La matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
Quando il Ripa fu ben lontano dissi: “Come è possibile io ti vedo qui davanti a me
e il mio ispettore alla stessa distanza non ti vede?”
“Perché è un cazzone. I
cazzoni ci vedono di meno e per tanti di loro io non esisto”.
Pensai per un attimo che forse il Ripa non
avesse dato nessuna importanza alla
presenza di quel barbone, ma cozzava con l’evidenza dei fatti: eravamo scesi tutti e due per cercare un
barbone.
“Allora sei stato tu
che hai scassato la cassetta delle elemosine e rubato i soldi che ci stavano
dentro?” Dissi rientrando nel ruolo di commissario e dandomi coraggio di fronte
a qualcosa che mi aveva completamente spiazzato.
“Non ho rubato. Ho solo
preso dopo aver chiesto il permesso.”
“A chi hai chiesto il
permesso?”
“A Cristo. A chi dovevo
chiedere? Il titolare mi pare che è lui in quella chiesa. Mi sono messo in
ginocchio con la mia disperazione, e lui ha suggerito che potevo servirmi della
cassetta delle elemosine”.
“Suggerito in che
senso?” Chiesi io che ormai stavo
cominciando a credere a qualsiasi evento straordinario.
“In quel modo … quando
ti arriva in testa qualcosa e sai che è giusta da fare. Capisci bene che viene
da lontano … da lui … e poi in quel momento era pure vicino.”
“Abbiamo capito, te lo
ha detto la tua testa”; dissi questa volta quasi arrabbiandomi.
“Ah … ma lei è il
commissario, quello del salame. Quella persona che è stato capace di
arrabbiarsi per difendermi da quelli che mi avevano ammanettato. Che piacere
commissario di rivederla.” Capii che io lo avevo riconosciuto, mentre lui mi
aveva riconosciuto solo in quel momento.
“Ora capisco … perché
lei mi vede. Perché lei è una brava
persona. Sarà per questo. Senta, io
ancora non ho neanche visto quanti soldi mi sono messo in tasca.”
Cominciò a rovistare, a tirar fuori, contare e
ricontare, e poi dividendo una metà delle banconote in una mano e l’altra metà
nell’altra disse:
“Questa metà mi basta,
e questa la può riportare al prete.”
Fu la volta che andai su tutte le furie, non
ci poteva essere nessun elemento sovrannaturale a trattenermi:
“Ma che cazzo dici, io
vado dal prete, gli porto la metà dei soldi che mi ha restituito un uomo
invisibile, e magari scrivo un verbale dicendo che sono un matto da essere
immediatamente trasferito al manicomio più vicino”.
“Scusa, non volevo. E
allora li tengo.”
“Tienili, visto che
Cristo ti ha dato il permesso e che ti facciano buona salute. Ma in questa
storia io ci voglio capire chiaro. Non posso uscire pazzo. Io domai vengo
qua, e se sei galantuomo, ti fai trovare in questo posto, alle 10 del
mattino, alla luce del sole, e senza fare scherzi.”
Volevo scappare e stavo scappando da qualcosa
che non capivo e nel contempo chiedevo impegni a quella cosa che non capivo.
Mise in tasca tutta la sua refurtiva e poi
disse:
“Commissario, io
cercherò di esserci ma non posso assicurarglielo, lei vuole capire qualcosa di
me, ed anch’io vorrei capire qualcosa di me. Ma c’è una differenza tra me e
lei: lei pensa di avere capito qualcosa di questo mondo, io no.” Lo disse con
un sorriso di commiserazione che mi indispettì, girai i tacchi per fuggire, mi
allontanai pochi passi da lui mi girai di nuovo per osservarlo per l’ultima
volta, non c’era più, come dileguato.
Forse era ancora là, ma io non lo vedevo, ebbi
paura quella sera, anche se la figura del Mazzetti non mi poteva mettere paura
e quasi mi spingeva ad una stranissima solidarietà.
Il giorno dopo, mi recai in quel tratto del
fiume Tevere insieme al Tumiati, ma non c’era nessuno. Non raccontai al Tumiati tutto quello ch’era
accaduto, la sera prima , ma lo
incaricai di fare delle ricerche sul nome di Mazzetti Franco.
L’esame della cassetta delle elemosine non
diede alcun riscontro, erano così tante le
impronte di fedeli che non era il caso di approfondire, fu restituita al
prete che non volle fare denuncia per il furto.
“Capirà … si tratta di un evento con un carattere
troppo straordinario, l’agire dell’invisibile: può essere un segno divino o un
segno demoniaco. In entrambi varrà l’interpretazione mondana di prendermi per
matto.” “Capisco”, dissi io.
Lui, giorni dopo, si rivolse ai parrocchiani dicendo che aveva
perdonato per invito di Cristo e piovvero offerte più abbondanti di quelle
rubate dal Mazzetti.
Dopo qualche settimana il Tumiati mi portò il
risultato della sua ricerca:
“Di quell’uomo si sa ben poco. Era un
ingegnere del trevisano che aveva messo su una piccola azienda di componenti
elettronici con 20 dipendenti; poi la
sua azienda ebbe delle grosse difficoltà economiche, evitò il fallimento e pagò
tutti i suoi debiti. Non riuscì a
trovare un lavoro nella sua zona e sette anni fa partì e non se ne è saputo più
nulla, e non c’è stato nessuno che l’abbia cercato. Proprio nessuno.”
Copyright © Francesco Zaffuto
post inserito il 14/01/2018
Accattivante, bello. A domenica prossima?
RispondiEliminaGrazie - ciao
EliminaJo espero.
RispondiEliminaCri