foglietto dicendo: - Hanno abboccato, e
proprio Xora, hanno già fatto il versamento di 650 monete elettroniche.-
Arrivò il grande giorno ed ero parecchio
emozionato, alle 10,00 appuntamento presso la direzione di Xora in centro a
Milano.
Dopo una leggera colazione, indossai la tuta;
pronto a partire. La cosa più difficile era quella di evitare durante l’orario
di lavoro di usare i servizi igenici, ciò avrebbe messo in grave difficoltà la
mia qualità di robot e rivelato la mia misera condizione umana. Tracy aveva
pensato anche all’eventualità di un’improvvisa necessità di orinare attraverso un sistema di fili ed una sacca
ben distribuita all’interno della tuta. – Puoi
pisciare fino ad un litro, non ti preoccupare. Se proprio devi bere devi farlo
assolutamente di nascosto. Mangiare e cagare assolutamente da evitare. – Lo
disse in modo categorico.
Ero pronto. Uscii da casa con una certa
precauzione, certo i miei vicini sarebbero rimasti straniti vedermi in tuta
gialla, un po’ stravagante e poteva essere la mia voglia di seguire una nuova
moda, ma si sarebbero allarmati per la maschera. Decisi di indossare maschera, guanti e
occhiali in un angolo al riparo di una stradella vicino casa dove non passava
quasi nessuno. Fatto. Ora ero davvero
pronto per andare in giro per la città, senza nessun problema. Ormai
circolavano più robot che esseri umani, prendevano i mezzi pubblici dopo aver
fatto il biglietto, silenziosi, a volte luminosi nelle loro carcasse, una
presenza all’inizio inquietante, ma ormai gli umani si erano abituati; prendevano
servizio in diverse fabbriche e centri commerciali della città in diverse ore
del giorno e della notte.
Per arrivare da Xora il mezzo più pratico era
la metro. Aspettai pazientemente di fare il biglietto ad una macchinetta, c’era
davanti a me un robot impegnato nell’operazione d’acquisto – Sono più bello io – pensai osservando la
sua latta. Ed avevo conferma di
questa mia bellezza ed eleganza, c’erano persone che si giravano a guardarmi ed
anche qualche ragazza.
Entrai sul treno della metro, osservai in
fondo che c’erano posti liberi, e istintivamente mi andai a sedere. Avevo
commesso il mio primo stupido errore, nessun robot si andava a sedere, non
avevano di certo necessità di riposare il proprio corpo. Non potevo rialzarmi, avrei segnalato ancora di più il mio
comportamento inadeguato.
Una signora con una bambina di circa sette
anni, osservò i posti liberi accanto a me e venne a sedersi proprio su quelli.
Piccole treccine di un biondo rossiccio, un po’ lentigginosa, col naso puntito,
e soprattutto petulante, continuava ad osservarmi. Era seduta in mezzo, tra me
e la sua mamma. – Dove hai preso questi
bottoni azzurri? Belli!- Pretendeva parlare con me robot, ed io cercavo di
guardare avanti nel vuoto come per dire che non ero programmato per una simile
risposta. – Zitta Cetty, non importunare
– disse la madre. E lei impertinente
continuava a guardarmi, io cercavo di osservarla faticando dietro i mio
occhiali reflex, e incrociai i suoi di
un celeste acquoso; mi rivolse un sorriso come d’intesa e poi bisbigliò
piano alla sua mamma: - Il robot non è un
robot, è un signore. –
-
Zitta Cetty – disse la madre. Ma l’antipaticissima
dopo un po’ riprese: - Me lo puoi
regalare uno dei tuoi bottoni? –
Per mia fortuna la madre si alzò
trascinando la bambina con sé, scesero alla fermata successiva. Fui preso dal
panico, tutte le mie sicurezze sulla performance che mi attendeva cessarono: - E se chi esaminerà avrà lo stesso intuito di
quella bambina? E se … sono fregato. Terribile dopo tanto lavoro di
preparazione, e posso ricevere anche
un’accusa per truffa perché hanno già fatto un versamento in denaro.”
Scesi alla fermata del centro, andavo come un automa
verso la sede della Xora, con le preoccupazioni che ormai s’impadronivano di me. Mi fermai un attimo, avevo un desiderio esagerato
di prendere un caffè, ma un robot non può sorseggiare un caffè. Fermo dinanzi a
un bar, provai a berlo con l’immaginazione e poi decisi: ormai dovevo andare
fino in fondo, dovevo sfidare il destino per portare a compimento quell’avventura
che per me era necessaria per vivere.
