La matassa di spago - 9° puntata


La matassa di spago

Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto

Copyright  © Francesco Zaffuto



9° puntata
 Quando il Ripa fu ben lontano dissi:  “Come è possibile io ti vedo qui davanti a me e il mio ispettore alla stessa distanza non ti vede?”
“Perché è un cazzone. I cazzoni ci vedono di meno e per tanti di loro io non esisto”.
 Pensai per un attimo che forse il Ripa non avesse  dato nessuna importanza alla presenza di quel barbone, ma cozzava con l’evidenza dei fatti:  eravamo scesi tutti e due per cercare un barbone.
“Allora sei stato tu che hai scassato la cassetta delle elemosine e rubato i soldi che ci stavano dentro?” Dissi rientrando nel ruolo di commissario e dandomi coraggio di fronte a qualcosa che mi aveva completamente spiazzato.
“Non ho rubato. Ho solo preso dopo aver chiesto il permesso.”
“A chi hai chiesto il permesso?”
“A Cristo. A chi dovevo chiedere? Il titolare mi pare che è lui in quella chiesa. Mi sono messo in ginocchio con la mia disperazione, e lui ha suggerito che potevo servirmi della cassetta delle elemosine”.
“Suggerito in che senso?” Chiesi io che ormai  stavo cominciando a credere a qualsiasi evento straordinario.
“In quel modo … quando ti arriva in testa qualcosa e sai che è giusta da fare. Capisci bene che viene da lontano … da lui … e poi in quel momento era pure vicino.”
“Abbiamo capito, te lo ha detto la tua testa”; dissi questa volta quasi arrabbiandomi.
“Ah … ma lei è il commissario, quello del salame. Quella persona che è stato capace di arrabbiarsi per difendermi da quelli che mi avevano ammanettato. Che piacere commissario di rivederla.” Capii che io lo avevo riconosciuto, mentre lui mi aveva riconosciuto solo in quel momento.
“Ora capisco … perché lei mi vede. Perché lei  è una brava persona. Sarà per questo.  Senta, io ancora non ho neanche visto quanti soldi mi sono messo in tasca.”
 Cominciò a rovistare, a tirar fuori, contare e ricontare, e poi dividendo una metà delle banconote in una mano e l’altra metà nell’altra disse:
“Questa metà mi basta, e questa la può riportare al prete.”
 Fu la volta che andai su tutte le furie, non ci poteva essere nessun elemento sovrannaturale a trattenermi:
“Ma che cazzo dici, io vado dal prete, gli porto la metà dei soldi che mi ha restituito un uomo invisibile, e magari scrivo un verbale dicendo che sono un matto da essere immediatamente trasferito al manicomio più vicino”.
“Scusa, non volevo. E allora li tengo.”
“Tienili, visto che Cristo ti ha dato il permesso e che ti facciano buona salute. Ma in questa storia io ci voglio capire chiaro. Non posso uscire pazzo. Io domai vengo qua,  e se sei galantuomo,  ti fai trovare in questo posto, alle 10 del mattino, alla luce del sole, e senza fare scherzi.” 
 Volevo scappare e stavo scappando da qualcosa che non capivo e nel contempo chiedevo impegni a quella cosa che non capivo.
 Mise in tasca tutta la sua refurtiva e poi disse:
“Commissario, io cercherò di esserci ma non posso assicurarglielo, lei vuole capire qualcosa di me, ed anch’io vorrei capire qualcosa di me. Ma c’è una differenza tra me e lei: lei pensa di avere capito qualcosa di questo mondo, io no.” Lo disse con un sorriso di commiserazione che mi indispettì, girai i tacchi per fuggire, mi allontanai pochi passi da lui mi girai di nuovo per osservarlo per l’ultima volta, non c’era più, come dileguato.
 Forse era ancora là, ma io non lo vedevo, ebbi paura quella sera, anche se la figura del Mazzetti non mi poteva mettere paura e quasi mi spingeva ad una stranissima solidarietà.

 Il giorno dopo, mi recai in quel tratto del fiume Tevere insieme al Tumiati, ma non c’era nessuno.  Non raccontai al Tumiati tutto quello ch’era accaduto,  la sera prima , ma lo incaricai di fare delle ricerche sul nome di Mazzetti Franco.
  L’esame della cassetta delle elemosine non diede alcun riscontro, erano così tante le  impronte di fedeli che non era il caso di approfondire, fu restituita al prete che non volle fare denuncia per il furto. 
 “Capirà … si tratta di un evento con un carattere troppo straordinario, l’agire dell’invisibile: può essere un segno divino o un segno demoniaco. In entrambi varrà l’interpretazione mondana di prendermi per matto.”  “Capisco”, dissi io.
 Lui, giorni dopo,  si rivolse ai parrocchiani dicendo che aveva perdonato per invito di Cristo e piovvero offerte più abbondanti di quelle rubate dal Mazzetti.

 Dopo qualche settimana il Tumiati mi portò il risultato della sua ricerca:
 “Di quell’uomo si sa ben poco. Era un ingegnere del trevisano che aveva messo su una piccola azienda di componenti elettronici con 20 dipendenti;  poi la sua azienda ebbe delle grosse difficoltà economiche, evitò il fallimento e pagò tutti i suoi debiti.  Non riuscì a trovare un lavoro nella sua zona e sette anni fa partì e non se ne è saputo più nulla, e non c’è stato nessuno che l’abbia cercato. Proprio nessuno.”

Copyright  © Francesco Zaffuto



post inserito il  14/01/2018


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