Il 2 dicembre 1968, ad
Avola, in Sicilia, fu organizzato un grande sciopero generale, in sostegno
delle rivendicazioni dei braccianti agricoli: alla fine di quella giornata, due
manifestanti morirono uccisi dalla polizia.
“”Tutto era cominciato dieci giorni prima, quando i braccianti
agricoli aderenti alle tre maggiori organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil)
decisero d’intraprendere una grande azione unitaria. Si
trattava di ottenere un aumento del 10 per cento sulle paghe, ma soprattutto il
riconoscimento di un elementare diritto fino ad oggi negato: la parità di
trattamento salariale tra addetti a uno stesso lavoro in due zone diverse di
una stessa provincia.””
Dopo diversi
giorni di sciopero il 2 dicembre fu indetto lo sciopero generale, e i braccianti
occuparono la statale per Noto fin dalla notte. Nel primo pomeriggio arrivarono
sul posto furgoni e camionette della celere,
al rifiuto dei manifestanti di sgomberare la strada la celere cominciò a lanciare lacrimogeni. Ma
il vento spinse il gas verso gli agenti, mentre i manifestanti iniziarono a
lanciare sui poliziotti e sulla strada i sassi raccolti dai muretti lungo la
strada. A quel punto la polizia cominciò a sparare a ripetizione ad altezza
d’uomo: Giuseppe Scibilia, 47 anni, e Angelo Sigona, 25 anni, furono
uccisi. Altri dieci vennero feriti molto gravemente.
“”Gli hanno sparato poliziotti
di ogni grado, appartenenti al battaglione mobile di Siracusa, con armi diverse: dai mitra corti in dotazione agli agenti,
alle pistole calibro 9, 7.65 e 6.35 in dotazione a sottufficiali, ufficiali e
funzionari di Pubblica Sicurezza. Una parte delle centinaia di bossoli raccolti
poco fa sul campo di battaglia sono in possesso della Federbraccianti.
Qualcuno, il deputato Antonino Piscitello, che si trovava sul posto al momento
dell’eccidio, li ha anche pesati: erano più di due chili. Il piombo delle forze
dell’ordine ha ridotto in fin di vita altri quattro braccianti. Uno di essi,
Giorgio Garofalo, nato ad Avola trentasette anni fa, ha tredici pallottole nel
ventre.””
I bossoli
furono portati il giorno successivo alla Camera dal deputato comunista
siciliano Nino Piscitello.
Per il giorno successivo venne dichiarato uno
sciopero dei braccianti in tutta Italia.
Le organizzazioni sindacali proclamano uno sciopero generale di 6
ore in tutta la Sicilia per il 3 dicembre; nelle altre regioni, invece, gli
operai e i lavoratori sospendono spontaneamente il lavoro per manifestare la
propria rabbia e indignazione.
Numerose manifestazioni di studenti e operai occupano le piazze delle principali città d'Italia: a Milano una manifestazione si conclude con duri scontri tra studenti e la polizia. I cartelli portati dagli operai e dai braccianti nelle manifestazioni di protesta sono amari e indignati: "il sangue e la morte non sfamano i lavoratori", "i contratti non si firmano con il sangue".
Numerose manifestazioni di studenti e operai occupano le piazze delle principali città d'Italia: a Milano una manifestazione si conclude con duri scontri tra studenti e la polizia. I cartelli portati dagli operai e dai braccianti nelle manifestazioni di protesta sono amari e indignati: "il sangue e la morte non sfamano i lavoratori", "i contratti non si firmano con il sangue".
Già la sera del giorno della sparatoria il
Partito Comunista e quello Socialista fecero grandi pressioni sulla DC, tanto
che nella notte il ministro dell’Interno Franco Restivo convocò braccianti e
sindacalisti per firmare un contratto collettivo che accogliesse le loro
richieste. I fatti di Avola generarono proteste e scioperi in tutta Italia, e
portarono in molti a chiedere allo Stato di disarmare la polizia durante le
proteste operaie.
Ma ci saranno di nuovo vittime: nella
contestazione studentesca alla Bussola del 31 dicembre 1968 e nello sciopero
generale di Battipaglia nell’aprile del 1969.
I
fatti accaduti ad Avola contribuirono ad aumentare il disagio sociale che già
si esprimeva nella componente operaia e in quella studentesca. Anche per quello
che accadde ad Avola, il movimento del 1968
in Italia continuò a durare più anni che in Francia.
Stralci da:
DOPO CINQUANTA ANNI
I FAMILIARI CHIEDONO ANCORA LA VERITA’
"Non ce l’ho certo con lo Stato noi
abbiamo sempre avuto fiducia nello Stato, mio figlio è un poliziotto, ma
vorremmo sapere chi è stato, chi ha ucciso mio padre e perchè". Lo
chiede Paola
Scibilia, 59 anni figlia di Giuseppe, una delle due persone uccise il 2
dicembre del 1968, durante uno sciopero generale a sostegno della
vertenza salariale dei braccianti agricoli di Avola, in provincia di
Siracusa.
Quel giorno, la polizia sparò sui
manifestanti. La donna, dal quotidiano "La Stampa", invoca giustizia
per il padre che, quando morì, aveva 47 anni e tre figli da crescere …. Per "i
fatti di Avola" non c'è mai stato un processo, non è mai stato individuato
un colpevole.
Nello Musumeci chiederà a Mattarella di
riaprire i fascicoli
Il presidente
della Regione, Nello Musumeci, scriverà al presidente della Repubblica Sergio
Mattarella per chiedere di riaprire i fascicoli secretati della polizia per
capire cosa accadde veramente quel giorno. L'impegno è stato preso oggi durante
la tavola rotonda. "Sarebbe un modo per risanare la ferita, e per dare un
senso alla vita di quelle persone che con il loro sacrificio contribuirono a
tante conquiste per il mondo del lavoro, compreso lo statuto dei
lavoratori", ha detto il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota.
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Post inserito il 03/12/2018
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