Il direttore di Xora era ben diverso da quella
bambina, era entusiasta del prodotto che aveva ordinato e che intendeva
provare. E io non feci certo l’errore di sedermi nella sedia che lui
erroneamente mi aveva indicato.
-Non
mi è necessario riposare- dissi con la mia voce metallica.
- Bene.
Il tuo nome?-
- Alberto
2.0 –
- Costruttore?-
- Corex
multimedia uman robot –
- Prestazioni?-
- Quello
che ordinate Signore; se sta nell’ambito delle mie possibilità programmate
Signore. –
- Orario di servizio. Cinque ore ininterrotte, debbo uscire alle otto di
sera puntuali Signore per recarmi ad altra sede di lavoro –
- Dove? – Chiese
in modo perentorio. Ed io capii che voleva mettermi in difficoltà o sottrarmi
informazioni.
- Non
mi è possibile rispondere, signore. Riservatezza Corex. Telefonare per
richiesta o inviare una mail. –
- Perbacco, ottima risposta – soggiunse sorridendo.
- Compiti
principali inseriti per la Xora?- Chiese.
Erano tutte quelle indicazioni che
Tracy si era fatto dare dalla ditta e che io avevo ben imparato a memoria.
- Gentilezza con i clienti, ascoltare le loro domande, mostrare
l’esposizione dei capi di abbigliamento, fornire dettagli su qualità, prezzo, indicare
dove possono provare i capi di abbigliamento, aiutare ad indossare i capi di
abbigliamento con la massima discrezione. Accompagnare i clienti che vogliono
acquistare alla cassa. Salutare educatamente. Voi o un vostro dirigente potrà
accompagnarmi per tutti i reparti e il mio corredo fotografico posto dietro le
lenti sarà in grado di memorizzare tutti i luoghi. Sono programmato anche per
ricevere ulteriori ordini purché non contrastino con la deontologia
professionale della mia ditta costruttrice Corex. Fine trasmissione compiti
principali inseriti per ditta Xora.-
-Perfetto, eccellente, eccellente. E se io dico cominciamo, tu cosa dici
Alberto 2.0?-
- Bene molto bene. Pronto ad eseguire.-
- Perfetto, ora aspettami qui e io tornerò subito con Clelia. –
Quel tono confidenziale mi parse
d’obbligo rifiutarlo con la mia logica robotizzata e dissi: - Chi è Clelia? – Chi è Clelia? – Chi è
Clelia? – Come se mi fossi inceppato.
- Clelia,
sarà il tuo capo e prenderai gli ordini in dettaglio da lei, e sarà lei che ti
accompagnerà nei reparti.-
- Bene, Clelia capo, capisco – attendo qui Clelia – completai con la mia gola metallica.
Ce l’avevo fatta.
Mi lasciò e dopo appena un minuto ritornò con una giovane e bella
ragazza, bruna, di altezza media ma dalle forme che parevano slanciarsi, i suoi occhi erano di un nero
luminoso e le sue labbra mi turbarono.
-Questa
e Clelia e sarà il tuo capo, lei ti darà tutte le indicazioni operative che tu
dovrai ben memorizzare. –
Clelia mi guardò con i suoi occhi
neri e mi rivolse un sorriso come se fossi un giovane nuovo dipendente a cui
voleva mostrare una gentile accoglienza.
E io dissi: - Assestamento, assestamento funzionale – e poi aggiunsi – buon giorno Clelia capo, piacere di
conoscerti. –
-Buon giorno –
rispose meravigliata e un po’ divertita.
-Bene
– disse il direttore – ora telefonerò
alla Corex per dire che può cominciare il periodo di prova. Mi hanno detto che possono procedere alla tua
attivazione tramite un codice d’impulso inviato telefonicamente –
Sì, lo so Signor Giudice che lei vorrebbe che
io gli fornissi quel numero di telefono di Tracy che rispondeva per la
fantomatica Corex, ma io non lo fornirò ed ormai è stato totalmente cancellato
dal sistema telefonico, il mio amico Tracy l’ha saputo fare e si è reso
invisibile alle vostre ricerche.
Il direttore parlò brevemente con Tracy e
Clelia continuava ad osservarmi ed anch’io osservavo lei nascosto dietro i miei
potenti occhiali reflex che potevano memorizzare la sua bellezza. Poi il
direttore si rivolse a me dicendo che la Corex voleva che io prendessi la
cornetta del telefono per l’attivazione. All’altro capo della linea telefonica,
c’era Tracy che con aria divertita mi disse: - Ehi genio del mimo, hai visto che hanno abboccato. Rimani ancora in
linea che io ora con qualche pernacchietto ti attivo. – Cominciò a
procedere con qualche rumore fatto con la bocca e io dovetti trattenermi dal
ridere, e per evitare mi feci forza dicendo: - Attivazione telefonica
avviata724081 qui Alberto 2.0.
