Dedico questa mia vecchia
poesia al poeta Calogero Di Giuseppe che il 24 aprile 2013 promuove il terzo
incontro sui dialetti d’Italia che si terrà a Milano (per l’invito aprire la
pagina di questo blog dialetti d’Italia )
A forza di parlari ci persi
la lingua
Pi circarla
ora mi tocca sfurnisciarimi
la menti
iri scummigliannu
l’anticu vuciari di li
vaneddi
lu ciuciulio di li fimmineddi
quannu di carusu mi sunava ni
l’oricchi
L’avissi persa pi capiri
megghiu la genti
di sta perdita nu mi ni mpurtassi nenti
ma la persi
facinnu cunti
discurriennu liggi e sintenzi
assicutannu chiacchiari
vacanti
Pi chissu
la ferita la sentu
sanguinanti
agosto 1977
La lingua persa (traduzione in Italiano)
Continuando
a parlare ho perso la lingua.
Per
cercarla
ora
mi tocca arrovellare la mente
andare
riscoprendo
l’antico
vocio dei vicoli
il
chiacchiericcio delle donnette
quando
da bambino mi suonava nelle orecchie.
L’avessi
persa per capire meglio le genti
di
questa perdita non mi importerebbe
niente
ma
l’ho persa
facendo
conti
discorrendo
di leggi e sentenze
inseguendo
discorsi vuoti
Per
questo
sento
la ferita sanguinante.
La lingua ci serve
comprendere ordini e avvisi di pericolo, ci dovrebbe anche servire per
comprendere il nostro sentire più profondo. Il capolavoro della lingua è quello
che è riuscito a fare Dante con la sua Divina Commedia e quello che è riuscito a fare Shakespeare
con le sue tragedie e commedie.
Oggi abbiamo perso i dialetti e purtroppo
stiamo perdendo anche l’italiano, ma non
per inseguire la profondità di Shakespeare, bensì, per inseguire lo spread e il marketing.
Voglio citare una frase che
il poeta Tomas Transtromer ha usato a
commento della sua raccolta di versi “Poesia dal silenzio” - “Dal
punto di vista teorico la traduzione poetica può considerarsi un’assurdità. Ma
in pratica dobbiamo credere nella traduzione della poesia”
Allora cerchiamo qualche
parola e qualche poesia, traduciamola pure in mille lingue con la certosina
pazienza di comprenderci.
12/04/2013 francesco zaffuto
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