La
matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco
Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
Un commissario di
polizia non può scrivere gialli, sta già
dentro i gialli come schiacciato in un campo di girasoli; ma il mio non è un
giallo, è un necessario appunto, e la motivazione forse sarà chiara
alla fine di questa storia.
Ora occorre decidere da dove cominciare: inizierò
dal giorno in cui avvenne lo strano fatto delittuoso.
“Vado a casa un’ora
prima, sono molto stanco”, dissi al mio vice, il commissario Pedretti.
“Fai pure capo, ormai
tu puoi tutto, sei ad un passo del settimo cielo.”
Per Pedretti il mio settimo cielo arrivava tra
tre mesi, quando sarei andato in pensione, e coincideva con il suo settimo
cielo, quello di diventare il capo in
commissariato; ogni mia stanchezza l’accompagnava con il suo compiaciuto
sorriso.
Sulla soglia della porta ho incontrato il sovraintendente
Tumiati, mio fedele braccio destro, che mi disse:
“Ha sentito, capo, la
divertente notizia in diretta TV a mezzogiorno?”
“Sì, ho sentito”, dissi
in tono svogliato e conclusivo e lo salutai.
Doveva essere la stessa cosa che mi aveva
accennato il Pedretti. Non avevo visto e
sentito niente, ma era il modo migliore per troncare il discorso ed avviarmi di
fretta verso i mezzi di trasporto che mi avrebbero portato a casa.
Di solito ero l’ultimo a lasciare l’ufficio e
non avevo mai tanta voglia di tornare a casa, ma quel giorno ero molto
stanco. Tornare a casa prima, se non
trovi un pasto caldo e nessuno che ti saluta appena arrivi, è un po’ triste; ma se sei stanco non ti va di cenare fuori
casa e non trovi consolatorie le battute svogliate che puoi scambiare con il
cameriere di una trattoria.
Decisi di non preparare niente da mangiare, mi
sarei accontentato di un po’ di pane e formaggio e un bicchiere di vino, avrei
letto qualcosa e poi a letto.
No, niente TV, avevo smesso di guardarla da
due anni, da quando era scomparsa Nella; prima con lei era tutta un’altra cosa,
ci si scambiava qualche battuta e diventava digeribile ogni stupidata che si
poteva vedere in TV. Ora la TV stava spenta, ci passavo vicino e mi metteva un
po’ di angoscia.
“Nella, Nella, il nostro romanzo è finito” .
Ora io la sera navigavo in qualche lungo romanzo scritto da altri e per altri.
Quando passavo da una libreria dicevo a me
stesso: “Prendo quello, è più lungo, mi terrà compagnia per più tempo”. Da giovane non ero stato un lettore e ora
avevo dinanzi una grande scelta di
romanzi lunghi e importanti che non avevo mai letto.
Finita la mia magra cena, sarei ritornato al
punto di lettura della sera precedente, che ben ricordavo :
La transizione era inaudita.
Nel ben mezzo della città, Jean Valjean era uscito dalla città; e, in
un batter d'occhio, il tempo d'alzare un coperchio e di richiuderlo, era
passato dalla luce meridiana all'oscurità completa, da mezzogiorno a
mezzanotte…
Iniziava la fuga tra le cloache di Parigi, con sulla schiena quel
giovane che aveva raccolto sulle barricate, doveva portarlo in salvo.
“Chissà come sono le cloache di Roma, la mia
città?” Non mi era mai capitata
un’inchiesta che avesse a che fare con le cloache, ma di vicende che avevano a
che fare con miserabili la mia
carriera, di trenta anni di
poliziotto, ne era proprio piena.
Il telefono squillò e interruppe la
masticazione del mio boccone e le mie elucubrazioni sulle cloache romane.
“Biagini ho bisogno di
parlarti”.
