"Ragazze del Friuli" romanzo di Antonio
Russello
edizioni Santi Quaranta
Presentato il 25 Maggio 2013 ore 18,00 – FAVARA (Ag) presso il Castello Chiaramonte. Intervenuti:- Rosario Manganella, Sindaco di Favara - Gaspare Agnello, studioso di Antonio Russello - Antonio Liotta, editore Medinova
Ferruccio Mazzariol ci riprova e per la decima volta, in circa
dieci anni, manda in libreria Antonio Russello, con l’inedito “Ragazze del
Friuli” che l’autore aveva scritto nel 1982.
L’opera narrativa di Russello è profondamente autobiografica e i
primi suoi titoli si rifanno al luogo di nascita. “Il tempo di ‘Le terre
dello zio Santo’, scrive Russello, di ‘La luna si mangia i morti’, di ‘Il
vento e le radici’, si può dire che sia lo stesso tempo dell’infanzia trascorsa
al paese nativo di Favara, nell’agrigentino, con puntate in avanti o meno, ed
esso vi coesiste e vi traspare, e nei tre romanzi si snoda l’epoca pressappoco
dal 1928 al 1945. Ma c’è un ritorno degli stessi argomenti o stessa atmosfera”.
E poi, continua Russello, “
Con un passo all’indietro, ritornando all’anno 1945, esso stabilisce il punto
di partenza o di ‘fuga’ dell’autore dalla Sicilia nell’occasione di un suo
richiamo a completare il servizio militare da ufficiale di complemento, nel
Friuli, all’estremo confine d’Italia. Nasce qui il ciclo dei romanzi che
inaugurano la tematica della letteratura dell’esilio o del confine e vi è
connessa anche la tematica dell’amore, per esser questa una stagione
felice-angosciosa della giovinezza che trova il suo compimento nella trepida
attesa d’incontri femminili e di ragioni sconosciute che destano meraviglia e
stupore della scoperta peraltro agognati e presentiti nel subcosciente, come
memoria del futuro”.
“Da Cesano di Roma, ci dice
ancora l’Autore, il balzo alla sede assegnatami…
…fu rapido, e lo feci in Friuli
nel Nord sempre nel senso che mi auguravo a fuggir dalla Sicilia, il
destino aiutandomi in questa folle corsa.
Mi fermo, come Ulisse dei Feaci
da cui si fa raccontare egli stesso dalla cetra dell’aèdo Fèmio le sue
avventure. Io mi fermo, per citare da “Ragazze del Friuli” questa
predestinazione: ‘L’arrivo a Palmanova (in quel di Udine) era stato che dalla
carrozza che ci portava noi novelli ufficiali, la sola valigia caduta a terra
che presagiva che un contatto con il suolo friulano sarebbe stato fatale (hic
domus, haec patria est) apparteneva a me, Un segno, come Enea che aveva capito
d’essere arrivato nella terra promessa quando i suoi compagni avevano mangiato
le mense: ‘Heus ! etiam mensas consumimus’.
Io, in quella terra, una sera
d’estate e in un viale avrei incontrato la ragazza che poi avrei sposata. Forse
in lei si depositavano frammenti di amori più o meno delusi, ed era l’ultima,
ma si sa che l’ultima è sempre la prima.
Nel frattempo, dopo
congedatomi, per starle vicino e per non far ritorno alla terra natale, prima
fu una banca a Venezia in cui fui dirottato dalla scuola, poi fuggito dalla
banca ( o cioè: licenziato) perché era ivi innaturale la mia permanenza a causa
ch’io non ero in buona con i numeri e con le partite doppie, ecco che rientrai
nella scuola dov’era il mio vital nutrimento. Ma sempre restando in posti
vicini alla terra della promessa sposa”…una sartina, una incolpevole
fanciulla tirata fuori dal suo anonimo destino, presa forse dal fascino
della divisa del favarese Antonio Russello.
Queste riflessioni dell’autore
di “Ragazze del Friuli”, tratte da “La vita postuma” e da altri appunti,
abbiamo voluto citare per dire come Russello abbia concepito questo scritto e
cosa rappresentasse per lui.
