Ignazio Buttitta



IGNAZIO BUTTITTA

Arpa eolica nel dare l’annuncio della nuova serie d’ incontri del Movimento letterario Lombardo e Belle Arti per il 2016,  e  che iniziano con una prima dedica a Ignazio Buttitta,  allega in questo post :
alcuni link utili per la conoscenza del poeta e le sue opere
Una breve biografia del poeta
La poesia  - NUN SUGNU PUETA   Tratta dalla raccolta: "Lu pani si chiama pani"

Il sito della fondazione Ignazio Buttitta

 

Note biografiche

https://it.wikipedia.org/wiki/Ignazio_Buttitta


Per un viaggio nelle Poesie di Ignazio Buttitta

                       

Alcuni Video disponibili in rete




Ignazio Buttitta nasce a Bagheria, provincia di Palermo, il 19 settembre 1899 da una famiglia di commercianti. Sin da ragazzo, conseguita la licenza elementare, lavora nella salumeria del padre. Intorno ai trent’anni diviene titolare di un’attiva e consistente azienda commerciale. Gode di un certo benessere, che gli permette di dedicarsi nei ritagli di tempo alla sua passione, la poesia.
 Nel 1917 è chiamato alle armi e con i ragazzi del 99 partecipa alla difesa del Piave. Ritornato in Sicilia, frequenta Giuseppe Pipitone Federico, Luigi Natoli, Giuseppe Nicolosi Scandurra e numerosi altri poeti e intellettuali del tempo.
  Il 15 ottobre 1922, alla vigilia della "marcia su Roma" capeggiò nel suo paese una sommossa popolare. Nello stesso anno fondò il circolo di cultura "Filippo Turati", che settimanalmente pubblicava il foglio "La povera gente". Fino al 1928 fu condirettore del mensile palermitano di letteratura dialettale "La Trazzera", soppresso dal fascismo.
 In questi anni, le sue poesie compaiono nel quindicinale isolano «Il Vespro Anarchico», che sotto la guida di Paolo Schicchi conduce una veemente campagna antifascista; poi, in fogli clandestini.
Nel 1943 Bagheria era stata bombardata e Buttitta, per allontanare la famiglia dai pericoli della guerra, - moglie e quattro figli, si trasferì a Codogno (Milano). Costretto a rimanere in Lombardia, si impegna attivamente nella lotta partigiana e viene due volte arrestato. Dopo la Liberazione, può finalmente tornare in Sicilia. Qui trova i suoi magazzini e la sua casa saccheggiati. Decide quindi di tornare di nuovo in Lombardia, dove lo attendono la moglie ed i figli. Esercita l’attività di rappresentante. In Lombardia, ha la possibilità di frequentare assiduamente Quasimodo e Vittorini.   
 Di Quasimodo è la traduzione della raccolta Lu pani si chiama pani, edita nel 1954. Solo a metà degli anni Cinquanta, rientra definitivamente in Sicilia, stabilendosi nel suo paese natale. Affidata l’attività commerciale a terzi, può finalmente dedicarsi intensamente alla produzione poetica e portare la sua poesia fra la gente.
 Nel 1960 si stabilisce definitivamente a Bagheria fino al 5 aprile 1997 data della sua morte, nella casa affacciata sul mare di Aspra.
 La poesia di Buttitta è fatta per essere recitata e cantata. Sono state numerosissime le sue recite in Sicilia e nel mondo.
 Nel 1972 gli è stato assegnato il Premio Viareggio. Nel 1980 gli è stata conferita, presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo, la Laurea honoris causa in materie letterarie.
Opere:
"Sintimintali", poesie con prefazione di G. Pipitone Federico, edizioni Sabio, Palermo 1923;
“Marabedda”, edizioni La Terrazza, Palermo 1928;
“Lu pani si chiama pani”,  traduzioni in versi di Salvatore Quasimodo, illustrazioni di Renato Guttuso, edizioni di Cultura Sociale, Roma 1954; - Si riporta qui sotto la poesia Nun sugnu Poeta; 
“Lamentu  pi  la  morti  di  Turiddu Carnivali”, traduzione  di  Franco  Grasso,  Edizioni  Arti Grafiche, Palermo 1956;
“La peddi nova”, prefazione di Carlo Levi, edizioni Feltrinelli, Milano 1963;
“Lu trenu di lu suli”, introduzione di Leonardo Sciascia, edizioni Avanti!, Milano 1963;
“La paglia bruciata”,  prefazione  di  Roberto  Roversi  con  una  nota  di  Cesare Zavattini, edizioni Feltrinelli, Milano 1968;
“Io faccio il poeta”, prefazione di Leonardo Sciascia, edizioni Feltrinelli, Milano 1972 (Premio Viareggio);
“Il cortile degli Aragonesi”, (rielaborazione di un’opera teatrale di autore ignoto), edizioni Giannotta, Catania 1974;
“Il poeta in piazza”, edizioni Feltrinelli, Milano 1974;
“Prime e nuovissime”, Gruppo Editoriale Forma, Torino 1983;
“Le pietre nere”, edizioni Feltrinelli, Milano 1983. 

