PIAZZALE DI PONENTE – di Carmelo Pirrera

 

Carmelo Pirrera  

PIAZZALE DI PONENTE – narrazione poetica sulla vita e la morte  

dal Volume Antigruppo ’73 -  un estratto del volume ci è pervenuto tramite Melo La Licata.

Il disegno qui riportato, Melencolia 1 -  è di Carmelo Pirrera

  Arpa eolica ringrazia Melo La Licata per il rari documenti del poeta Carmelo Pirrera che ci ha fatto pervenire,  e ringrazia Deborah Pirrera, figlia del poeta,  per il permesso di pubblicazione. 

Note biografiche sul poeta, che è venuto a mancare  il 2 Febbraio 2015 - in fondo al post.

PIAZZALE DI PONENTE

Corone di fiori addossate alla porta della chiesa, sotto l’orologio fermo alle nove e quaranta di chissà quale giorno.

-         E’ morta una vecchietta: abitava nel piazzale di ponente.

Così – d’inverno – ne muoino tante come uccellini incapaci di emigrare verso i caldi paesi dell’infanzia.

 

-         Abitava nel piazzale di ponente.

Detto così sembrava fosse giusto che una vecchia, una vecchia qualunque, se ne andasse con i suoi fiori, con la sua modesta razione di lagrime.

Detto così dalla ragazza della frutta, sembrava naturale e giusto.

 

Piazzale di  ponente. Il sole affonda nell’azzurro mare nell’ora che un aereo ritorna a Punta Raisi e le madri lo additano ai bambini.

Il sole affonda, annega e poi ritorna.

 

Altri annegati non ritorneranno ai compagni, alle spose, alle vane parole nel vino.

E le stagioni corrono sul mare.

Il sole annega a sera e poi ritorna.

Marinai quasi bambini vanno per il piazzale di ponente. Giocano allegri.

I vecchi giocano con la loro ombra un gioco solitario.

Le stagioni corrono. Gli specchi ci dimenticano.

 

Una ragazza che vende arance non può sapere nulla della morte né di uomini che dopo aver guardato a una finestra son ritornati a vivere ciechi, né di occhi lasciati su un binario.

-         Una vecchietta – dice. – Abitava nel piazzale di ponente.

 

Nessuno sa se gli annegati sognano piccole piazza di paese, con quattro alberi, panche di pietra, e il rosso dei melloni nell’estate.

 

Le stagioni s’inseguono sul mare . Sul filo azzurro dell’orizzonte vanno navi.

Tu conosci sere, fredde sere d’esilio, con prostitute pallide sotto la luce fioca dei lampioni nei quartieri del porto.

Il lamento delle navi tesse una trama d’ombra.

 

Marinai ubriachi di vino e di tristezza guardano le finestre sulla riva e ricordano il volto di una donna: quella che disse no.

 

Nessuno sa se gli annegati sognano donne ai cancelli rosi dalla ruggine.

Le stagioni s’inseguono. L’estate è fuoco che ti accende il sangue. La giovinezza è il corpo offerto al sole; son gli occhi che ti cercano, la bocca che ti sorride… ed a volte la patria perduta.

La notte ha canzoni che dilagano verso mura di assurdi cimiteri.

Estate e vergini d’ambra sulle biciclette, grida di gioia, gote di velluto, bocche dove facile il sorriso dischiude fiori di perla.

 

La ragazza sui sandali si muove con passo nuovo, quasi danzante, sulla sabbia d’oro.

Se la chiami col nome di ogni giorno, dei giorni bui, giorni di città, rimane per un attimo perplessa e le costa fatica ricordare di avere portato nomi, vestiti e corazze di finto decoro.

 

E l’onda che si frange sul tuo petto potrebbe – racchiuso in una bottiglia – portare il messaggio di un Ulisse vagabondo:

“T’amo Nausicaa – vento di marzo: soltanto questo è vero per me costruttore di trappole e di inganni caduto nella rete dei tuoi sguardi”.

 

Ma se un albero trema nel vento che porta parole d’addio, gli ombrelli variopinti più non osano chiedere sole.

 

L’inverno è diverso: i cimiteri sono una presenza. I vecchi giocano con la loro ombra, scrutano vanamente l’orizzonte e guardano, guardano sino a cancellarlo.

 

Il postino porterà lettere gialle, lettere-foglie da altri paesi dove la gente ha case con armadi pieni di vestiti, bottiglie polverose, e cassetti con mille cianfrusaglie-ricordo.

… almeno tu potessi scordare e guarire.

Aprire gli occhi un mattino al cielo viola e sentirti rinata e felice.

Se sai essere felice da sola.

 

In chiuse stanze lievita il silenzio.

Nessuno si era accorto di possedere tante, tante sedie ove nessuno siede più da tempo.

 

Gli specchi ci dimenticano: anche lo specchio del mare assorto in un gioco feroce.

 

I giorni deporranno nuova polvere sulle cose che amavi, sullo stesso tuo cuore che finirà col fermarsi.

Qualcuno piangerà, qualcuno porterà persino un fiore.

-         Abitava nel piazzale di ponente.

 

Detto da una ragazza può sembrare naturale e giusto che una vecchia qualunque se ne vada, che un uomo anneghi o che un ragazzo si schianti con la sua motocicletta.

Ma non esistono al mondo una vecchia, un uomo o un ragazzo qualunque.

Oltre la finestra c’è un albero esile che trema nel vento. Tu hai osato guardarlo.

Tu hai osato chiedere chi è morto.


Carmelo Pirrera

Note biografiche su Carmelo Pirrera

https://www.culturelite.com/categorie/scritture/carmelo-pirrera-un-poeta-da-non-dimenticare.html

Note biografiche e libri

http://www.genesi.org/autore-carmelo-pirrera-6442.html

Libri di Carmelo Pirrera disponibili su IBS

https://www.ibs.it/libri/autori/carmelo-pirrera

e su Amazon

https://www.amazon.it/Libri-Carmelo-Pirrera/s?rh=n%3A411663031%2Cp_27%3ACarmelo+Pirrera

post inserito il 18/06/2021

6 commenti:

  1. sempre belle da rileggere, per questa curiosità che ci da la morte? la gemella evitata della vita, quella che spaventa mentre forse è solo un'altra porta verso l'infinità delle cose.

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  2. ... Giocare con la morte... Per esorcizarla... Flash di poesia di alto livello... È non lo dico perché sono figlio di Carmelo Pirrera.

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  3. Una delle più belle poesie di Carmelo Pirrera. Grazie a voi

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    1. Grazie a Te Deborah - e prossimamente arriverà la raccolta di Carmelo Pirrera: "con la banda in testa"

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