Un giorno dopo l’altro: le zucche mostruosizzate di
Halloween, poi tutti i santi della Chiesa; e alla fine i nostri morti.
In Sicilia la
festa assume colori e sapori del tutto particolari; qui un intervento sulla
tradizione siciliana di Ivo Tiberio Ginevra
La “festa dei morti”
Noi in Sicilia abbiamo “i morti”.
Mi spiego meglio.
È una vecchissima tradizione dove la notte dell’uno novembre i morti, cioè le anime dei parenti defunti, fanno trovare al risveglio dei bambini, dolci (la frutta di martorana – marzapane), la pupaccena (una statuetta di zucchero solidificato con l’interno cavo a forma di pupo siciliano) dei biscotti secchi (detti ossa di morto) ed un regalo di poco conto (a me regalarono un fucile con i tappi). Poi si va al cimitero e quel cordone ombelicare che lega la famiglia, sebbene reciso dalla morte fisica, vive e si tramanda nelle generazioni.
Quella dei morti è una festa pagana tipica della nostra tradizione. L’origine che si perde nella notte dei tempi è sicuramente tribale e anticamente consisteva nell’offerta simbolica di alimenti di forma umana da parte dei defunti con l’intento di tramandare nei vivi la loro forza e il loro ricordo (riti ancora in vigore in qualche tribù dell’Indonesia e dell’Africa).
La tradizione si è anche rafforzata nel tempo con l’usanza del pranzo offerto dai vicini di casa del defunto ai familiari che avevano subito la perdita del parente, dato che non avevano potuto provvedere ai loro bisogni alimentari.
Questa tradizione grazie ad Halloween rischia ora di scomparire, infatti, i mercati rionali che in questo periodo erano invasi di luci, colori sgargianti, sapori, odori e luccichii di giocattoli stanno per essere soppiantati da una marea di colori neri, lugubri e porcherie di plastica fatti da teschi, pipistrelli e costumi da streghe d’indubbio gusto.
Grazie anche al bombardamento mediatico i nostri bambini al posto della frutta di martorana, adesso vogliono un zucca di plastica. Vogliono un tetro abito nero ed un trucco sanguinolento come se fossimo a carnevale, e in definitiva non vanno più al cimitero a rendere un omaggio ai morti facendo scomparire una buona tradizione.
Anche la scuola e soprattutto quella materna ed elementare, grazie ad un personale poco attento contribuisce molto a soppiantare questa educativa tradizione tipicamente nostra.
La festa dell’attesa del regalo col giorno del ricordo si sta velocemente trasformando in una pacchianata americaneggiante, non sentita, inutile, diseducativa, stupida e soprattutto estranea alla nostra cultura, oramai tesa alla globalizzazione, all’appiattimento del tutto, ed a scimmiottare malamente lo sterile modello americano.
Mi fanno pena i nostri figli che crescendo non avranno come me il ricordo del sorriso mio nonno che nella mattina della festa, regalandomi la frutta di martorana, il pupo di zucchero, ed il fucile di latta mi diceva: “questi te li ha portati la nonna che non c’è più e ti pensa sempre”. Poi andavamo a portarle un fiore al cimitero.
Tenetevi pure Halloween.
Ivo Tiberio Ginevra (scritto il 01/11/10)
Mi spiego meglio.
È una vecchissima tradizione dove la notte dell’uno novembre i morti, cioè le anime dei parenti defunti, fanno trovare al risveglio dei bambini, dolci (la frutta di martorana – marzapane), la pupaccena (una statuetta di zucchero solidificato con l’interno cavo a forma di pupo siciliano) dei biscotti secchi (detti ossa di morto) ed un regalo di poco conto (a me regalarono un fucile con i tappi). Poi si va al cimitero e quel cordone ombelicare che lega la famiglia, sebbene reciso dalla morte fisica, vive e si tramanda nelle generazioni.
Quella dei morti è una festa pagana tipica della nostra tradizione. L’origine che si perde nella notte dei tempi è sicuramente tribale e anticamente consisteva nell’offerta simbolica di alimenti di forma umana da parte dei defunti con l’intento di tramandare nei vivi la loro forza e il loro ricordo (riti ancora in vigore in qualche tribù dell’Indonesia e dell’Africa).
La tradizione si è anche rafforzata nel tempo con l’usanza del pranzo offerto dai vicini di casa del defunto ai familiari che avevano subito la perdita del parente, dato che non avevano potuto provvedere ai loro bisogni alimentari.
Questa tradizione grazie ad Halloween rischia ora di scomparire, infatti, i mercati rionali che in questo periodo erano invasi di luci, colori sgargianti, sapori, odori e luccichii di giocattoli stanno per essere soppiantati da una marea di colori neri, lugubri e porcherie di plastica fatti da teschi, pipistrelli e costumi da streghe d’indubbio gusto.
Grazie anche al bombardamento mediatico i nostri bambini al posto della frutta di martorana, adesso vogliono un zucca di plastica. Vogliono un tetro abito nero ed un trucco sanguinolento come se fossimo a carnevale, e in definitiva non vanno più al cimitero a rendere un omaggio ai morti facendo scomparire una buona tradizione.
Anche la scuola e soprattutto quella materna ed elementare, grazie ad un personale poco attento contribuisce molto a soppiantare questa educativa tradizione tipicamente nostra.
La festa dell’attesa del regalo col giorno del ricordo si sta velocemente trasformando in una pacchianata americaneggiante, non sentita, inutile, diseducativa, stupida e soprattutto estranea alla nostra cultura, oramai tesa alla globalizzazione, all’appiattimento del tutto, ed a scimmiottare malamente lo sterile modello americano.
Mi fanno pena i nostri figli che crescendo non avranno come me il ricordo del sorriso mio nonno che nella mattina della festa, regalandomi la frutta di martorana, il pupo di zucchero, ed il fucile di latta mi diceva: “questi te li ha portati la nonna che non c’è più e ti pensa sempre”. Poi andavamo a portarle un fiore al cimitero.
Tenetevi pure Halloween.
Ivo Tiberio Ginevra (scritto il 01/11/10)
post
inserito su Arpa eolica il 30/10/2016 e riproposto oggi 29/10/2018
Da noi questa tradizione non c'era, però si mangiavano le castagne e si diceva il rosario per i morti. Mia nonna li nominava uno a uno e alla fine diceva un requiem "per il primo che lo acchiappa". Ora non si prega più.
RispondiEliminaIl consumismo non ha cuore e si sa che guarda solo al profitto e di quel che distrugge non si cura ma il cuore dovremmo averlo noi, un cuore per conservare quel che conta e che produce bene.
RispondiEliminaNella mia città si "festeggiavano" i morti con qualche dolcetto e tante preghiere in chiesa, con funzioni che erano troppo lunghe per noi bambini ma che ci riunivano e ci abituavano a quel mistero di cui niente sapevamo e avremmo saputo.
Ho scritto all'imperfetto perchè tutto questo non esiste più... la funzione c'è sempre ma vede poche persone e questa mancanza di coralità insegna ai bambini che si può scegliere... e che ricordare diventa una scelta come un'altra.
Le feste americane hanno portato una falsa allegria che noi abbiamo accettato passivamente. Ahimè.
Ciao.
In qualche modo perdiamo la memoria, e non è una buona cosa.
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