Era il questore, che amichevolmente mi dava
del tu perché eravamo coetanei, ma io
restavo sempre nell’imbarazzo per il suo ruolo di superiore e finivo per dargli
del lei.
“Dica, signor questore,
per cosa?”
“Per quello che è
accaduto oggi, ma non voglio parlarti al telefono, voglio vederti. Anzi visto
che non sono in ufficio la cosa migliore è che passi da casa mia.”
“Da casa sua!?” Dissi
un po’ meravigliato.
“Non ti formalizzare
Biagini, è importante. Scrivi bene
l’indirizzo, poi prendi un taxi e cerca di arrivare al più presto.”
Non mi era mai capitato di andare a trovare il
questore in casa, pensai a una gran casa e a un maggiordomo che mi apriva la
porta. La casa, un quarto piano in un
palazzo dei Parioli, era sobria , e mi venne ad aprire sua moglie, un’anziana
signora che mi sorrise cordialmente e mi accompagnò nel suo studio.
A differenza della sobrietà della casa, lo studio era di una certa imponenza: una
gran scrivania, poltrone qua e là, una grande biblioteca alle spalle. “Chissà se c’erano I miserabili in quella montagna di libri?” Scacciai subito
quell’impertinente domanda che era affiorata alla mia mente.
“Grazie Biagini di
essere venuto. Allora che ne pensi di quello che è accaduto oggi a Roma?”
“Quello che è accaduto
oggi a Roma?” dissi stralunato.
“Vuoi dire che non sai
niente di quello che hanno fatto vedere tutti i telegiornali e che ha già fatto
il giro del mondo?”
“No” dissi in tono
liberatorio allargando le braccia.
“Ma in che mondo vivi
Biagini, non senti neanche le più importanti notizie in TV. Neanche in
commissariato ne avete parlato?”
“Facendo memoria, il
Pedretti mi aveva fatto cenno a qualcosa che era successo al Primo ministro ma
non gli ho dato peso. “
“Non deve correre una
buona aria tra te e il Pedretti. Lui non
vede il momento che tu te ne vai e tu lo manderesti volentieri al diavolo. E’
così?”
“Ha proprio
indovinato, signor questore”.
“Caro Biagini, il Pedretti è serio,
coscienzioso e zelante, troppo zelante. Io penso che mi troverò male con lui,
ma lasciamo perdere. Se c’era un modo per non farti andare in pensione io
l’avrei attuato, ma l’età anagrafica è un punto che non si può spostare. Ma
torniamo a noi, al fatto che ti è sfuggito.
Alle 12 di oggi, alla parata ufficiale per la festa della nostra
Repubblica, ripresa in diretta TV, il nostro Primo ministro e il Primo ministro
britannico, in visita ufficiale si alzano dalle rispettive sedie e cadono a
terra di malo modo come se si strattonassero a vicenda. La diretta TV riprende
tutto, i loro volti sono allibiti, non capiscono cosa stia accadendo, un paio
di minuti di ripresa televisiva che
lasciano nel panico il paese. Visto che
non hai visto niente, e che tra qualche
minuto sono le venti e trenta, puoi vedere con me il telegiornale della sera.”
Si diresse verso il grande schermo TV che
stava sull’angolo destro del suo studio, prese il telecomando e accese.
Prendemmo posto su due poltrone ed aspettammo
che il mezzobusto televisivo entrasse dentro notizia.
“Spiacevole
malore ha colto il nostro primo ministro durante la cerimonia della Festa della Repubblica, ciò ha
provocato un barcollamento improvviso
che ha coinvolto anche il primo ministro britannico rimasto sorpreso. Il nostro
primo ministro si è ripreso subito da quel leggero malore ed ha successivamente
rassicurato le altre autorità presenti e
la stampa.”
