Può un uomo, sul diventar vecchio,
correre a piedi nudi in un parco?
In questa novella Pirandello risponde al particolare interrogativo.
I PIEDI SULL'ERBA
Luigi
Pirandello
nato ad Agrigento (Girgenti)
il 28 giugno 1867
Arpa eolica quest’anno sta dedicando diversi
post alla celebrazione dell’anniversario. Qui di
seguito la novella
Sono andati a svegliarlo sulla
poltrona nella stanza di là, se voleva vederla un'ultima volta prima che il
coperchio fosse saldato sulla cassa.
— Ma è bujo? Com'è?
No: le nove e mezzo del mattino. Ma oggi è spuntato cosí: ci si vede
appena. Il trasporto è fissato per le dieci.
Guarda come un ebete. Gli pare impossibile che abbia dormito, e tanto,
tutta la notte, cosí bene. Ancora insordito dal sonno; insordita dentro di lui
la disperazione di quegli ultimi giorni; quelle facce insolite di vicini
attorno alla poltrona in quel barlume di giorno; vorrebbe alzar le mani per
difendersene; ma il sonno gli è colato e gli s'è fuso nel corpo come piombo;
benché già alle dita dei piedi gli sia arrivata, chi sa come, una velleità di
levarsi che subito cede. Deve mostrarsi ancora disperato? Gli viene di dire:
«Per sempre…», ma lo dice come uno che si ricomponga sotto le coperte per
rimettersi a dormire. Tanto che gli altri si guardano negli occhi senza
comprendere. Che, per sempre?
Che il giorno sia spuntato cosí. Vorrebbe dir questo; ma non ha senso.
Il giorno dopo la morte, il giorno del funerale, cosí per sempre nella memoria,
con quel barlume che appena ci si vede; e questo suo sonno; mentre di là, nella
stanza della morta, forse le finestre…
— Le finestre?
Sí, chiuse. Forse sono rimaste chiuse. C'è ancora il lume caldo,
immobile, dei grossi ceri sgocciolanti; il letto portato via; la morta a terra
nella cassa, dura e illividita tra quell'imbottitura di raso crema.
No, basta: l'ha veduta. E richiude le pàlpebre sugli occhi che gli
bruciano dal tanto piangere dei giorni scorsi. Basta. Ora ha dormito, e con
questo sonno è finito tutto, smaltito, sepolto tutto. Ora, restare in questo
rilascio di nervi, in questo senso di vuoto dolente e beato. Chiudere, chiudere
la cassa, e via con essa tutta la sua vita passata.
Ma se è ancora di là…
Scatta in piedi; vacilla; lo sorreggono; e, con gli occhi chiusi, si
lascia trasportare fino alla cassa; là li apre e subito, alla vista, grida il
nome della morta, il nome vivo, com'egli solo in quel nome la può vedere e
sentire viva, tutta, in tutti gli aspetti e gli atti della vita, come fu per
lui. Guarda con feroce rancore gli astanti che non possono saperne nulla e
stanno a vederla lí morta, com'è, e potrebbero almeno immaginare che cosa
significhi per lui restarne privo. Vorrebbe gridarlo; ma ecco che il figlio
accorre a strapparlo dalla cassa, con una furia di cui egli subito sottintende
il senso. Un senso che lo fa gelare, come se si vedesse scoperto. Vergogna,
ancora codeste velleità fino all'ultimo, e dopo che se n'è stato a dormire
tutta la notte. Ora si deve far presto, per non far piú oltre aspettare gli
amici invitati ad accompagnare in chiesa la salma.
— Va', va' di là; sii ragionevole, papà!
Con gli occhi cattivi e pur pietosi, da povero, se ne torna di là alla
sua poltrona.
Ragionevole, eh già; inutile gridare ciò che sorge dalle viscere e non
trova senso nelle parole che si gridano; tante volte neppure negli atti che si
fanno. Per un marito che resta vedovo a una certa età, quando ancora s'ha pur
bisogno della moglie, la perdita è forse uguale a quella d'un figlio per cui è
anzi una provvidenza restare orfano? Provvidenza, sí, provvidenza, in procinto
com'è di sposare, appena trascorsi i tre mesi di lutto stretto, con la scusa
che ora per tutti e due c'è bisogno d'una donna che subentri al governo della
casa.