Basterebbero queste citazioni
per avere contezza del senso profondo e struggente dell’opera, ma noi dobbiamo
andare più in profondità per capire cosa rappresentò per il siciliano Russello,
questa scelta di una donna del Nord e per giunta incolta, seppur bella e
affascinante.
La storia, che è quella
autentica dell’Autore, consiste nel suo innamorarsi, a prima vista, appena
arrivato nel Friuli, della bella Emma, una sartina di Visco, nei pressi di
Palmanova.
La vicenda, come ognuno potrà
vedere leggendo il libro, è a lieto fine perché il Tenente Russello sposerà la
bella Emma da cui avrà due figli, diventando di fatto Veneto di adozione e
siciliano di nascita
Una sera mentre va in
bicicletta con il suo collega Casserini, si ferma vicino a un sedile dove
siedono due ragazze, Elvira Comelli ed Emma. I due vanno a sedersi accanto alle
ragazze e il tenente finisce accanto alla bellissima Emma e lì lo prese la
magia che non l’abbandonerà più per condurlo all’altare.
Quella coincidenza è stata
organizzata dal collega Casserini o è stato il destino a creare l’occasione?
Russello conosceva bene la letteratura greca e quindi pensa subito al “fato”
che addusse lutti agli achei e provocò la distruzione di Troia, la fuga di Enea
e tante altre cose che arrivano ai nostri giorni.
Scrive l’Autore: “Visco, un
puntino nemmeno scritto sulla carta geografica, mentre dicendomi questo invece
a me pareva che quel puntino messo ad altri vicini facesse una linea lunga che
era il destino, lo spazio di cui non arriviamo mai a toccare il confine…”
“…Ma che cos’è il destino se
non una sciocca e vuota parola al cui posto mettiamo quello che ci fa meglio
comodo?”
Il fatto sta che quel sedile ha
cambiato la vita del nosto tenente siciliano che diventa friulano.
A questo punto ognuno potrà
pensare che ci troviamo dinanzi a un romanzo rosa che racconta una bellissima e
strana storia d’amore che si conclude positivamente: una storia romantica o per
dirla in termini moderni una ‘soap opera’ di quelle con 500 puntate che le
casalinghe vedono mentre fanno i lavori di casa magari per dare fondo al
bisogno di un pianto consolatorio.
Se fosse così certamente, il
grande scrittore Russello, non avrebbe minimamente pensato di scrivere “Ragazze
del Friuli”.
Piuttosto Russello ha cercato
di descrivere un mondo, un dramma personale e generazionale, il rimorso del
tradimento della sua terra che era quello del dopo guerra, la sua voglia di
novello Odisseo di sperimentare nuove avventure e di scoprire nuove terre
sempre più a nord, il nord che noi giovani abbiamo sognato come la terra
promessa e verso cui sono partiti migliaia e migliaia di meridionali per
trovare il loro Eldorado e contribuendo a creare il boom economico degli anni
’60 e ’70.
Russello aveva anche la
necessità di raccontare dello strisciante razzismo e della condizione dei friulani
che, delusi dall’Italia, avrebbero preferito restare legati all’Austria. Ci
hanno liberati. Ma da chi e da che?
Quest’atteggiamento Russello lo
sentì sulla sua pelle e lo ha descritto, sarcasticamente, in “Siciliani
prepotenti” avendo contezza che da questi presupposti è nata l’idea
secessionista che alligna in alcuni strati della cosidetta “Padania”.
Pose anche il problema
dell’integrazione e quindi dell’entrare in una nuova cultura quale quella di
Svevo, di Gozzano, di Saba, di Stuparich, di Bassani, Meneghello, lui che era
figlio di Pirandello, di Verga, di Martoglio, Rosso di San Secondo e fratello
di Angelo Petyx e Quasimodo.
Queste, in sintesi, sono le
grandi tematiche del libro che vale la pena esaminare attentamente perché ne
ricaveremo una impressione altamente positiva e vedremo un quadro di un’epoca,
di una cultura, di modi di pensare, di differenziazioni di culture che
stentavano ad amalgamarsi.
La prima cosa che si presenta
al lettore è il problema del disadattamento.
