... fatti amico, degli altri, soltanto chi eccella in virtù,
accettane i miti consigli e segui il suo esempio prezioso
e non prenderlo in odio, se puoi, per un piccolo torto...
(Tratto da: Lirici Greci –
Bompiani 1991 –
traduzione
di Vincenzo
Guarracino)
Versi aurei (1)
Venera
anzitutto gli dei, come richiede la Legge;
attieniti
ai patti giurati ed abbi in onore gli eroi
e i
geni dell’infero mondo, agendo in ossequio delle norme.
Porta
rispetto ai parenti e a tutti i più stretti congiunti;
fatti
amico, degli altri, soltanto chi eccella
in virtù,
accettane
i miti consigli e segui il suo esempio prezioso
e non
prenderlo in odio, se puoi, per un piccolo torto:
Volontà
siede accanto, in armonica unione congiunta, a Destino.
Convinciti
dunque di questo e impara a dominare i tuoi istinti,
il
ventre, anzitutto, ed il sonno e il sesso e l’ira.
Non
fare alcunché che sia turpe, con altri o da solo:
porta,
più che a ogni altro, rispetto soprattutto a te stesso.
S’ispirino
gesti e parole a giustizia e in nulla
abituati
ad agire senza senno ma sappi
che
comune destino per tutti è morire;
le
ricchezze godi così ad acquistarle come a perderle.
Dei
dolori che per sorte poi toccano agli uomini,
la tua
parte, non crucciarti ma sopportala impavido;
conviene
far del tuo meglio a lenirli e dirsi
che di
questi ai buoni la sorte non ne infligge poi molti.
Discorsi
buoni e cattivi agli uomini è dato
di
udirne: non fartene sconvolgere o traviare.
Se
alcuno avrà a dirti menzogne, con ferma
mansuetudine
pazienta e adempi con cura i precetti:
nessuno
con atti o parole abbia indurti
a fare
o dire ciò che non sembri a te il meglio.
Pondera
i tuoi atti, per non compiere gesti
insensati;
è da
stolti parlare e operare senza riflettere.
Ma tu
agisci in modo da non avere più tardi a pentirtene.
Non
ardirti a far nulla che ignori ma impara
tutto
quanto conviene: felice così avrai la vita.
Quanto
al corpo, ti giova elargirgli ogni cura e porre
un
giusto limite al bere, al mangiare e agli impegni:
giusto
considera il limite oltre il quale si prova fastidio.
Abituati
a un regime di vita austero e frugale
ma
guardati che non ti attiri nel farlo le invidie.
Non
spendere senza giudizio, come uno che ignori misura,
ma non
essere avaro neppure: c’è giusto mezzo a ogni cosa.
Non
fare alcunché che ti nuoccia e rifletti avanti di agire.
A sera,
non concedere al sonno i tuoi occhi senza prima
aver
passato tre volte in rassegna ogni gesto del giorno:
“In che
ho peccato? Cosa ho fatto? Quale dovere non ho assolto?”
Esamina,
a cominciare dalla prima, le tue azioni: le cattive,
sii
severo a censurarle, ma sii compiaciuto per le buone.
In
questo sforzati, a queste tendi, queste ama:
sulla
via della virtù saranno proprio queste a collocarti.
Lo
giuro, per Colui che rivelò al nostro spirito la Tetrade (2),
fonte
emblema dell’eternità della Natura. Ogni azione
intraprendila
, invocandone il successo dagli dei.
Così
facendo, di uomini e immortali apprenderai
l’essenza
e come proceda ogni cosa e come sussista.
Conoscerai
l’omogeneità della Natura in ogni parte,
cosicché
nulla più speri d’impossibile o sia scuro. Saprai
come
gli uomini si procurano da se stessi i propri mali:
infelici,
che i beni che han vicino non li vedono
e li
ignorano e ben pochi sanno liberarsi dal proprio affanno.
Tale è
il destino che ottunde le menti agli umani:
simili
a rulli s’avvoltolano, afflitti da affanni infiniti.
Senz’accorgersene,
si portano appresso a lor danno e Discordia,
che
conviene non certo istigare ma piuttosto cedendo fuggire.
O Padre
Zeus, tu potresti certo liberare, tutti da ogni male,
se a
tutti mostrassi di qual Demone è dato disporre ad ognuno.
Ma tu
abbi fiducia, perché divina è la stirpe mortale
e ha
dato ad essa Natura ogni cosa a penetrare i misteri.
Se li
avrai appresi, adempirai agevolmente i miei precetti
e
meriterai un pieno affrancamento da ogni angustia.
Ma
astieniti dai cibi che si è detto, indirizzando
ogni
atto, nei riti pubblici e privati, alla giustizia,
così
che in te tronfi il meglio e ci sia a guidarti la Ragione.
Che se,
lasciato il corpo, t’eleverai al libero cielo, sarai
simile
a Dio, non più mortale ma immortale e incorruttibile.
Note:
1 I “versi aurei”, attribuiti a Pitagora, costituiscono una
“summa” dei dogmi della “scuola italica”, messa per iscritto dai Pitagorici che
seguirono la via del maestro dopo la morte di quest’ultimo, per istruire coloro
che sarebbero venuti dopo di loro. Questi principi erano strumento che
consentiva agli adepti di seguire la via divina e di elevare lo spirito,
essenza suprema di ciascun individuo, fino al raggiungimento dell’ “estinzione
delle sofferenze terrene” per mezzo dell’unione tra lo spirito “individuale”
dell’iniziato e Dio, concepito come unica fonte creatrice del tutto.
2 La Tetrade o tetraktýs (dal greco τετρακτúς,
numero quaternario rappresentava per i pitagorici la
successione aritmetica dei primi quattro numeri naturali (o più
precisamente numeri interi positivi), un «quartetto» che geometricamente «si
poteva disporre nella forma di un triangolo equilatero di lato quattro»,
ossia in modo da formare una piramide che sintetizza il rapporto fondamentale
fra le prime quattro cifre e la decade: 1+2+3+4=10.
Pitagora – note
biografiche https://it.wikipedia.org/wiki/Pitagora
Immagine – Busto di Pitagora - Copia romana del I secolo a.C. di originale greco, conservata nei Musei capitolini di Roma.
post inserito il 20/07/2021
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