Parigi 18 Marzo 1871 – La Comune

 

Parigi – 18 marzo 1871  - Alle 3 del mattino, prevedendo possibili tumulti,  truppe regolari comandate dal generale  Lecomte avevano occupato  la riva destra della Senna e alcuni distaccamenti salirono la china di Montmartre.

All’alba: «cominciarono a suonare le campane [...] e i tamburi suonarono a raccolta [...] tutte le strade che portavano all'altura si riempirono di una folla fremente. I dimostranti erano in maggioranza donne, ma c'erano anche molti bambini». Anche Louise Michel   «con la carabina sotto il mantello»,corse sulla collina.


https://it.wikipedia.org/wiki/Comune_di_Parigi_(1871)

https://it.wikipedia.org/wiki/Louise_Michel

https://www.lavocedellelotte.it/2017/08/29/louise-michel-la-combattente-della-comune-di-parigi/

Il generale Lecomte ordinò più volte di sparare, ma non venne ubbidito. Un suo sottufficiale, il sergente dell'88º reggimento di linea Galdric Vedaguer , ordinò di abbassare le armi. Soldati e federati fraternizzarono, Lecomte fu arrestato dai suoi stessi soldati e condotto allo Château Rouge.

Nel primo pomeriggio il Comitato centrale (della rivolta)  diede ordine di occupare i municipi, le caserme, gli edifici governativi, e si cominciarono a costruire le barricate. Quando tre battaglioni della guardia nazionale passarono davanti al ministero degli esteri, dove era in corso una riunione di governo, Thiers e i ministri, presi dal panico, abbandonarono precipitosamente Parigi per Versailles, insieme a generali e funzionari.

La Comune di Parigi durò poco più di un paio di mesi e fu soppressa in una settimana sangue dal 21 al 28 maggio 1871.

In quei due mesi si susseguirono una grande quantità di provvedimenti legislativi di ordine sociale, molti solo abbozzati per i contenuti.. La Comune non ebbe però la capacità di affrontare la questione centrale di ordine economico e  finanziario e lasciò intatta e operativa la Banca di Francia che nei fatti continuava a finanziare il Governo di Versailles.

Il 24 marzo, un manifesto del Comitato centrale fissava il già noto programma da realizzare dopo le elezioni: mantenimento delle Repubblica, creazione di un consiglio comunale elettivo, abolizione della prefettura di polizia e dell'esercito permanente, mantenimento dell'ordine affidato alla Guardia nazionale.

L'idea era quella di una nazione di città federate (altre città della Francia erano insorte imitando Parigi; Lione, Marsiglia, Tolosa, Saint-Etienne, Limoges, Narbona) ognuna delle quali amministrata, senza alcuna ingerenza del governo centrale e dell'Assemblea nazionale, da un'assemblea «che si chiamerà municipale o comunale o Comune» nella quale avrebbero operato le varie commissioni per le finanze, il lavoro, l'istruzione, l'ordine pubblico e così via, essendo tutti i membri del consiglio revocabili e dovendo «rendere conto delle loro azioni ed essere completamente responsabili» di fronte alla popolazione.

In un manifesto del Consiglio federale delle sezioni parigine dell'Internazionale e della Camera federale delle associazioni operaie, pubblicato il 23 marzo, si accennava alle riforme sociali che la Comune avrebbe dovuto attuare. Vi si parlava di eliminare «l'antagonismo delle classi» e di assicurare «l'uguaglianza sociale», attraverso «l'organizzazione del credito» e la creazione di associazioni che assicurassero ai lavoratori «il frutto completo del loro lavoro».

Il sistema elettorale fu modificato e dal collegio rionale uninominale si passò al collegio rionale proporzionale. Ogni rione avrebbe espresso i propri delegati in proporzione al numero dei propri abitanti, un delegato ogni 20.000 abitanti o frazioni di più di 10.000.

Le elezioni si svolsero senza incidenti: il 26 marzo, su 485.569 elettori iscritti, votarono 229.167 parigini, quasi 100.000 in meno rispetto alle ultime elezioni del 5 novembre 1870. La differenza dovuta in parte a causa dell'elevata mortalità, in parte per l'esodo dei parigini verso la provincia e in parte per un maggiore astensionismo praticato soprattutto nei quartieri borghesi. 

Il 28 marzo, in place Hôtel de Ville gremita di 200.000 parigini, furono resi noti i nomi degli eletti al Consiglio della Comune. Riguardo alla composizione sociale degli eletti, una trentina erano operai e artigiani, gli altri si dividevano tra professionisti, giornalisti e impiegati. I socialisti, tra blanquisti e proudhoniani, costituivano più della metà del Consiglio, e tra di essi una ventina erano iscritti all'Internazionale. Seguivano una quindicina di giacobini e il resto non aveva una posizione politica definita. Notevole caratteristica era la giovane età dei delegati, in gran parte nati negli anni trenta e quaranta.

Il 29 marzo fu approvato il decreto che aboliva l'esercito permanente e stabiliva l'armamento di tutto il popolo. 