Dobbiamo dire subito, uscendo
dal romanzo, che Russello è stato concepito ‘in un deserto’ e cioè in un
casello ferroviario del nisseno, è nato per caso a Favara perché allora
era d’uopo che le donne andassero a sgravare in casa della madre, visse l’infanzia
a Caltanissetta, la giovinezza a Palermo e le ferie estive a Favara e nella
marina di Fiume Naro. Quindi non aveva una radice stabile anche se Favara gli
entrò nel sangue e buona parte dei suoi libri sono lì ambientati. Trenta anni
in Sicilia e quaranta nelle venezie.
“La vera identità di paese,
scrive Russello, è crollata tra lo scontrarsi delle due illusioni, ed in mezzo
il tuo cuore che sbanda dall’una all’altra, spaccato, in bilico come una roccia
rotolata e finita sull’orlo di un monte, che non sa se stare su o se
precipitare. Uno come me, stato trent’anni in Sicilia, poi quarant’anni nel
Nord, era come quel masso che sta sull’orlo e non sa dove e quando cadere nel
dirupo sottostante.
Io, in Friuli, arrivatoci per
fare il militare, mi portavo dalla Sicilia il valore della fedeltà all’amore, e
quanto alle probabili ragazze di conoscere, il sentimento d’esser fedele solo
ad una. Le ragazze friulane invece che vidi girarmi intorno, s’intende pertanto
strette nei balli ai loro ragazzi friulani e lo scambiarseli senza mai fare
coppia fissa, contraddiceva a quel principio. Ecco, qui il cuore cominciava a
sbandare”.
Ecco come prima cosa che lo
scrittore avverte le differenze di costume che lo colpiscono, probabilmente
anche positivamente.
Egli è arrivato in un “altro
paese che gli ha preso i connotati più belli, l’ha svuotato d’ogni senso e il
nuovo luogo di soggiorno ha avuto su di te tutte le seduzioni dell’esservi nati
e di non essere affatto in prestito, ma essere il punto vero della fine d’ogni
cammino o illusione, senza più orizzonte da travalicare.”
E del resto il grande golfo che
dal Fiune Naro arriva a Realmonte se lo rivede a Grado gurdando il golfo di
Trieste.
Russello non si sentiva in
prestito nel Nord ed era come se vi fosse nato.
Mentre con il treno sale verso
il nord vede la nebbia come una luce naturale e al collega Casserini che si
sentiva “sempre più sottratto alla sua terra” diceva: quest’andata per me è
come un ritorno e che sebbene non ci fossi stato mai nel Nord, più avanti c’era
qualcosa che avrebbe o che era già avvenuta. Anche la nascita per dire. Forse
anche Emma e il grande e vero amore.
Vero tutto questo, ma Rina
Biasutti gli fa pesare il fatto di essere meridionale e gli dice che non può
forzare la mano nello stilare la graduatoria per gli incarichi nelle scuole per
non suscitare l’ira dei candidati locali. E quando la stessa gli diceva che lui
“era uno di loro” sentiva già odore di razzismo. “Quassù c’è ordine, nel senso
civico, laggiù disordine”. “Disordine anche nei sentimenti”. “Gli italiani di
laggiù hanno tradito. Gli italiani di laggiù sono dunque immorali.
Il malessere friulano porta
anche a odiare gli italiani e specialmente i militari che li avevano sottratti
all’Austria: “i civili ci guardavano male noi soldati, perché responsabili, con
le due guerre mondiali, d’averli fatti passare da una amministrazione
efficiente e civile quale quella austriaca, sotto una inefficiente e incivile
quale quella italiana di Roma capitale, e che di noi-dicevano- non avevano
bisogno, e di che cosa, dicevano, li avevan liberati “questi sporchi italiani”?
Da che cosa avevano liberato Gorizia, Trento e Trieste?. Russello scrivendo
queste cose sente già l’avanzare del pensiero leghista che non è invenzione di
Bossi, ma frutto di una situazione antica di incomprensioni e di interessi
economici.
Al tenente-Professore, venuto
dal Sud col treno del sole, si fa pesare che si sia innamorato di una sartina
che non ha studiato e che quindi non può essere all’altezza di un uomo
addottorato.
Il Tenente è stato folgorato
dall’amore, forse dalla terra friulana, dal desiderio di evasione e non vuol
sentire ragioni.
