Il Papa e il dialetto

Un paio di frasi del Papa pronunciate il 7 Gennaio 2018 – nella Cappella Sistina durante la cerimonia del battesimo -  e qualche considerazione. 


«Io voglio dirvi una cosa soltanto, che tocca a voi: la trasmissione della fede può farsi soltanto in dialetto. Nel dialetto della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna». «Poi verranno i catechisti a sviluppare questa prima trasmissione, con le idee, con le spiegazioni. Ma non dimenticatevi questo: la fede si “passa” ai figli in dialetto, e se manca il dialetto, se a casa non si parla fra i genitori quella lingua dell’amore, la trasmissione non è tanto facile, non si potrà fare. Non dimenticatevi: il vostro cuore è trasmettere la fede, ma farlo con l’amore della casa vostra, della famiglia».

 Non intendo qui commentare le frasi del Papa, dette durante una particolare liturgia, voglio solo fare una considerazione sul problema del linguaggio.  
 All’uomo-moderno della nostra epoca necessitano due lingue: una lingua per viaggiare nel mondo e farsi capire in ogni porto d’approdo da più esseri umani, ed attualmente è l’inglese; ed una lingua pensiero, che ben padroneggia, con la quale ha ottenuto gli strumenti culturali e di studio, che è quella della nazione in cui vive e per chi vive in Italia è l’italiano.   
 In questo processo di bilinguismo generale e mondiale, il dialetto  sembra un ostacolo,  qualcosa da superare velocemente e da dimenticare. Ma ogni parola che arriva nella mente dell’uomo è fatta di suoni che provengono dall’animo umano e se la memoria ci ricorda qualcosa e solo attraverso la consapevolezza della parola che possiamo fare un passo successivo. Avere la conoscenza di un dialetto o di parte di esso,  non è un impoverimento  ma anzi un arricchimento espressivo.
 Si potrebbe dire che oggi per l’uomo-moderno la situazione ottimale è quella di possedere almeno tre lingue: una per parlare con il mondo, una per pensare e studiare, e una per ricordare sensazioni e affetti (che può ben essere il dialetto).
?Possiamo considerare gli inglesi fortunati perché possono fare una fatica in meno oppure possiamo considerarli sfortunati perché la mancanza di una spinta verso tre lingue li rende più poveri di parole?
Francesco Zaffuto
Immagine – la Cappella Sistina – Roma

Post inserito l’08/01/2018
Altri post di Arpa eolica della sezione fatti e pensieri 


Per i post recenti o in evidenza di Arpa eolica vai all’Home page

2 commenti:

  1. Il dialetto è cosa intima e quindi preziosa, che varia da rione a rione e a cui ogni famiglia aggiunge poi qualcosa di suo, quasi fosse un codice che unisce ed esclude ogni straniero.
    Il dialetto, nella mia città, non risuona quasi più ma ricordo il parlottare a bassa voce dei miei genitori che se lo scambiavano e che a me pareva una forma di misterioso legame da cui noi bambini eravamo esclusi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io ricordo gli anni 50 in Sicilia, allora la presenza del siciliano era molto forte; ricordo le varie intonature da una città a l'altra e tra un paese ed un altro. Alla fine degli anni sessanta cominciò rapidamente ad eclissarsi.

      Elimina

Post aperto a dibattito, si possono inserire commenti immediatamente ed automaticamente – i curatori di arpa eolica si riservano di cancellare rettifiche e commenti che possano contenere offese a terzi o appelli alla violenza. Grazie per i commenti che andate ad inserire.