— Pardi! Pardi! — chiamano forte nella saletta d'ingresso.
E si sente gelare vieppiú, avvertendo ben distintamente per la prima
volta che non chiamano piú lui, con quel cognome che è il suo, ma il figlio; e
che quel cognome resta vivo, ora, per il figlio e non piú per lui. E lui,
invece, sciocco, è andato a gridar vivo di là il nome della mamma, come una
profanazione, vergogna! Sí sí, velleità inutile, lo riconosce lui stesso, dopo
quel gran sonno che l'ha liberato di tutto. Ora, veramente, la cosa piú viva in
lui è la curiosità di vedere come sarà la sua casa; come gliela trasformeranno;
dove lo faranno dormire. Il letto grande, a due, intanto, portato via. Forse in
un lettino? Già. In quello del figlio. Il lettino, ora, per lui. E il figlio,
domani, nel letto grande, da trovarsi accanto la moglie sporgendo il braccio.
Lui, dal lettino, il braccio lo sporgerà nel vuoto.
È tutto indolenzito e con una gran confusione nel capo e la sensazione
già di quel vuoto, dentro e fuori di lui. L'indolenzimento del corpo proviene
dallo star seduto da cosí lungo tempo; se fa tanto d'alzarsi, è sicuro che in
tutto quel vuoto ormai si solleverebbe leggero come una piuma; non ha piú nulla
dentro di sé, ridotta a niente la sua vita. Poca differenza tra lui e quella
seggiola là. Anzi quella seggiola può anche parer soddisfatta sulle sue quattro
gambe; mentre lui, i suoi piedi, non sa piú dove posarli, né che farsi delle
sue mani. A chi importa piú la sua vita? Ah, ma nemmeno a lui quella degli
altri. Eppure, la sua vita, dato che gli è rimasta, deve seguitare.
Ricominciare. Una vita a cui non può ancora pensare; a cui certo non avrebbe
mai piú pensato, se gli fossero rimaste le condizioni in cui già s'era chiusa.
Ora, buttato fuori cosí, tutt'a un tratto; non ancora vecchio e non piú
giovane…
Sorride e scrolla le spalle. Per suo figlio, tutt'a un tratto, è
diventato come un bambino. Ma dopo tutto si sa che avviene quasi sempre cosí, i
padri che diventano figli dei proprii figli cresciuti, che han preso mondo e si
son fatti piú avanti del padre, una posizione piú importante che permette loro
di tenere il padre in riposo, per ricompensarlo di quanto ne ebbero da piccoli,
ora ch'egli a sua volta è divenuto di nuovo come piccolo.
Il lettino…
Non gli hanno assegnato nemmeno la cameretta in cui prima dormiva il
figlio; ma un'altra, quasi nascosta, sul cortile, con la scusa che là sarebbe
piú appartato e libero di fare il comodo suo, col meglio dei suoi mobili,
disposti in modo che a nessuno potrebbe venire in mente che quella sia la
cameretta dov'egli prima teneva la serva. Nelle stanze poste sul davanti sono
entrati mobili nuovi, pretenziosi, e nuovi arredamenti, perfino lusso di
tappeti. Non c'è ormai piú traccia delle sue vecchie abitudini nella casa cosí
tutta rinnovata; e anche i mobili vecchi, i suoi, nelle stanzette oscure dove
sono stati relegati, cosí come ora li hanno disposti, pare che non sappiano
come intendersi tra loro. Eppure – strano! – del disprezzo in cui con essi si
vede caduto, non riesce ad aversi a male; non solo perché, ammirando le stanze
rimesse a nuovo, prova pure una bella soddisfazione per il figlio; ma anche in
fondo per un altro sentimento che non gli è ancora ben chiaro, di un'altra vita
che, con la prepotenza degli aspetti nuovi, cosí tutta lustra e colorita, ha
cancellato perfino il ricordo della vecchia. Un che di nuovo che può anche
rinascere in lui, di nascosto. Senza farsene accorgere, lo intravede come dallo
spiraglio luminoso e sconfinato d'una porta che gli si sia aperta alle spalle,
donde potrebbe sparire, cogliendo un'occasione ormai facile, visto che nessuno
piú si cura di lui, lasciato come in vacanza nell'ombra delle stanzette di là
«per fare il comodo suo». Si sente piú che mai leggero. E gli è venuta negli
occhi una luce che, ricolorandogli tutto, lo fa passare di maraviglia in
maraviglia, veramente come se fosse ridivenuto bambino. Gli occhi, come li
aveva da piccolo. Vispi. Aperti su un mondo che gli par tutto nuovo.