 

Queste note sono state tratte da  https://it.wikipedia.org/wiki/Ignazio_Buttitta dal sito della fondazione http://www.fondazioneignaziobuttitta.org/ignazio-buttitta/E da http://www.culturasiciliana.it/Page/poesia/buttitta%20ignazio.htm



NUN SUGNU PUETA   Ignazio Buttitta - traduzione di Salvatore Quasimodo
Settembre 1954 - Tratta da: "Lu pani si chiama pani"

                                                                                Traduzione in Italiano
Non pozzu chiànciri
ca l'occhi mei su sicchi
e lu me cori
comu un balatuni.

La vita m'arriddussi
asciuttu e mazziatu
comu na carrittata di pirciali.
Non sugnu pueta;
odiu lu rusignolu e li cicali,
lu vinticeddu chi accarizza l'erbi
e li fogghi chi cadinu cu l'ali;
amu li furturati,
li venti chi strammíanu li negghi
ed annèttanu l'aria e lu celu.

Non sugnu pueta;
e mancu un pisci greviu
d'acqua duci;
sugnu un pisci mistinu
abituatu a li mari funnuti:
Non sugnu pueta
si puisia significa
la luna a pinnuluni
c'aggiarnia li facci di li ziti;
a mia, la menzaluna,
mi piaci quannu luci
dintra lu biancu di l'occhi a lu voj.

Non sugnu pueta
ma siddu è puisia
affunnari li manu
ntra lu cori di l'omini patuti
pi spremiri lu chiantu e lu scunfotu;
ma siddu è puisia
sciògghiri u chiacciu e nfurcati,
gràpiri l'occhi a l'orbi,
dari la ntisa e surdi
rumpiri catini lazzi e gruppa:
(un mumentu ca scattu!)...

Ma siddu è puisia
chiamari ntra li tani e nta li grutti
cu mancia picca e vilena agghiutti;
chiamari li zappatura
aggubbati supra la terra
chi suca sangu e suduri;
e scippari
du funnu di surfari
la carni cristiana
chi coci nto nfernu:
(un mumentu ca scattu!)...

Ma siddu è puisia
vuliri milli
centumila fazzuletti bianchi
p'asciucari occhi abbuttati di chiantu;
vuliri letti moddi
e cuscina di sita
pi l'ossa sturtigghiati
di cu travagghia;
e vuliri la terra
un tappitu di pampini e di ciuri
p'arrifriscari nta lu sò caminu
li pedi nudi di li puvireddi:
(un mumentu ca scattu!)

Ma siddu è puisia
farisi milli cori
e milli vrazza
pi strinciri poviri matri
inariditi di lu tempu e di lu patiri
senza latti nta li minni
e cu lu bamminu nvrazzu:
quattru ossa stritti
a lu pettu assitatu d'amuri:
(un mumentu ca scattu!)...

datimi na vuci putenti
pirchi mi sentu pueta:
datimi nu stindardu di focu
e mi segunu li schiavi di la terra,
na ciumana di vuci e di canzuni:
li sfarda a l'aria
li sfarda a l'aria
nzuppati di chiantu e disangu.               
Non posso piangere,
ho gli occhi secchi,
e il mio cuore
è una pietra pesante.

La vita m'ha ridotto
arido e spezzato
come una carrettata di brecciame.
Non sono poeta;
odio l'usignolo e le cicale,
il venticello che carezza l'erba
e le foglie che cadono con l'ali;
amo le bufere,
i venti che disperdono le nuvole
e puliscono l'aria e il cielo.

Non sono poeta,
ma nemmeno un insipido pesce
d'acqua dolce;
sono un pesce selvatico
abituato ai mari profondi.
Non sono poeta
se poesia significa
la luna che pende
e impallidisce le facce dei fidanzati;
la mezzaluna
mi piace quando splende
dentro il bianco dell'occhio del bue.

 Non sono poeta;
ma se è poesia
affondare le mani
nel cuore degli uomini che soffrono
per spremerne il pianto e lo sconforto;
ma se è poesia
sciogliere il cappio agli impiccati,
aprire gli occhi ai ciechi,
dare l'udito ai sordi,
rompere catene e lacci e nodi:
(un momento che scoppio)...

Ma se è poesia
chiamare nelle tane e nelle grotte
chi mangia poco e veleno inghiotte;
chiamare gli zappatori
curvati sulla terra
che succhia sangue e sudore;
e strappare
dal fondo delle zolfare
la carne cristiana
che cuoce nell'inferno:
(un momento che scoppio!) ...

Ma se è poesia
volere mille
centomila fazzoletti bianchi
per asciugare occhi gonfi di pianto;
volere letti morbidi
e cuscini di seta
per le ossa storcigliate
di chi lavora;
e volere la terra
un tappeto di foglie e fiori
che rinfreschi lungo il cammino
i piedi nudi dei poveri:
(un momento che scoppio!..)

Ma se è poesia
farsi mille cuori
e mille braccia
per stringere povere madri
inaridite dal tempo e dalla sofferenza
senza latte alle mammelle
e col bambino in braccio:
quattro ossa strette
al petto assetato d'amore:
(un momento che scoppio!...)

datemi una voce potente
perché mi sento poeta:
datemi uno stendardo di fuoco
e mi seguano gli schiavi della terra,
una fiumana di voci e di canzoni:
gli stracci all'aria
gli stracci all'aria
inzuppati di pianto e di sangue.

Nessun commento:

Posta un commento

Post aperto a dibattito, si possono inserire commenti immediatamente ed automaticamente – i curatori di arpa eolica si riservano di cancellare rettifiche e commenti che possano contenere offese a terzi o appelli alla violenza. Grazie per i commenti che andate ad inserire.