Ecco poche righe di un’ANSA del 27 novembre 2018
Un uomo di 93 anni avrebbe ucciso la moglie
91enne, gravemente malata, poi si è buttato dalla finestra al terzo piano.
E' successo intorno alle 6.30 a Bologna, in via Montefiorino, zona stadio. L'anziano avrebbe lasciato un biglietto in cui chiede scusa per il gesto. E' precipitato su un marciapiede, davanti all'ingresso di un supermercato. Sul posto, la Polizia.
http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2018/11/27/novantenne-uccide-moglie-e-si-suicida_3abcf6a4-ece2-49b9-a2cd-3c3161fa319b.html
E' successo intorno alle 6.30 a Bologna, in via Montefiorino, zona stadio. L'anziano avrebbe lasciato un biglietto in cui chiede scusa per il gesto. E' precipitato su un marciapiede, davanti all'ingresso di un supermercato. Sul posto, la Polizia.
http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2018/11/27/novantenne-uccide-moglie-e-si-suicida_3abcf6a4-ece2-49b9-a2cd-3c3161fa319b.html
Alcuni interrogativi per questa pietosa vicenda
possono sorgere:
Erano soli?
Non avevano altri che gli potevano dare una mano
a concludere le loro fragili esistenze in altro modo?
Si è trattato di un suicidio o di un deliberato
atto di eutanasia da rispettare?
Ma la cosa più terribile è il non porsi alcuna
domanda e lasciarli imprigionati in quelle poche righe dell’Ansa e presto
dimenticarli. Poi si leggeranno nel futuro altre notizie uguali a questa e
forse ci riguarderanno da vicino; potremmo essere noi stessi.
Ora l’ultimo degli interrogativi.
Dio passò o non passò
da quella casa?
Forse non passò e furono solo colti dalla
disperazione?
Forse passò e gli disse di fare in quel modo?
Per rispondere a questi interrogativi abbiamo solo una
possibilità:
fare ricorso alle Metamofosi d Ovidio Publio Nasone e al suo
racconto su Filemone e Bauci,
dove Dio nella forma di Giove (accompagnato da Mercurio) passa
dalla casa dei
due vecchi sposi. (fr.z.)
qui di seguito il testo di Ovidio in una traduzione in italiano
«Racconti frottole, Achelòo, e giudichi troppo potenti
gli dei, se pensi che possano dare e togliere il volto alla gente».
Gli altri allibirono, disapprovando simili parole,
e Lèlege, più maturo di tutti per giudizio ed anni,
così disse: «Immensa e senza limiti è la potenza
del cielo: ciò che vogliono gli dei, sia quel che sia, si compie.
E per toglierti i dubbi, c'è sui colli di Frigia una quercia,
con accanto un tiglio e intorno un basso muro di cinta;
ho visto il luogo io stesso: fu quando Pitteo mi mandò
nelle terre su cui un giorno aveva regnato suo padre Pèlope.
Non lontano da lì c'è uno stagno, un tempo terra abitabile,
ora distesa d'acqua affollata di smerghi e folaghe palustri.
Qui, sotto aspetto umano, venne Giove e insieme a lui
il nipote di Atlante, privo d'ali e con la sua bacchetta magica.
A mille case bussarono, in cerca di un luogo per riposare;
mille case sprangarono la porta. Una sola infine li accolse:
piccola, piccola, con un tetto di paglia e di canne palustri,
ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano
Bauci, una pia vecchietta, e Filemone, della stessa età,
che in quella capanna erano invecchiati, alleviando la povertà
con l'animo sereno di chi non si vergogna di sopportarla.
Non ha senso chiedersi chi è il padrone o il servitore: la famiglia
è tutta lì, loro due; comandano ed eseguono tutti e due.
Quando i celesti, arrivati a questa povera casa,
entrarono chinando il capo per l'angustia della porta,
il vecchio li invitò ad accomodarsi, accostando una panca,
sulla quale Bauci stese con premura un ruvido panno; lei,
poi, smosse sul focolare la cenere tiepida, ravvivò
il fuoco del giorno avanti, alimentandolo con foglie e corteccia,
e ne fece scaturire fiamme con quel poco fiato che aveva.
Da un ripostiglio trasse scaglie di legno e rametti secchi,
li spezzettò e li pose sotto un piccolo paiolo;
spiccò le foglie ai legumi raccolti dal marito
nell'orto bene irrigato, mentre lui con un forcone staccava
la spalla affumicata di un suino appesa a una trave annerita:
di quella spalla a lungo conservata taglia una porzione
sottile, che pone a lessare nell'acqua bollente.
Intanto ingannano il tempo che si frappone conversando,
[perché non si avverta la noia dell'attesa. Appesa a un gancio
per il suo manico ricurvo, vi è una tinozza di faggio:
la riempiono d'acqua tiepida e vi immergono i piedi
per ristorarli. Al centro, sopra un letto dalla sponda
e dalle gambe di salice, c'è un giaciglio d'erbe morbide.]
