La matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco
Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
Il giorno dopo, c’è
sempre un giorno dopo se il racconto non si interrompe, avevo chiaro l’ordine
delle priorità: caffè doppio, sigaretta, andare in bagno, vestirmi, e poi via
subito sul lungo Tevere.
Il lato del fiume dove il Mazzetti si rifugiava lo conoscevo bene,
lì costruiva la sua scatola di cartone per affrontare la notte e poi il giorno
la smontava, ripiegava con pazienza i
cartoni e li legava con diversi giri di
fil di spago.
“E’
meglio che la mia casa non si veda durante il giorno, la chiudo e la lego
tutta. In questo modo se passa uno di quei tuoi colleghi, che si chiamano Vigili,
non gli viene in mente di scendere e venirmi a contestare l’occupazione di
suolo pubblico. Gli uomini hanno costruito le loro abitazioni in grotte, poi in
capanne, case, grattacieli. Poi Dio, direttamente intervenne ed ispirò un
inventore dicendogli: devi inventare il cartone, lo devi fare ben solido e
leggero, perché serve agli uomini pacco
che si spostano nel mondo. Io sono un uomo pacco e da diversi anni.”
Il
posto era quello, non c’erano dubbi, ma il Mazzetti non c’era. Scorsi da lontano una figura, era un giovane
barbuto con un cavalletto che se ne stava a dipingere su una tela. Mi avvicinai e non potei fare a meno di
guardare cosa stesse dipingendo: era un angelo che vagamente somigliava a
quello di Castel Sant’Angelo, che non
riponeva la spada ma anzi la usava per tagliare Roma come una grossa zucca o
un’anguria. Accanto ci stavano altri
quadri che il giovane pittore aveva finito e che avevano lo stesso tema, i
colori sparavano violenti e contrastavano con la dolcezza del volto
dell’angelo.
“Li vendi questi
quadri?” chiesi io.
Mi rispose dopo una lunga attesa: “Li vendo
tutti per cento euro, anche questo che sto per terminare. Può essere un’occasione, perché tra poco non ci saranno più, appena finisco
questo li butto tutti nel fiume”.
“Perché? Sono belli, hanno dei bei colori, vedrai che
qualcuno te li compra.”
“Il perché è semplice.
Siccome sono troppo pauroso per buttarmi io nel fiume, allora ci butto loro che
sono una parte di me. Riguardo al fatto che siano belli non lo so, ma una cosa
è certa, non li comprerà nessuno”. C’era una disperazione nel tono della sua
voce che mi trasmetteva un brivido alla schiena e dissi subito come per
lanciargli un salvagente: “Ma che dici, io uno te lo compro, cinquanta euro ed
uno te lo compro. Non posso prendere gli altri perché ho la casa piccola. Ma
uno te lo compro.” Dissi ponendo mano a
cercare il mio portafogli, scorsi un istante di luce nei suoi occhi.
“Quale?” disse con un
filo di voce che esprimeva tutta la sua incredulità, e si alzò dal piccolo
sgabello dove stava seduto dinanzi al suo cavalletto.
“Quello, quello là con
le sfumature gialle, mi piace.” Lo preseda terra e me lo porse.
“Non mi puoi dare un
po’ di cartone per avvolgerlo” dissi io indicando la catasta di cartone legata
posta più in là ed accanto al muro.
“Le posso dare della
carta da imballo, ecco è pulita, ne tengo un po’ con me e gli metto anche un
po’ di scotch per chiudere bene. Ma quel cartone non posso, non è mio.”
“E di chi è?” dissi io
ponendo la domanda che mi premeva.
“E’ di un barbone, un
tale che viene a passare le notti qua. Se ne serve per dormirci e ripararsi
dall’umidità. “
“Ed è andato via di
mattina presto oggi?”
“Perché, lo conosci?”
Chiese lui con un’aria che si fece subito sospetta, come se avesse fiutato che
ero un poliziotto.
“Sì, che lo conosco. Ci
ho scambiato quattro chiacchiere qualche volta quando faccio qualche
passeggiata qua sul lungo Tevere.” Dissi pensando di rassicurarlo.
“Sei un
poliziotto?” Raramente ho sentito
disagio per il mio mestiere, ma in quel momento lo sentii.
“Sì, ma non lo cerco
mica per arrestarlo. Lo conosco, siamo quasi amici”.
“E’ difficile essere
amici di quello là” disse, e svolse dalla carta il quadro che mi stava
imballando e lo ripose per terra.
“Che fai, non mi vendi
più il tuo quadro?”
“No, tu vuoi solo
informazioni su quel povero diavolo, e anch’io sono un povero diavolo, non ti
interessa il mio quadro.” Quel suo dire
e quel suo fare offendeva quel mio gesto di generosità che era sincero, m’innervosii.
“Io voglio comprare il
tuo quadro e sei tu che non me lo vuoi vendere. Ora ti faccio solo una domanda
su quel barbone e tu mi rispondi perché io sono un commissario di polizia.”
Mostrai il mio documento con una velocità impressionante.
“Mi devi solo dire se
tu lo hai visto e l’ultima volta che lo hai visto.”
“L’ultima volta che
l’ho visto è tre giorni fa. Mi ha detto che se ne andava a dormire in un hotel
di lusso, ma io non ci credo. ”.