Elena, la suonatrice del
pianoforte, dice Russello, “ mi parlava sempre bene di Emma, mi diceva che la
povertà materiale e quella intellettiva non erano un delitto o un ostacolo; ma
io capivo che stava dicendomi d’un rapporto che sarebbe più indovinato tra due
anime che avrebbero una consonanza nell’amore per la musica, sorretto di una
base sostanzialmente economica…”
Nel mio silenzio la ragazza
capiva “il mio incaponirmi nella fedeltà per Emma, il mio giovanile errore che
è umano, ma il perseverare che è diabolico.”
Casserini addirittura arriva a
dire che “una decisione presa così alla leggera, per un’infatuazione e,
ammettiamo pure, per un amore così grande, era causa di rovina che cominciava
da quella di tradire la Sicilia”.
L’amore non ha ragione e
Russello si definisce “ disertore, disubbidiente, ribelle e va avanti per la
sua strada.
Del resto anche Umberto Saba
sposò una sartina che, nel canzoniere del poeta, diventò la signora Lina:
Quel giorno ancora chiamo il
più felice
Dei miei giorni, che in rosso
scialle avvolta
Ho salutata per la prima volta
Lina la cucitrice.”
Cosa vuol dire la differenza di
cultura se c’è l’amore? Probabilmente c’è un peccato di presunzione nell’uomo
di lettere: “Chi è stato sempre chiuso sempre nei libri pecca d’un presuntuoso
prevalere sugli altri; egli crede d’aver messa addosso la cultura come una
seconda pelle e non sa che essa è invece un occhiale scuro che rende oscure le
cose che guarda. ‘Basterebbe’ m’avrebbe detto Emma ‘che tu ti levassi quegli
occhiali, mi vedessi come sono e non come mi hai esagerata”.
Russello va avanti, sposa la
sartina e abbraccia la terra friulana a costo di dover trovare sepoltura in
terra straniera come un ebreo errante e contraddire il “furbastro scrittore
siciliano”ben radicato nella sua terra.
Scrive Russello:
“Avevo letto di uno scrittore
siciliano di successo, rimasto in Sicilia, che aveva compianto o forse irriso
tutti quegli altri intellettuali siciliani che se n’erano andati dall’isola nel
continente, in volontario esilio. Il ben radicato nella sua terra furbastro
scrittore, aveva detto cosa sarebbe capitato a questi emigranti fra le altre
sciagure che volutamente si procuravano: quella di dovere essere seppelliti in
terra straniera”.
Questo concetto lo abbiamo
voluto riportare per intero perché fa trasparire una certa, non velata,
avversione di Russello nei confronti di Sciascia che non è stato mai un
furbastro né tanto meno scrittore di ‘libelli’.
Sciascia è stato il nostro
padre spirituale, è stato certamente un grande scrittore che Russello non
riuscì a capire per alcune incomprensioni o forse per il suo carattere schivo
che gli impedì di intavolare un rapporto con lo scrittore di Racalmuto che
certamente sarebbe stato proficuo. Ma questo è un discorso che svilupperemo a
parte.
Dopo questa digressione, è
giusto ritornare al libro di cui trattiamo per dire che Russello diventa a
tutti gli effetti friulano e veneto.
Il Friuli con le sue montagne,
con il suo verde, con i suoi paesaggi gli procura tanta ispirazione e tanta
felicità.
Ritorna in Friuli da Presidente
di commissione di esami ed è accolto come uno di loro e questo lo gratifica.
Gli erano entrati nel sangue “gli
agguati delle coppie nelle sere da ballo, l’odore aperto nel polline che si
stacca dai fiori, i filari di viti e di gelsi nei campi sterminati”.
Gli entrava nel sangue la
letteratura veneta che aveva assaporato da giovanissimo con il “Il Fornaretto
di Venezia”, “Il ponte dei sospiri”.
Incontra Stuparich con il libro
e il film “Un anno di scuola”, Italo Svevo con “La coscienza di Zeno”,
Quarantotti Gambino con il romanzo “La rosa rossa”, Renzo Rosso con “La dura
Spina” e quindi Gozzano, Saba, il triestino Renzo Rosso, Giorgio Bassani,
Meneghello.
