A proposito di Laicità

 


In qualche modo, nella recente diatriba tra Vaticano e Stato italiano sul ddl Zan, il Presidente Draghi ha chiarito qualche principio sulla laicità dello Stato italiano. Ha ribadito delle cose ovvie, potrebbe dire qualcuno,  ma nel contempo era necessario richiamare quelle ovvietà per chi mostrava averle dimenticate. 

A proposito di Laicità, colgo l’occasione per rispolverare un mio vecchio appunto.

La parola laicità, dopo il contributo di pensiero dell’Illuminismo, si coniuga con la parola libertà e implica che le leggi valgono per tutti gli uomini e che il diritto di libertà del singolo uomo venga posto in cima alla scala gerarchica dei diritti.

Laicità oggi va intesa come bene per tutti, come metodo di lavoro per affrontare la cosa pubblica, come garanzia degli oppositori, come garanzia di tutte le fedi religiose, come garanzia per le libertà individuali e come garanzia per la libertà di associazione.

La laicità rivolta alle istituzioni dello Stato deve dare garanzie di rappresentatività alle maggioranze e alle minoranze, deve essere rivolta alla costruzione di un modello istituzionale che permetta l’alternanza nei poteri.

La tentazione dei gruppi dominanti più forti è quella di operare sulle leggi di tutti per adeguarle a proprio favore e alla propria visione dell’esistenza; la laicità combatte questa tentazione per costruire condizioni di equilibrio sociale.

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Delle tre entità sociali
Una laicità moderna deve essere consapevole dell’esistenza di tre entità che compongono il sociale e l’uomo stesso: l’entità economica, l’entità politica, l’entità culturale. Queste entità vanno viste nella loro preziosa separatezza. Quando queste tre entità tendono a mescolarsi tra loro o quando una di esse tende a prevalere sulle altre, si genera confusione e malessere sociale. Sono come tre colori che vanno tenuti separati per potere fare in modo che possano esprimere tutta la loro intensa cromaticità, se vengono mischiati si ottiene solo un uniforme grigiore. Nella Storia abbiamo diversi esempi di prevalenza di una delle tre entità che hanno prodotto società grigie e pervase dal malessere sociale.

La prevalenza dell’entità culturale può portare a società autoritarie e totalitarie. Il culturale tende ad incidere sui comportamenti morali, si pone come guida nel pensare, ed è un fattore educativo per gli uomini e per la società; ma se il culturale detiene tutte le leve del potere sociale può diventare oppressivo per i comportamenti umani. Gli esempi storici in Europa di stati dominati dal pensiero religioso ci hanno fatto conoscere fenomeni gravissimi di persecuzione come l’inquisizione. Ancora oggi esistono in diverse parti del mondo stati dominati dall’integralismo religioso che non riconoscono basilari diritti umani.

 

La prevalenza dell’entità economica porta a società apparentemente libere ma nei fatti autoritarie e corrotte. Il prevalere dell’entità economica tende ad asservire e a corrompere tutto: cultura, politica, e tutte le istituzioni dello Stato, pur mostrando un’apparente laicità. La storia pullula di esempi di questa prevalenza: nel passato i centri del potere economico coincidevano con i grandi proprietari di terre, nella storia moderna la proprietà industriale e finanziaria si è sostituita in quel ruolo di comando. I potentati economici più forti tendono a mantenere i loro privilegi e le loro rendite di posizione, si mostrano liberali in apparenza ma impediscono che si vengano a costruire istituti sociali che permettano l’alternanza dei poteri, possono arrivare a difendere i loro interessi ricorrendo anche alle armi e al delitto. Nelle società a entità economica prevalente, il colpo di stato spesso viene usato come ultima ratio per la difesa dei privilegi.

 

La prevalenza dell’entità politica porta a società apparentemente ordinate ma totalitarie e capaci di soffocare le libertà individuali. L’esempio storico moderno più pregnante l’abbiamo avuto con gli stati cosiddetti comunisti nel mondo e con stati autoritari di stampo fascista. La politica rinuncia al suo ruolo di mediatrice degli interessi sociali, costruisce gerarchie statali di controllo e un sistema di privilegi per se stessa. L’entità politica può esercitare il suo controllo sull’economico e sul culturale, mostra però di temere soprattutto un culturale autonomo perché può avanzare critiche al suo sistema e per evitare ciò diventa persecutrice della libertà di pensiero.

 

Avere consapevolezza storica dei danni della prevalenza di una singola entità sociale, e riuscire a prefigurarli, può servire per costruire un ordinamento statale laico dove ci sia equilibrio tra l’economico, il politico e il culturale.

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Dell’autonomia del culturale e del politico
L’autonomia deriva spesso da un quantitativo di beni a disposizione. Se si fa riferimento ai beni,  le tre entità (economico, politico e culturale) diventano disomogenee nelle forze poiché i beni sono solo prodotti o detenuti dalla entità economica. L’entità economica può essere quella dei grandi capitalisti come può essere quella di tutti i cittadini che privatamente possiedono limitati beni. Lasciare che l’economico finanzi come vuole la politica e la cultura, può sembrare laico e liberale, ma nei fatti significa determinare il controllo dei potentati economici su cultura e politica.