“Attento ora: mi devi dire se la persona che tu hai visto
l’ultima volta corrisponde a questa descrizione: di altezza quasi quanto me, barba bianca ma non lunga,
occhi azzurri, capelli ancora scuri e folti ma con tanti capelli bianchi, più
magro di me, e con il dito mignolo della mano sinistra mancante. Voglio un sì o
un no, chiaro.” Dissi in tono categorico.
“Sì, è lui; e non so
dove sia andato”.
“A me basta, hai capito
che a me basta. Ora prendi quel cazzo di quadro, me lo incarti, ci metti lo
scotch, e ti prendi i 50 euro che abbiamo pattuito. E sia chiaro che io l’ho
comprato perché mi piaceva e non per
aggirarti e farti delle domande. Perché le domande erano solo queste e te le
avrei fatto in ogni caso. Cazzo!”
Come incoraggiato da questa mia sfuriata, che rompeva la sua grande tristezza, si avviò
a riprendere da terra il suo quadro e me lo avvolse con cura, gli consegnai i
miei 50 euro, lo salutai con un sorriso. Non so cosa stesse pensando, mentre
risalivo le scale lo guardai ancora una volta, aveva ripreso a dipingere, forse
non avrebbe abbandonato i suoi quadri alla corrente del fiume.
Il giovane pittore della corte dei miserabili
di Roma aveva visto il Mazzetti tre giorni fa e gli aveva detto che se ne
sarebbe andato a dormire in un hotel di
lusso. Una cosa del genere l’aveva detto anche a me il Mazzetti e la ricordavo
bene:
“Dovrei
decidermi di andare a dormire in uno di questi hotel a cinque stelle che ci
sono a Roma, quelli da 500 euro a notte, e approfittare del mio status. Quale
mi consigli? Ah … già tu non devi essere
tanto esperto di hotel di lusso. Io
quasi quasi mi orienterei per quell’hotel che sta in cima alla scalinata di Piazza di Spagna,
ci deve essere una bella vista di là. Potrei prendere una suite.”
Cosa potevo fare, andare in quell’albergo e
chiedere se avevano visto un barbone aggirarsi tra camere e suite? Decisi che intanto era meglio seguire le
indicazioni che mi aveva dato lo stesso questore: cercare i maghi e gli
illusionisti.
Presi un taxi, ritornai a casa per posare il
quadro, comprai diversi giornali quotidiani e con lo stesso taxi mi avviai al
commissariato. Mentre il tassista mi trasbordava nel traffico cittadino
sfogliai i giornali con rapidità; tutti
portavano in gran rilievo la notizia che angosciava il questore e si dividevano in due grandi tronconi: quelli che sposavano la versione ufficiale
del malore del nostro capo di governo e quelli che avanzavano le ipotesi le più
varie e stravaganti, dal fallito
attentato terroristico di matrice islamica
alla congiura di alcune banche internazionali; un quotidiano avanzava l’ipotesi di qualche
grande illusionista e nominava esplicitamente quei due nomi che mi aveva fatto
lo stesso questore, Stella del buio e Rasputin.
Abbandonai gli altri giornali sul taxi e mi tenni solo quello che
sposava la tesi illusionista: “li butti
lei per cortesia” dissi al tassista
mentre pagavo.
Mi dissero che il Pedretti era fuori per una
ispezione, gongolai di soddisfazione all’idea di non dover rispondere a qualche
sua petulante domanda. Chiamai il Tumiati che mi aiutava spesso nei casi più
complicati. Appena si sedette davanti alla mia scrivania, con l’indice
della mia mano destra rivolta alla sua faccia dissi: “Ho chiamato te per
un aiuto in questo caso, perché tu in quanto siciliano mi devi garantire che
devi stare muto con tutti. Ci siamo capiti?”
“Certo commissario”,
disse e si accompagnò con un cordiale
sorriso. Tumiati era giovane ed anche in gamba e pensai che era meglio
interessare solo uno della mia squadra evitando eccessive dispersioni.
“Non devi neanche farmi
tante domande perché io a certe domande non potrò risponderti, e soprattutto
non devi parlare con nessuno di questa indagine che condurremo noi due, e col
Pedretti meno che mai. Intanto trovami un tale illusionista che si fa chiamare Stella del buio, dobbiamo
rintracciarlo al più presto perché lo voglio interrogare. Non deve venire qua lui e saremo noi che lo
andremo a trovare a casa sua o dove lavora. Ho detto al più presto. E poi cerca
di trovare informazioni su un altro illusionista, un certo Rasputin. Voglio
sapere se è già arrivato a Roma e dove si appoggia per abitare.”
Copyright © Francesco Zaffuto
post inserito il 03/12/2017
Letta oggi di primo mattino.
RispondiEliminaMooolto intrigante.
Ricordo quando lessi " Il miglio verde " di Stephen King, che fu pubblicato a puntate, non vedevo l'ora di leggere la successiva.
Cristiana
Grazie, qualche altra sorpresa la troverai
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RispondiEliminaNon è giusto, ti leggo il lunedì e Cristiana anticipa il mio pensiero ogni volta. Protesto :-))) lol. Bravo. molto intrigante Cristiana ha ragione!
RispondiEliminaGrazie a risentirci
EliminaCaro Francesco, il genere "giallo" o poliziesco che dir si voglia non mi ha mai coinvolto più di tanto, ci volevi tu con questo centellinare puntate, ad interessami al genere ed aspettare con ansia la prossima puntata ... ciao Luigi G.
RispondiEliminaP.S. ci vediamo mercoledì 13/12 ?