Attivazione. Attivazione
completata. - E abbassai la cornetta
del telefono per evitare gli ulteriori rumori di Tracy.
Il direttore con aria molto soddisfatta mi
salutò ed io mi avviai con Clelia verso i reparti. Iniziò cosi la mia avventura
presso Xora. Tutte le cinque ore dei tre
giorni di prova passarono tranquillamente. Clelia continuava a condurmi in ogni
luogo, mi mostrava ogni cosa: camerini di prova, prodotti, prezzi, codici. Di
tanto in tanto mi chiedeva: - Puoi
memorizzarlo? – Ed io rispondevo sempre con un sì, gentile e metallico. Lei
restava sempre sorpresa delle mie capacità e sorrideva per i miei movimenti
molto umani e nel contempo robotici e scattanti, anch’io sorridevo con lei
dietro la mia maschera laminata. Il periodo di prova fu superato alla grande e
cominciò pienamente il mio rapporto di lavoro.
Erano tutti entusiasti di me: il direttore
(che poi era nei fatti il maggior azionista dell’azienda e di fatto il
padrone); Clelia che era il mio capo; e soprattutto i clienti. Tra tutti i
robot impiegati in Xora io ero quello che procurava più vendite, si era
addirittura diffusa la voce per la città e c’erano clienti che venivano da Xora
per vedere me e in quell’occasione non si sottraevano a qualche acquisto. A
spanne si poteva fare il conto che facevo guadagnare all’azienda un 50 volte
quello che mi davano per paga. Tutti entusiasti del mio essere Robot e nel
contempo comportarmi proprio come un umano.
“Avrebbero potuto semplicemente
assumere un umano, ma in quel modo sarebbe cessata la loro stupida meraviglia”.
Una delle cose comiche che mi toccava di fare era
quella di accompagnare i clienti (uomini e donne) nel camerino per indossare in
prova gli abbigliamenti che pensavano di comprare, e a volte si trattava di
abbigliamento molto intimo. Sulle prime trovai la cosa divertente, ma subito
cominciò ad essere fastidiosa; non pensavo che anche un Robot potesse essere
sessualmente abusato; qualcuna ed anche qualcuno ci provava a sfiorare il posto
dove gli umani tengono i genitali. Di cosa volessero sincerarsi o provare era
veramente riprovevole. Come Robot potevo
avere da quelle parti solo dei circuiti elettrici, ma per me uomo era
estremamente pericoloso. Per fortuna, fin dal primo tentativo di abuso, ebbi
un’illuminazione di spirito, e bloccai la mano curiosa con la mia voce
metallica: - Attenzione i circuiti
elettrici possono generare un allarme - Ero salvo, e continuai ad usare il geniale
dispositivo anche per le successive scabrose situazioni.
Tutto filava liscio a Xora da più di due mesi,
guadagnavo io, guadagnava l’azienda, e ricevevo commenti entusiasti, molti
clienti li lasciavano per iscritto: - Ottimo
Alberto – Stupendo Alberto – Vai Alberto, sei forte – ecc. ecc.-
Accadde però un incidente: per colpa del caso
o per colpa di Clelia.
Clelia era ben contenta di me, ma era anche
troppo meravigliata per le tante cose che riuscivo a fare e per la gentilezza
che prodigavo. A me guardava con un rispettoso sospetto ed ero costretto a dissimulare
un qualche piccolo malfunzionamento; ad esempio ripetendo la stessa frase tre
volte o dicendo: - Reset, scusa,
attendere prego -. E Clelia, il mio capo diretto, pareva rassicurarsi.
Ora, Signor Giudice, visto che in questo
processo Clelia si è autoaccusata ed anche esposta per difendermi, ed avrei
preferito che non l’avesse fatto, racconterò di quell’incidente che cambiò di
molto la mia vita.
Clelia quel giorno doveva trasportare dei
Robot dal piano terra al sesto per allestire una nuova esposizione, scelse tre
Robot e il quarto fui io. Ebbe la casuale idea di ficcarci tutti
nell’ascensore, e salì con noi in quello spazio molto ristretto. Destino volle
che l’ascensore si bloccasse tra il quinto e il sesto piano ed io rimasi lì con
Clelia per circa cinque minuti. Lei si era innervosità, lo spazio era poco ed
era costretta a sfiorarmi senza volerlo. Arrivò a dirmi se la potevo aiutare ed
io con la mia gola metallica risposi: - Non
è nelle mie capacità, non è di mia competenza.- Qualche sensazione scattò
dentro di sé, cerco di allontanarsi da me. Non capivo cosa stava succedendo.