Da Verga e Pirandello, ai
veneti e poi anche a tutti gli scrittori del suo tempo come Pavesese che
Russello sente come suo conterraneo per le tematiche contadine.
Senza dire che Russello non
finisce mai di leggere i classici greci e latini, la letteratura americana ed
europeae, di gustare la musica lirica europea di cui era profondo conoscitore
come si evince facilmente leggendo le pagine del romanzo di cui noi parliamo.
Dopo questa lunga dissertazione
su “Ragazze del Friuli” qualcuno potrà obiettare che noi non abbiamo parlato
delle ragazze del Friuli e non le abbiamo presentate.
Quando si recensisce un grande
scrittore si va al pensiero, a quello che pensa e vuol dire, sapendo che i
personaggi sono pretesto e certamente protagonisti.
E’ chiaro che Emma è alla base
di tuttta la storia come lo sono Vanda e Pina, le sorelle di Emma e Rosina e
Concetta, cugine di Emma. Elvira è l’amica di Emma, seduta dalla parte opposta
del sedile.
Ricorderemo anche Elena
Zecchini, la suonatrice del pianoforte, che non avrebbe disdegnato l’amore del
tenente siciliano, professore di lettere.
Rina Biasutti è un’altra
ragazza del Friuli che il nostro va a trovare a Padova.
Russello, figlio di un mondo
siciliano, che considerava la donna come oggetto inarrivabile, ama queste
friulane che può abbracciare liberamente nei balli e quasi le desidera tutte e
certamente le vorrebbe anche possedere.
Il suo cuore è stato fulminato
forse perché il destino l’ha portato a sedersi accanto a Emma o perché nel suo
pensiero vi era il sogno di un altro mondo più ampio e diverso dal suo, perché
nel suo destino c’era un’aspirazione a una dimensione europea della sua vita e
della sua letteratura.
Certamente questa seconda
spiegazione ha determinato il destino di uno scrittore siciliano di nascita,
veneto nel cuore , europeo nella dimensione culturale che, per scrivere i suoi
libri usa un linguaggio “impervio”, essenziale, funzionale che, come direbbe
Consolo, aspira alla poesia.
La sua è una constructio particolare
in cui elidendo un soggetto, un verbo, una congiunzione cerca di dare maggior
rilievo a personaggi o a situzioni che urgono di essere rappresentati: “MIO
PADRE lo vidi affacciarsi dal finestrino”, oppure “STESSA COSA MI DISSE, una
domenica alla pista da ballo di San Vito al Torre, sulla strada verso Gorizia,
il Capitano Piazzi…”. E ancora “VANDA E PINA erano le sorelle di Emma. La
quale, di 20 anni, era l’ultima nata, le altre avevano qualche anno in più”.
Analizando questa ultima frase il lettore si può rendere conto quale tipo di
prosa sia quella del grande narratore Antonio Russello.
Nel suo inedito “Contrada
Malvizìo” l’Autore afferma “ Il parlar che io faccio fare ai personaggi si
scosta da un mio stile iperbatico e, con periodi allineati, accostati più
che snodati e legati alle subordinazioni sintattiche, ne assumono uno
paratattico”. E nelle stesse notazioni del 1999 afferma che in molte sue
opere si possono notare riferimenti a opere di altri autori da cui molte frasi
prendono le mosse. “Si è detto, scrive Russello, che copiare è dei geni, e che
l’imitare è dei mediocri. E dice ancora di attingere a Steinbeck, a Vittorini,
a Pavese, a Meneghello, ai classici greci. Per trovare questi riferimenti ci
vorrebbe uno studio molto approfondito e una conoscenza della letteratura
mondiale pari a quella di Russello. Comunque non è difficile trovare alcuni di
questi riferimenti nel libro di noi esaminato.
Come si vede Russello, sotto il
profilo del linguaggio e dei riferimenti letterari, è un autore molto complesso
che, a nostro avviso, merita una considerazione diversa dala critica militante
che, molto spesso diventa strabica e non sa selezionare il grano dall’oglio.
Ma ormai i libri di Russello,
appena pubblicati, diventano classici e lentamente verranno riscoperti da
quanti amano la grande letteratura e il bel narrare.
Il libro è reperibile
su IBS o Amazon
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