Fu sospesa la vendita degli oggetti impegnati nei Monti di pietà, in attesa di decisioni da prendere sull'attività delle case di pegno, furono prorogate di tre mesi le richieste di sfratto e fu stabilito che gli affittuari - sia di alloggi che di esercizi commerciali e di botteghe artigiane - fossero esentati dal pagamento della pigione per tre trimestri.  Verrà attuata, successivamente  anche la sospensione dei sequestri e la dilazione di tre anni accordata per il rimborso dei debiti e delle cambiali scadute - decretate rispettivamente il 12 e il 16 aprile.

Il 1º aprile fu soppresso il titolo, con le relative funzioni, di comandante in capo delle forze armate,  decisione motivata dalla diffidenza verso chiunque si trovasse a essere il padrone dell'esercito.

 Il 2 aprile fu fissato lo stipendio massimo dei funzionari a 6.000 franchi annui e il compenso dei membri della Comune fu stabilito in 15 franchi al giorno, equivalente a 5.400 franchi annui, pari al salario di un operaio qualificato.

Il 2 aprile fu anche approvato il decreto che abrogava il Concordato napoleonico con la Chiesa del 1801. Fu ribadita la separazione dello Stato dalla chiesa,  e presi provvedimenti per la requisizione di beni appartenenti a congregazioni religiose. Tranne le scuole appartenenti alle congregazioni, la confisca dei beni ecclesiastici non fu però attuata.

L'8 aprile fu decretata l'erogazione di una pensione a tutti i feriti, e il 10 aprile agli orfani e alle vedove delle Guardie nazionali cadute in combattimento, senza fare distinzioni tra mogli legittime o «illegittime» e tra figli legittimi o naturali.

Il 12 aprile fu decretata la demolizione della colonna Vendòme,  in quanto «un monumento di barbarie, un simbolo di forza bruta e di falsa gloria, un'affermazione del militarismo, una negazione del diritto internazionale, un insulto permanente dei vincitori ai vinti, un attentato perpetuo a uno dei tre grandi principi della Repubblica francese, la Fraternità ». L'abbattimento della colonna era stato proposto dal pittore Gustave Courbet.  Il pomeriggio del 16 maggio la colonna venne abbattuta.

https://it.wikipedia.org/wiki/Colonna_Vend%C3%B4me

Il 14 aprile fu decretato il divieto di arresto arbitrario e il 18 aprile fu stabilito l'obbligo, in caso di arresto, di redigere un processo-verbale.  Il 22 aprile fu approvato il decreto che stabiliva tribunali eguali per tutti, eleggibilità dei giudici, istituzione della corte dei giurati - formata solo da membri della Guardia nazionale - funzione del pubblico ministero affidata al procuratore della Comune e libertà di difesa.

Il 16 aprile fu approvato il progetto sulle officine inattive. Si affermava che in seguito della «vile fuga» di alcuni proprietari di officine, erano cessate molte attività necessarie alla vita della Comune con una grave «minaccia alle risorse vitali degli operai». Si dava mandato ai sindacati di individuare, attraverso una commissione d'inchiesta, le officine inattive, di assegnarle a cooperative di operai e di costituire un tribunale arbitrale che definisse la misura degli indennizzi ai proprietari.  

Il 20 aprile la Commissione esecutiva proibì il lavoro notturno dei fornai, fissandone l'applicazione al 27 aprile. La protesta dei proprietari dei forni provocò una nuova riunione della Commissione che reiterò il decreto, fissandone l'entrata in vigore al 3 maggio.

Pur commentando favorevolmente il decreto, il giornale Le Prolétaire rimproverò al Consiglio di non comprendere tutti i lavoratori «in una serie di riforme fondamentali, quali il massimo delle ore lavorative e il minimo salariale».In effetti Leó Frankel propose due volte l'istituzione della giornata lavorativa di otto ore, ma le proposte non vennero accolte. In compenso, il 27 aprile vennero soppresse per decreto le multe e le trattenute sui salari operai, in quanto «diminuzione mascherata dei salari [...] spesso imposte con pretesti futili», e fu imposta la restituzione delle multe inflitte dal 18 marzo.

 Il 23 aprile l'unione dei meccanici e l'associazione dei metallurgici invitarono le altre corporazioni operaie a nominare propri delegati alla commissione d'inchiesta, mentre davano ai propri delegati il mandato di agire per «porre fine allo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo» e per «organizzare il lavoro mediante associazioni che posseggono collettivamente un capitale inalienabile».

Il 23 aprile fu soppressa la venalità degli uffici, stabilendo che gli ufficiali giudiziari, i notai, i periti e i cancellieri di tribunale ricevessero unicamente uno stipendio fisso. Essi avrebbero dovuto versare ogni mese alle finanze le somme recuperate in seguito all'esecuzione degli atti, senza più trattenersi, come avveniva nella vecchia magistratura, una percentuale sulle somme esatte, fonte, questa, di possibili malversazioni.

Alla fine di aprile fu stabilita la requisizione degli alloggi rimasti vuoti per assegnarli alle famiglie le cui abitazioni erano state danneggiate dai bombardamenti delle truppe di Thiers.

