170 anni fa
Il mitico 1848, che incendierà l’Europa, inizia a Milano. Il1 gennaio
1848, la parola d' ordine dei liberali e dei patrioti, ormai insofferenti del
governo austriaco, diventa LO SCIOPERO DEL FUMO per danneggiare il monopolio austriaco.
Danno considerevole perché a quel tempo quasi tutti gli uomini e molte signore
fumavano accanitamente. La rivolta pacifica viene repressa e il tre gennaio si
arriva al luttuoso bilancio di 5 morti e 54 feriti
“…. Il 1° gennaio i pochi cittadini male informati che
passeggiavano a Capodanno fumando tranquillamente si videro perciò strappare
senza complimenti ma patriotticamente il sigaro dalle labbra da distinti
sconosciuti. Il 2 gennaio la scena si ripete.
La polizia e i compassati
militari decisero allora di reagire con la stessa muta leggerezza dei
provocatori: ostentando il fumo. E
cominciarono i primi battibecchi tra spintoni e insolenze verbali, finché il
maresciallo Radetzky, governatore militare di Milano, decise di intervenire
ordinando ai militari di rientrare in caserma.
Ai
patrioti milanesi parve una vittoria, ma si sbagliavano. 3 gennaio 1848, le 4
del pomeriggio: le strade di Milano sono invase da centinaia di soldati della
guarnigione. Nelle caserme erano stati distribuiti trentamila sigari
contravvenendo anche a una ordinanza di Radetzky che da tempo vietava ai
militari di fumare per strada. Ma non era più il caso di salvare le forme.
Secondo il racconto che del drammatico ' 48 milanese farà Carlo Cattaneo, quel
giorno lo Stato Maggiore aveva dato ai soldati non soltanto sigari in
abbondanza, ma "quanto denaro bastasse ad ubriacarli, mandandoli ad
attaccar briga in città". E i soldati, fumando e provocando i cittadini,
non si fecero pregare. Ecco il rapporto di un funzionario del Comune che fu
testimone oculare degli incidenti: "Poco dopo le 4,30, si videro molti
soldati d' ogni arma radunati sulla nuova piazza del tempio di S. Carlo, ed
altri all' imboccatura della contrada del Durino. Ad un tratto, due sergenti
staccatisi dai due gruppi rispettivi si fecero un segnale, ed i militari
sguainata chi la sciabola, chi lo squadrone, chi la baionetta, si posero a far
man bassa sull' inerme popolazione colta alla sprovvista". Per accentuare
la violenza, i soldati, dirà Cattaneo, "evitando i giovani, ferivano e
uccidevano vecchi e fanciulli". Infatti, tra i sei morti vi furono un
bimbo di 4 anni e un vecchio di 74. Secondo i rilievi dei medici la maggior
parte dei feriti erano stati colpiti alla testa e alle braccia "che le vittime
per istinto alzarono a difesa del capo". Moltissimi gli arrestati. L'
ordine tornava a Milano. Il 18 gennaio Radetzky scriveva alla figlia
Friederike: "Dal giorno 3, quando i nostri soldati, sia in servizio che in
libera uscita, dettero così opportuna prova di bravura con il tintinnare delle
loro sciabole, nell' intera città regna la calma. Almeno apparente...". Ed
era apparente perché tra i sigari in sciopero maturava ben altro. “
Sopra riportato un estratto da un articolo di
Lucio Villari da
Prosegue un altro
contributo storico da internet su quei giorni – Lo sciopero proseguì senza
complicazioni per due giorni, ma il 3 gennaio un decreto imperiale minacciò
gravi punizioni per i cittadini che avessero proibito ad alcuno di fumare,
ignorando quasi del tutto le proteste del podestà Gabrio Casati. Lo stesso
giorno fu distribuito ai soldati austriaci un falso volantino che riportava
ingiurie contro le truppe austro-tedesche dedite all’alcool ed al fumo. Nel
pomeriggio i soldati lasciati volontariamente in libertà e con l’appoggio di
agenti provocatori, si abbandonarono ad atti di violenza ingiustificati contro
i civili causando scontri che diventarono gravi la sera del 3 gennaio: molti
cittadini furono aggrediti a sciabolate e nella confusione sono colpite anche
persone estranee, con il luttuoso bilancio di
5 morti e 54 feriti. Nel corso degli scontri venne anche fermato e
minacciato dalla polizia il podestà Casati [Casati C, 1885]. La conseguenza di
questi disordini fu: rigoroso divieto di portare coccarde tricolori, di
manifestare a favore di Pio IX, e continui proclami, prima di avvertimento poi
sempre più minacciosi del viceré Ranieri. Questi episodi di violenza
suscitarono terrore e odio nei milanesi verso il governo austriaco e aumentò le
forti tensioni represse a cui il popolo avrebbe dato sfogo di lì a poco con le
cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848). Dopo la violenta strage del 3
gennaio, a Milano regnava una calma sepolcrale per paura di nuove repressioni.
I milanesi si astennero dalla vita pubblica rifiutandosi di andare a teatro o a
balli di gala, ogni rapporto con gli austriaci fu interrotto, poiché i
tentativi di protesta da parte del podestà erano stati del tutto inutili.
L’episodio avvenuto a Milano ebbe ripercussioni: a Pavia nei giorni 8 e 9
gennaio gli studenti scatenarono una rissa con alcuni poliziotti che fumavano
sotto i portici dell’università, col risultato di due morti. La notizia del
drammatico epilogo dello sciopero del fumo di Milano si diffuse rapidamente
anche in tutta l’Italia e sollevò proteste, manifestazioni di cordoglio e di
solidarietà coi lombardi e di esecrazione per l’Austria. L’insurrezione di
Milano, insieme alla creazione della Repubblica a Venezia, l’intervento di
Carlo Alberto, la palese crisi dell’impero asburgico, crearono in tutti gli
Stati italiani nel 1848 una situazione di generale entusiasmo patriottico, di
cui la singolare protesta del fumo fu un civilissimo anticipo.
Immagine da internet http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2013/07/29/sciopero-del-fumo-e-del-lotto-a-milano-come-nel-1848/17864/
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inserito il 03/01/2018
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