Ha preso a uscir di mattina, proprio per iniziar le vacanze che
dureranno ormai tutto il tempo che gli durerà ancora la vita. Spogliato di
tutte le cure, s'è accordato col figlio su quanto lascerà ogni mese della
pensione per il suo mantenimento; poco; vorrebbe lasciar tutto per esser piú
leggero e non aver tentazioni: non ha bisogno di nulla; ma il figlio dice, non
si sa mai, qualche desiderio; no, e di che? gli basta ormai soltanto vedere
cosí da fuori la vita.
Scrollato d'addosso il peso di tutte le esperienze, coi vecchi non sa
piú farsela; li sfugge; coi giovani, non può, perché lo considerano vecchio; se
ne va alla villa, dove ci sono i bambini.
Ricominciare la vita cosí, coi bambini, sull'erba dei prati. Dov'è piú
alta, e cosí folta e fresca che stordisce con l'ebbrezza del suo odore, i
bambini vanno a nascondersi; vi spariscono. Lo scroscio perenne di un'acqua che
scorre coperta non fa avvertire il fruscío delle foglie smosse. Ma presto i
bambini si dimenticano del loro gioco; si denudano i piedini; eccone là uno,
roseo, in mezzo a tutto quel verde. Chi sa che delizia immergere i piedi nel
fresco di quell'erba nuova! Si prova a liberare un piede anche lui, di
nascosto; sta per slacciare la scarpa dell'altro, allorché gli sorge davanti
tutt'accesa in volto e con gli occhi fulminanti una giovinetta che gli grida:
«Vecchio porco!» riparandosi subito con le mani le gambe, poiché egli la guarda
da sotto in sú e i cespugli le hanno un po' sollevato il vestitino davanti.
Resta come basito. No! Che ha creduto? È
scomparsa. Lui voleva prendersi un piacere innocente. Si copre con tutt'e due
le mani il piede nudo, indurito. Che ci ha visto di male? Perché vecchio, non
può piú provare il gusto che provano i bambini a denudarsi i piedi sull'erba?
Si pensa subito al male, perché è vecchio? Eh lo sa che, da bambino, lui d'un
balzo può diventare anche uomo; è ancora uomo, uomo; ma non ci vuol piú
pensare; non ci pensava; era proprio come un bambino nell'atto di togliersi le
scarpe. Ah che infamia, ingiuriarlo cosí! Vigliacca! E si butta con la faccia a
terra sull'erba. Tutto il suo lutto, e la sua perdita, e che non ha piú
nessuno, e che perciò ha potuto ridursi a far quel gesto interpretato come di
sudicia malizia; tutto gli rivien sú come un rigurgito amaro. Stupida! Se lo
volesse fare, gliel'ammette anche il figlio «qualche desiderio»: ha in tasca il
denaro per questo.
Stravolto dallo sdegno, si tira sú. Con le mani che gli ballano, si
rimette vergognoso la calza, la scarpa; il sangue gli è tutto montato alla
testa e gli occhi gli sbattono truci. Lo sa dove andare per questo, lo sa.
Ma poi, per via, si placa e se ne torna a casa: Tra quella confusione di
mobili, che par fatta apposta perché gli dia di volta il cervello, va a
buttarsi sul letto, con la faccia al muro.
Luigi Pirandello – Novelle per un anno
Altre novelle già inserite su Arpa eolica
Foto immagine – Luigi Pirandello ed Eduardo De Filippo
post inserito il 11/06/2017
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