Le sequenze proposte in video erano
brevissime, si notava uno sbigottimento dei due primi ministri per quello che
stava accadendo, ma subito la ripresa
passava a sequenze precedenti all’incidente ed a sequenze successive. Alla fine il commentatore concludeva: “Un comunicato della Presidenza del
consiglio assicura che il Presidente ha consultato il suo medico personale e
che si è trattato di un lieve malore passeggero causato dai tanti impegni di
lavoro che hanno caratterizzato la settimana del nostro primo ministro. Il primo ministro britannico si è recato nel
pomeriggio in Vaticano per… “ E
continuarono le altre notizie.
“Non è successo
niente!” diss’io rivolgendomi al questore.
“Questa ovviamente è la
versione ufficiale ed edulcorata della sera; ma alle 12 in diretta si è visto
tutto, come cadevano, il loro sbigottimento, quello del Presidente della Repubblica
che stava a fianco, e quello delle rispettive mogli, e una ha pure strillato
per la paura. E’ dalle 12 di oggi che io non ho tregua; mi sono riunito con i servizi segreti
italiani e con quelli britannici, anche la CIA ci ha chiesto notizie e vuole
interessarsi alla vicenda. Questa versione edulcorata della TV di stasera, non credo che reggerà domani e tutta la
stampa dirà ben altro. Circolano già diversi video su internet con la ripresa
integrale. La cerchi su internet e la vedrà Biagini.”
“La credo, la vedrò
pure, signor questore, ma mi dica…”
“La caduta dei due
primi ministri è successa perché involontariamente si sono strattonati a
vicenda. Vede Biagini, noi due siamo seduti in queste due poltrone affiancate,
ci alziamo e ci allontaniamo rispettivamente, ma non possiamo farlo perché i
lacci delle nostre scarpe sono legati insieme, ben stretti con un filo di
spago. Di conseguenza io strattono lei e lei strattona me, e cadiamo per terra. Semplice no! Ebbene è
accaduto questo. Inspiegabile ma è accaduto questo.”
Non potei trattenermi
dal ridere, mi venne un attacco quasi compulsivo, che stava per comunicarsi
allo stesso questore, che faticosamente cercava di trattenersi.
post inserito il 19/11/2017
Un fatto veramente curioso narrato con naturalezza, che fa subito desiderare di leggere il seguito.
RispondiEliminaSe avessimo ancora quell'ex Primo ministro burlone e barzellettiere avrei pensato ad uno scherzo preparato da lui stesso, ma penso che " la a matassa di spago" si dipanerà con risvolti ben più interessanti.
Complimenti!
Cristiana
i risvolti saranno un po' inaspettati - ciao
EliminaGrazie Ciccio, aspetto il seguito!!!
RispondiEliminaCiao Antonietta
continuerà per alcune domeniche - spero di non fare perdere la pazienza - in ogni caso ci saranno sempre i link delle diverse puntate - ciao
EliminaInteressante ed adesso sono curioso di sapere cosa davvero sia successo al Primo Ministro durante la cerimonia e quali risvolti ci sono dietro.
RispondiEliminaSei stato bravo a terminare in questo modo la tua prima puntata....Il testo scorre veloce e simpaticamente e questo è già positivo. A domani
RispondiEliminaHo perso un amico, Ciccio (Francesco) Zaffuto, compagno di tante lotte. E' andato via il giorno dello sciopero della scuola, mentre io mettevo in rete i video della manifestazione. Non so come esprimere il mio dolore.
RispondiEliminaCondivido appieno il suo dolore. Francesco Zaffuto era una persona colta, piacevole nell'incontro, interessante... aveva punti di vista decisi ma sempre rispettosi verso chi ne aveva uno contrario.
EliminaI suoi argomenti erano stimolanti e offrivano al lettore motivo di curiosità e approfondimento. Quante arti ci ha lasciate sparse nei suoi blog... lì lo ritroverò ma sapere che le sue dita non scorreranno la tastiera mi rattrista enormemente.
Abbraccio idealmente la moglie e i figli.
Grazie Angelo Scebba.