Sprimacciano il giaciglio d'erba morbida di fiume,
posto sopra il letto dalla sponda e dalle gambe di salice.
Lo coprono con una coltre, che hanno l'abitudine di stendere
solo nei giorni di festa; ma anche questa coltre era vecchia
e logora, giusto adatta a un letto di salice.
Gli dei si adagiano. La vecchia, con la veste raccolta, apparecchia
vacillando la tavola; ma delle sue tre gambe una è corta:
un coccio la pareggia; infilato sotto elimina la pendenza,
e il piano viene poi ripulito con un ciuffo di menta verde.
Sopra vi pone olive verdi e nere, sacre alla schietta Minerva,
corniole autunnali aromatizzate con salsa di vino,
indivia, radicchio, una forma di latte cagliato, e
uova girate leggermente nel tepore della cenere;
il tutto in terrine. Poi porta in tavola un cratere cesellato
nello stesso 'argento', bicchieri di faggio intagliato
che hanno la superficie interna spalmata di bionda cera.
Dopo non molto, giungono dal focolare le vivande calde,
si mesce un'altra volta il vino (certo non d'annata),
poi, messo il tutto un poco in disparte, si fa posto alla frutta.
Ed ecco noci, fichi secchi misti a datteri grinzosi,
prugne, mele profumate in larghi canestri,
grappoli d'uva colti da tralci purpurei.
Al centro un candido favo. Ma a tutto questo si accompagnano
facce buone, sollecitudine sincera e generosa.
E qui i due vecchi si accorgono che il boccale, a cui si è attinto
tante volte, si riempie da solo, che il vino da solo ricresce;
turbati dal prodigio, Bauci e il timido Filemone son presi
dal terrore e con le mani alzate al cielo si mettono a pregare,
chiedendo venia per la povertà del cibo e della mensa.
C'era un'unica oca a guardia di quella minuscola cascina,
e loro erano pronti ad immolarla per quegli ospiti divini.
Ma l'oca starnazzando scappa in barba a quei lenti vecchietti,
beffandoli di continuo, finché fu vista rifugiarsi
proprio accanto agli dei, che proibiscono di ucciderla, dicendo:
"Numi del cielo noi siamo, e i vostri empi vicini avranno
la punizione che meritano; a voi invece d'esserne immuni
sarà concesso. Lasciate solo la vostra casa,
seguite i nostri passi e venite con noi in cima
a quel monte!". I due obbediscono e, appoggiandosi al bastone,
salgono lungo il pendio a fatica, passo passo.
Distavano ormai dalla vetta il tragitto che può percorrere
una freccia: volgono gli occhi e vedono che giù tutto è sommerso
da una palude, tutto tranne la loro dimora.
E mentre guardano stupiti, piangendo la sorte dei vicini,
quella vecchia capanna, piccola anche per i suoi padroni,
si trasforma in un tempio: colonne vanno a sostituire i pali,
vedono la paglia del tetto assumere riflessi d'oro,
le porte ornarsi di fregi e il suolo rivestirsi di marmo.
E allora con voce serena il figlio di Saturno così parla:
"O buon vecchio e tu, donna degna del tuo buon marito,
esprimete un desiderio". Consultatosi un po' con Bauci,
Filemone partecipa agli dei la loro scelta:
"Chiediamo d'essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante, ch'io mai non veda
la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi".
Il desiderio fu esaudito: finché ebbero vita,
custodirono il tempio. Ma un giorno mentre, sfiniti dallo scorrere
degli anni, stavano davanti alla sacra gradinata, narrando
la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi
di fronde e il vecchio Filemone coprirsene Bauci.
E ancora, quando la cima raggiunse il loro volto,
fra loro, finché poterono, continuarono a parlare: "Addio,
amore mio", dissero insieme e insieme la corteccia come un velo
suggellò la loro bocca. Ancor oggi gli abitanti della Frigia
mostrano l'uno accanto all'altro quei tronchi nati dai loro corpi.
Queste cose mi furono narrate da vecchi degni di fede
e che non avevano ragione di mentire. Del resto ho visto
io stesso ghirlande appese ai rami e io ne ho appese, dicendo:
"Divino sia chi fu caro agli dei e abbia onore chi li onorò"».
Filemone e
Bauci (da una traduzione di Ovidio Publio Nasone)
Da LINK PER
SCARICARE tutte Le Metamorfosi di Ovidio tradotte in italiano – file zippato
Link per
una traduzione con testo Latino a fronte
un’altra
traduzione
Immagine
– Piter Paul Rubens – Filemone e Bauci –
C'era un'unica oca a guardia di quella minuscola cascina,
e loro erano pronti ad immolarla per quegli ospiti divini.
Ma l'oca starnazzando scappa in barba a quei lenti vecchietti,
beffandoli di continuo, finché fu vista rifugiarsi
proprio
accanto agli dei, che proibiscono di ucciderla …
Post inserito il 09/12/2018
bella e ricorda come la mitologia antica somigli alla migliore raccolta di aneddotica popolare per fini educativi.
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