La matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
In meno di un’ora il Tumiati fu in grado di
trovarmi Stella del buio, che rispondeva al comune mortale Marco Girotti.
Potevo parlargli nel ristorante dove si appoggiava per mangiare, vicino al
teatro dove la sera avrebbe dato spettacolo.
Arrivai insieme al Tumiati, il cameriere ci
indicò il tavolo dove quel tal Girotti stava pranzando da solo. “Senti” dissi
al Tumiati “mettiti subito sulle tracce dell’altro che si fa chiamare Rasputin
e poi ti raggiungo in ufficio”.
“Non è facile, perché
non si capisce se è arrivato o se non è arrivato ancora a Roma”.
“Fai di tutto, vedi da dove doveva venire e se ha altre
possibilità di alloggio oltre i normali alberghi”.
Tumiati andò via, non
mi andava di dirgli a bruciapelo che preferivo che non ascoltasse la mia
conversazione con quell’illusionista.
Con un colpo d’occhio l’osservai e mi parve
una persona che avevo visto da qualche parte, era la sua foggia e il suo stile
che non mi erano nuovi; poi capii, per i
suoi baffi puntiti e per il suo sguardo che era una copia a grandi linee di Salvador
Dalì.
“Signor Girotti, sono
il commissario Biagini, posso pranzare con lei e farle qualche domanda?”
“Se non sono domande
indigeste sicuramente sì”, disse
indicando la sedia che gli stava di fronte.
“Vedo che lei è già
alle prese con degli spaghetti al nero di seppie. La prima domanda è se sono
buoni, così li ordino anch’io”.
“Come cavia rispondo
che sono ottimi. Ed anche questo vino bianco solo leggerissimamente frizzante
che ben si accompagna.”
Mentre il cameriere disponeva i bicchieri
dinanzi a me l’illusionista versò nel mio bicchiere da vino quel bianco che
aveva vantato.
Avevo portato con me quel quotidiano che
avanzava l’ipotesi degli illusionisti e l’avevo posto sull’angolo destro del
tavolo, vidi che il mio commensale scrutò il giornale con sguardo fintamente
distratto.
Ordinai gli spaghetti
al nero di seppie e nell’attesa cominciai:
“Forse lei, per la sua qualità di mago, già
prevede quali possono essere le mie domande”.
“Vede, dalle 11 alle 13
di ieri, io debbo risponderle che purtroppo non ero a Roma. Non solo, ma la mia
collocazione era cosi distante e visibile in un altro posto che oltre alla
qualità di illusionista avrei dovuto avere anche quella della bilocazione per
essere a Roma. Ero a Firenze e alle
12,30 stavo pranzando con un gruppo di personalità dello spettacolo e con
aggiunta di foto per l’occasione dell’incontro.”
Sorrisi compiaciuto per il suo acume e per la
sua immediatezza, era evidente che aveva letto il giornale:
“Lei mi ha tolto subito
ogni argomento, e ora potrò gustare lo spaghetto che arriva con la massima
tranquillità. Posso allora fare qualche
domanda libera ed accademica: lei che idea si è fatta di quello che è accaduto
ai due primi ministri ieri?”
Cominciò con un’aria professorale, come un
cattedratico del mestiere:
“Guardando il filmato della diretta ho visto
due persone che tentano di allontanarsi e che non riescono a farlo per qualcosa
che lo impedisce verso i piedi. Lei sicuramente ne sa più di me, ma quello che
io ho potuto dedurre tecnicamente è che: o erano legati per le scarpe con
qualche laccio o stringa, o le suole delle loro scarpe erano rimaste incollate
a terra. Chi poteva fare un simile
attentato o scherzo, comunque lo si voglia chiamare, doveva avvicinarsi. La
colla poteva essere sparsa in precedenza e poca sicurezza ci sarebbe stata
nell’effetto finale, con il laccio o stringa l’effetto sarebbe stato certo. Non
essendoci sotto il palco botole e accorgimenti, la persona che si avvicina deve
essere per forza insospettabile o invisibile”.
Si fermò alla parola “invisibile” , osservando
il cameriere che mi poneva davanti il piatto di spaghetti al nero di seppie,
aggiunse:
“Ecco,
vede, il cameriere poggia il piatto
naturalmente, lei vede il piatto ma non il cameriere, il suo occhio guidato
dall’appetito va sul piatto, il cameriere può aver fatto tanti altri movimenti
che a lei sono sfuggiti. A me no, perché voglio chiedere al cameriere di
portare un’altra bottiglia di bianco e sto aspettando l’attimo preciso per
rivolgere la richiesta. Va bene lo stesso bianco?”
“Certo, va benissimo!”.
“Allora un'altra
bottiglia, di questo e ben fredda”, disse rivolgendosi al cameriere che ci
guardava con aria crucciata per il sentirsi indicato ad esempio di una
discussione che non afferrava.
“Quindi tutti
distratti, per altro e l’illusionista o prestigiatore porta avanti il suo
disegno di cose mirabolanti.” Diss’io cominciando ad operare sui miei
spaghetti.
“Sì, proprio così. Ma
nello specifico, del fatto accaduto a Roma, ci sta uno spazio molto breve e
frontale, ci stanno tanti occhi e un corpo estraneo sarebbe notato, quindi il
corpo non deve essere estraneo. Se lei mi dice colla è possibile, perché poteva
essere messa prima e la buona riuscita dello scherzo è stata tutta casuale;
poteva avere altri risultati o nessun risultato. Se lei mi dice laccio e allora
io dico impossibile, perché dovrebbero essere presenti i requisiti
dell’invisibilità e non ci sono, perché non siamo in un teatro e la scena non è
stata predisposta, e ci sono tanti occhi, compresi occhi che sono meccanici
come le telecamere di sorveglianza.”