Il 4 maggio fu abolito il giuramento politico dei funzionari e il 19 maggio fu stabilita la corte marziale per funzionari e fornitori accusati di corruzione e concussione, prevedendo la pena di morte per i colpevoli.

Il 10 maggio fu stabilito l'arresto per «le donne di dubbi costumi che esercitino il loro vergognoso mestiere sulla pubblica via» e il 18 maggio fu decretata la chiusura di tutte le case di tolleranza. Il Tribun du Peuple commentò ironicamente che era «tempo che i versagliesi entrino a Parigi e ristabiliscano l'ordine morale, imperiale e borghese sempre più compromesso». In effetti, alla caduta della Comune furono subito riaperte le case di tolleranza.

 La Società per una nuova educazione aveva richiesto alla Comune la separazione della scuola dalla Chiesa - nessuna istruzione religiosa e nessun oggetto di culto negli edifici scolastici - e l'istruzione obbligatoria, gratuita e impostata su basi scientifiche. La Comune si era dichiarata d'accordo e dal 21 aprile la Commissione istruzione si occupò del problema.

Il 19 maggio fu emanato il decreto sulla laicità della scuola. Il 21 maggio furono raddoppiati gli stipendi dei maestri e a questi furono parificate le retribuzioni delle maestre.

Furono istituiti due nuovi istituti professionali, laicizzate tre scuole dirette da congregazioni religiose e fornito gratuitamente materiale scolastico.

Maggiori dettagli sui provvedimenti su

https://it.wikipedia.org/wiki/Comune_di_Parigi_(1871)

 

LA COMUNE RESTA TIMIDA  DINANZI LA BANCA DI FRANCIA

L'amministrazione della città fu particolarmente scrupolosa. È noto il bilancio dei conti del periodo 20 marzo - 30 aprile: a fronte di 26.013.916 franchi di entrate derivanti dalle imposte dirette e indirette, furono spesi 25.138.089 franchi, venti milioni dei quali andarono al bilancio della Commissione militare. Il soldo delle guardie nazionali rappresentava infatti la sola risorsa per loro e per le loro famiglie, complessivamente circa mezzo milione di cittadini.

La maggiore fonte di entrata, circa 13 milioni di franchi, derivava dall'imposta comunale sui beni di consumo, che continuò così a gravare sui ceti più poveri. Non furono imposte tasse o contributi straordinari sui redditi delle classi abbienti. La riforma fiscale, pur rientrando nei programmi della Comune, non fu attuata, sia per mancanza di tempo, sia per l'obbiettiva difficoltà di operare in una situazione di guerra, sia per la mancata disponibilità di somme di riserva.

A questo scopo sarebbe stato necessario assumere il controllo della Banca di Francia  ma il Consiglio della Comune rifiutò decisamente di prendere una tale iniziativa: «tutte le insurrezioni serie si sono impadronite sin dall'inizio del nerbo del nemico, la cassa. La Comune è la sola che si sia rifiutata di farlo. Essa abolì il bilancio del ministero dei culti, che si trovava a Versailles, e rimase in estasi davanti alla cassa dell'alta borghesia che aveva in mano». Il controllo della Banca avrebbe avuto una particolare importanza sia economica che politica, perché avrebbe anche rappresentato un ostaggio che avrebbe fatto esitare Versailles a lanciarsi alla conquista di Parigi.

Delegato della Comune alla Banca di Francia fu il proudhoniano Charles Beslay , che intrattenne ottimi rapporti con il vice-governatore Alexandre de Ploeuc, sostituto del governatore Gustave Rouland, rifugiato a Versailles. La tattica di Ploeuc, che seguiva le istruzioni di Thiers, consistette nel non opporsi alle richieste di prestiti della Comune, ma ritardandoli e frazionandoli. In totale, furono concessi alla Comune 20.240.000 franchi, a fronte dei 257.637.000 franchi concessi nello stesso periodo al governo di Versailles e destinati alla lotta contro la stessa Comune.

Il delegato della Comune presso la Banca di Francia

https://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Beslay

LA REPRESSIONE DELLA COMUNE DI PARIGI FU UN MASSACRO SENZA PRECEDENTI

Non esiste un calcolo preciso delle vittime della repressione. Le cifre ufficiali del governo ne sottostimarono il numero a 17.000; diversi osservatori storici arrivarono a stime che vanno tra i 25mila e i 35mila morti. 

Nel solo giorno  29 maggio, mentre nei giardini del Luxembourg e nella prigione della Roquette si continuava a fucilare, nella caserma Lobau le mitragliatrici uccisero altri 3.000 parigini: i cadaveri furono scaricati nella square Saint-Jacques, dove una parte venne sommariamente sepolta, un'altra parte bruciata.

Gran parte delle notizie storiche qui riportate fanno riferimento a

https://it.wikipedia.org/wiki/Comune_di_Parigi_(1871)

Immagine la foto d'epoca della Colonna Vendòme abbattuta (da wikipedia)

post inserito il 17/03/2021

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