Percepii che Clelia avesse capito. Quei cinque minuti finalmente passarono, ci
vennero in soccorso e l’ascensore fu riportato al piano.
Non finì lì. Quella sera lasciai il lavoro
all’ora prevista e come al solito andai via. Solito percorso: metro dal centro
fino alla mia fermata, trecento metri a piedi, quell’angolino vicino casa dove
toglievo maschera e occhiali e poi gli ultimi passi fino al portone dello
stabile in cui abitavo. Tutto a posto, tutto in ordina, non mi ero minimamente
accorto che Clelia molto abilmente mi aveva seguito.
Il portone dello stabile di casa si era chiuso
alle mie spalle, ed ero salito su verso il mio monolocale/soffitta senza alcuna
preoccupazione. Lei aveva atteso pazientemente fino all’arrivo di un altro
inquilino a cui chiese dove abitava quel signore che usava vestirsi con una
tuta gialla, e quello stupido di Oreste del primo piano gli indicò esattamente
la mia porta al sesto piano.
Appena ero entrato in casa, come al solito non
mi ero tolto neanche la tuta perché avevo una gran fame ed ero subito andato a
prepararmi un toast; quando sentii bussare alla mia porta pensai che fosse
Tracy era solo lui che spesso si presentava senza neanche preavvisare ed aveva
le chiavi del portone dello stabile. Aprii con il toast in parte in mano e in
parte in bocca.
-
Alberto! – disse lei, e pareva che non ci fosse
alcuna meraviglia nel trovarmi in quello stato.
-
Clelia! – dissi io quasi soffocando per il toast
e per la sorpresa.
Ero k.o. steso, lei entrò e i suoi occhi vagarono
veloci per la mia misera camera e poi si fermarono sulla maschera laminata che
stava distesa in riposo sulla tavola. Poi si voltò verso di me come ansiosa di
volermi finalmente guardare negli occhi. Scorsi che in lei non c’era acredine e
neanche sorpresa, pareva quasi compiaciuta del trovarmi in quello stato umano.
-
Che dici!? – chiesi io con apprensione e con la
mia voce che finalmente non era metallica.
-
Dico che hai una bella voce. E poi
dico meno male –
-
In che senso meno male? –
-
Meno male perché mi sentivo come una
stupida. Mi stavo innamorando di un Robot. –
E’ evidente, Signor Giudice, che ora
sospenderò di narrare come proseguì il mio dialogo con Clelia, appartiene a
quel privato di cui spesso narrano i romanzieri ma che non si addice ad un’aula
di Tribunale. Posso solo dire che accadde quello che accade ad un uomo ed una
donna che finalmente possono unire le loro solitudini. Quello che per un attimo
avevo sentito come un pericolo si rivelò come la cosa più bella della mia vita.
C’era un futuro per me e Clelia, ci
amavamo, lavoravamo ambedue, avevamo di
che vivere e forse potevamo cercare una casa dove abitare insieme. Non rubavamo
niente e facevamo guadagnare quell’azienda che tanto disprezzava il lavoro
umano. Tutto filava liscio come l’olio. Ma la cattiveria di questa società è
tanta e tale che difficilmente se ne comprendono le motivazioni.
Ora racconterò di alcuni fatti che forse
possono aggravare la mia posizione in questo Processo, e lo faccio per amore di
verità, perché noi uomini liberi abbiamo a cuore la verità.
Copyright © Francesco
Zaffuto
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inserito il 02/06/2018
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Caro Francesco, ho letto con molto piacere la prima e la sweconda parte di questo racconto e, devo dirti che mi è piaciuto molto e che sei veramente bravo. Io che ultimamente non riesco più a trovare libri da leggere, mi sono trovata qui a "bere" il tuo racconto.
RispondiEliminaGrazie Luisa, ciao
Elimina😀😀😀😀diverte, ma la realtà ci sta superando e pensare che l'uomo potesse divenire obsoleto al pari dei macchinari inventariati prima di una rottamazione è terrificante. Noi avevamo avuto promesse diverse, scritte nero su bianco in numerosi libri sacri che a rottamerci sarebbe intervenuta solo la fine del mondo, il giuzio universale... iè chi minchia e chi minchia!
RispondiEliminaCiao - grazie per il commento
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