Stava ad aspettare come
se io potessi dire: laccio o colla. Ma io continuavo a mangiare i miei
spaghetti con una certa voracità.
Riprese: “Lei non mi
vuole dire né laccio né colla; e posso ben capire perché è legato alla
discrezione dell’indagine. Ma io ho cercato lo stesso di rispondere alla sua
domanda in modo esauriente.”
“Quindi nessun
illusionista poteva essere in grado di ordire un simile scherzo. E’ questa la
sua conclusione?”
Tardò a darmi una
risposta e continuò ad osservarmi mentre io continuavo imperterrito ad
aggredire gli spaghetti.
“Sono buoni?” mi
chiese, come per intervallo.
“Molto buoni”,
risposi.
Il cameriere arrivò con l’altra
bottiglia, il mago versò subito e
riempì i nostri due bicchieri quasi fino
al colmo.
“Sì, nessuno del mio
mestiere”
“Quindi nessuno è in
grado di avere tali poteri da renderlo invisibile?”
Ci fu un lunghissimo
silenzio, io ero arrivato a buon punto con i miei spaghetti e il mago stese gli
appuntiti baffi di Dalì verso l’alto.
“Vede, commissario, la
qualità dell’invisibile può essere una qualità, ma è soprattutto un difetto di
quelli che guardano, quelli che guardano cominciano a non vedere tante cose e
di conseguenza potrebbero anche non vedere un corpo o dei corpi che pur essi
esistono. La cosa di solito non è così generalizzata ma può ampliarsi. I cosiddetti trucchi non fanno che ampliare
tale difetto. Non so se tale difetto si può chiamare qualità per l’altro ma in
certi casi la si può anche chiamare qualità. Io dicevo che al momento, e per quello che mi è dato di conoscere, non ci sono illusionisti capaci di fare ciò
che è accaduto ieri. Aggiungerei anche,
che dato il rischio grande, non avrebbero il motivo di fare qualcosa di quel genere …
Vedo che lei ha già finito i suoi spaghetti e sicuramente sarà sazio.
Nonostante ciò le consiglio di assaggiare delle ottime olive ascolane che
servono in questo locale.” Accettai la
sua idea e il mago alzò la mano per chiamare il cameriere.
“Cosa ne pensa di
Rasputin?” chiesi a bruciapelo. Vidi che per un attimo si turbò, poi fu
assalito da un sorriso nervoso.
“Il massimo di Rasputin
è quello di fare scomparire e ricomparire un po’ di conigli dal cilindro. Ma
Rasputin è ambizioso e tutto proteso alla ricerca del massimo della visibilità.
Certo che, se le stesse domande che ha
fatto a me, le avesse poste a lui; poteva sentirsi dire che lui era in grado di
fare anche quello, che sta nei suoi
poteri. Non vale una cicca, ma la sua
presunzione e la sua vanità sono stratosferiche.”
“Sa lei se si trova già
a Roma?”
“E’ a Roma da tre
giorni, si esibirà sabato sera nel mio
stesso teatro. Io con lo spettacolo di questa sera ho finito.”
Il cameriere interruppe
per un attimo la nostra conversazione servendoci le olive ascolane.
“Quel Rasputin non era
a Firenze con lei ieri?”
“Certo che no” rispose
veloce e con gran fastidio.
“Non lo riusciamo a
trovare in nessun albergo.”
“Vuole che con le mi
capacità di guardare in un sfera di cristallo riesca a dirgli dove si trova
Rasputin?”
“Sarebbe ottimo”
Il mago prese in mano
il suo bicchiere, fece roteare il vino bianco che ci stava dentro, e poi: “Sta presso Fiorella Tisani, via Po. E’ la
sua amante, e purtroppo due anni fa era
mia moglie.” Disse e poi schiacciò tra i denti con forza una delle olive
ascolane che ci avevano appena portato.
Mi appuntai l’indirizzo ben dettagliato con
numero civico, e continuammo a mangiare
le olive che erano ottime senza dir
nulla. Solo alla fine delle olive aggiunse: “Lei potrà comprendere quanta stima
io possa avere di quel balordo che si fa chiamare Rasputin”.
Prendemmo il caffè, chiesi se gli dispiaceva
che pagassi io, lui volentieri accettò. Poi accese una sigaretta e aspirò con
profonda soddisfazione, io intervenni subito dicendo:
“Ma non si può fumare qui, è un locale
pubblico.”
“Certo, è così. Lei non
può fumare qui. Ma io posso perché a
questa distanza, e per via di un mio
trucco, loro non mi vedono. “
Quelle frasi mi misero un po’ a disagio, lo
salutai e andai via. Alla cassa posta
vicina all’uscita, mentre pagavo, chiesi al gestore: “Ma lei lo vede che il
mago sta fumando?”. “E certo che lo
vedo. Un po’ di tolleranza perché a quest’ora non ci sono altri clienti, se no
lo avrei mandato subito a quel paese.”
Inghiottii un sorriso che mi si era sviluppato dentro, per un attimo ci
avevo creduto.
Copyright © Francesco Zaffuto
post inserito il 10/12/2017
Sempre gustoso il tuo racconto.
RispondiEliminaGià mi chiedo se il mago Rasputin avrà qualche idea in proposito, magari per farsi pubblicità.
Cristiana
ci sei molto vicina - ciao
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