 Se in qualche modo non vengono posti degli istituti di equilibrio l’entità economica tenderà sempre ad avere il peso maggiore.

 Lo Stato con l’imposizione fiscale riesce a destinare alle sue istituzioni un ammontare di entrate che possono affluire in modi diversi alla entità politica o alla entità culturale.

 Fare affluire beni all’entità politica attraverso alti stipendi e privilegi,  crea un nuovo surrogato di potere economico legato alla clientela politica, che può avere effetti dannosi simili al predominio dell’entità economica.

 Le stesse elargizioni fatte in sede politica ai soggetti culturali con criteri discriminatori determinano nei fatti limitazioni di autonomia della cultura.

 La ricerca di metodi appropriati e non discriminatori per fare arrivare beni e fondi alle entità politiche e culturali non è semplice; vanno prefigurati gli effetti e vanno ben valutate le passate esperienze.

  Misure come: la destinazione dell’otto e 5 per mille e il finanziamento pubblico ai partiti,  facendo ricorso a meccanismi dove si esplicita una volontà popolare, hanno un carattere più generalizzato e meno discriminatorio; vanno ripensate e corrette per gli aspetti più contraddittori, ma sono da prendere in considerazione per il metodo.

 

 Il centro motore della Laicità non può essere altro che un Parlamento, fulcro del potere legislativoed ampiamente rappresentativo di tutti i cittadini di uno Stato sovrano.

I difetti di rappresentatività avranno immediate ripercussioni sulla cosiddetta laicità. La Legge elettorale che determina la rappresentatività nel Parlamento, si può definire come la legge su cui poggia nei fatti la Laicità; legge, pertanto,  delicatissima, che può essere suscettibile di ammodernamento, ma che nel contempo non deve essere manipolabile a piacimento da maggioranze di turno.

 

Della scuola

L’istituto che trasmette la cultura alle generazioni, subito dopo la famiglia, è la scuola. Mentre la famiglia è un istituto privato costruito su una complessa base che tiene insieme affetti e problemi di sopravvivenza; la scuola è un istituto che può essere privato o pubblico, e che può avere carattere di educazione in generale o solo per tramandare conoscenze specifiche professionali.

 La scuola accomuna in sé problemi relativi alla Laicità, alla Libertà e alla Uguaglianza. E’ una specie di punto di incontro di tre necessità. Se sotto il profilo della libertà si deve garantire la possibilità di fondare scuole private; si deve però avere anche la consapevolezza che laicità, uguaglianza e libertà  si possono compiutamente affrontate solo in una scuola pubblica.

 Le scuole private,  per la loro stessa natura di parte, tendono ad essere poco laiche  perché spesso intendono portare avanti un progetto orientato su alcune specifiche scelte culturali.

  Gli eccessi di integralismo delle scuole private sono limitate dall’esistenza nei fatti di una grande scuola pubblica.

Nella scuola pubblica italiana fino ad oggi la laicità è stata assicurata dando uno spazio alla religione ben distinto dal corpo delle materie insegnate e facendo sì che non pesassero in modo preponderante particolari correnti culturali; la libertà di insegnamento è stata posta nello stesso dettato costituzionale; l’uguaglianza è stata affrontata assicurando una quasi gratuità fino alle scuole medie superiori; e con alcune forme di sussidi per favorire l’accesso alle università.

L’accesso alla docenza nella scuola pubblica non può essere definito da metodi cooptativi (metodo che può essere usato nelle scuole private); per il carattere pubblico della scuola va assicurata la forma concorsuale (o per esami o tramite graduatorie di merito) sulla base dei titoli di studio, di ricerca, e sul riconoscimento di acquisite esperienze professionali.

L’autonomia culturale riconosciuta alla scuola pubblica (compresa l’Università) non deve essere la scusa per avviare un processo di privatizzazione; il centro di autonomia della scuola pubblica non può essere altro che il collegio docenti o il senato accademico.


Per una informazione libera e laica

 

  La libertà della divulgazione del pensiero è un diritto che attiene alla Libertà e che prescinde dalla stessa laicità, il portatore di un pensiero non laico ha il diritto a poterlo divulgare con la stessa Libertà del portatore di un pensiero laico.

 La laicità deve essere di riferimento per la fruizione degli spazi dell’informazione e di divulgazione del pensiero. La laicità deve fare in modo che partiti, potentati politici ed economici ed anche potentati culturali non vengano a detenere quasi tutti gli spazi al punto di determinare posizioni di dominio ed atti ad escludere soggetti individuali e associazioni minoritarie.

Chiunque deve esser libero di poter fondare un giornale o uno strumento informativo o di divulgazione del pensiero. Uno stato laico deve favorire la crescita degli strumenti di comunicazione eliminando ostacoli burocratici e impedendo fenomeni di concentrazione.

Oggi per una informazione libera e laica va garantito a tutti il libero accesso a internet, vanno ampliate le possibilità di creare nuovi canali televisivi a nuovi soggetti; e la televisione pubblica, lungi dall’essere privatizzata o ridimensionata, deve permettere nei suoi spazi l’accesso a una molteplicità di soggetti politici e culturali. (fr.z.)

Immagine Parlamento italiano – Camera dei Deputati

Post inserito il 24/06/2021

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