La matassa di spago - 7° puntata



La matassa di spago

Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto

Copyright  © Francesco Zaffuto



7° puntata
“Non ci fu verbale, commissà, perché il direttore del supermercato non fece alcuna denuncia e la cosa si astutò.”
“ … si astutò?”
“Si spense, dottò.”
“… e parla giusto. Allora vediamo cosa ricordi.”
“Ci provo. Arrivarono in tre: il direttore del supermercato, il barbone, e la guardia giurata del supermercato.  Direttore e guardia giurata, conducevano il barbone in manette, e lei ricordo che s’incazzò come una bestia: “Come avete osato mettere delle manette a quest’uomo, chi cazzo vi credete di essere? Voi non siete la polizia di Stato e non vi potete permettere assolutamente. Quelli tentavano di dare spiegazioni, e voi avete detto che come prima cosa dovevano togliere le manette ai polsi di quel poveruomo.  Dopo  li avete fatti sedere dinanzi a voi e avete detto di raccontare. Raccontò il direttore del furto di un intero salame felino, del fermo che avevano fatto, del fatto che il barbone non aveva documenti, e del fatto che gli avevano chiesto di seguirli in questura. Il direttore si scusò dicendo che lui aveva telefonato al nostro commissariato e che noi avevamo risposto che non potevamo mandare nessuno in quel momento e che loro presero la decisione di portare da noi ammanettato il barbone. La guardia giurata disse che il barbone era uscito dalla corsia delle casse del supermercato tenendo in mano il salame rubato e che lui l’aveva fermato. Il barbone, ricordo bene, disse che era passato davanti alle casse tenendo bene in vista e in alto il salame e che nessuno gli aveva fatto osservazione, disse  che non aveva occultato la merce, e che aveva detto “me lo posso portare via?”, che non aveva ricevuto alcuna risposta, e che quindi a suo avviso se lo poteva portar via.” 
Tumiati, rise nel riportare la frase del barbone e poi proseguì: “Lei, commissario, disse al direttore che poteva fare denuncia per il furto e che in ogni caso lei era in dovere di fare un’altra denuncia per aver abusato di un’autorità riservata alle forze di polizia. A quel punto dirigente e guardia giurata sono entrati in confusione e hanno detto che preferivano non fare alcuna denuncia, ci lasciarono il barbone e se ne sono andati. Ma poi ricordo bene che il barbone lei lo interrogò. Quello ebbe la faccia tosta di dire che anche altre volte era passato “per prendere”.  Sì, perché diceva prendere e non rubare;  delle cose al supermercato e non gli avevano mai contestato niente, perché lui era invisibile e in qualche modo dovevano pagare il prezzo per la sua invisibilità. Però vedi caso ci aveva l’invisibilità ad intermittenza come le lampadine di Natale, una volta si vedono e una volta non si vedono. Mi scusi, commissà, questa è stata una sua battuta, me ne stavo appropriando. Comunque lei quella volta fu molto di manica larga e lo lasciò andare.”
“ Ma che manica larga, Tumiati. Quelli la denuncia del furto non la vollero fare  e c’erano solo le strampalate affermazioni  di quel tale. Ti ricordi come si chiamava?”
“Non propriamente, commissà, mi pare: Mazzi o Mazzini?”
“Mazzetti Franco si chiamava, e un documento lo tirò fuori, ricordo che lo tirò fuori dal suo calzino.”
“E’ vero, bella memoria, commissà.”
 Il Tumiati conosceva solo il primo tempo di quella strana vicenda ed io preferii non andare oltre nel raccontare. Guardai l’orologio e dissi al Tumiati: “Sono quasi le 13, dove possiamo vedere le notizie del telegiornale? Volevo sentire se dicono qualcosa di quel Rasputin.” Approfittando dell’assenza del Pedretti, andammo nel suo ufficio, dove stava piazzato un piccolo televisore. 
 Di quel Rasputin se ne parlò abbondantemente, perché la donna che stava con lui nell’appartamento di via Po’, vedendo che due uomini se l’erano portato via dicendo di essere della polizia, si era recata subito in un giornale per raccontare l’accaduto. La stampa si era messa in moto, la questura aveva smentito il suo arresto, la donna dichiarava pubblicamente che “allora è stato rapito”. 
 Il rapimento il cronista  della TV lo metteva in relazione alle dichiarazioni di Rasputin rilasciate per la vicenda dei due capi di governo. E alla fine il cronista leggeva un comunicato della Presidenza del Consiglio che ribadiva sul malore momentaneo del Primo ministro e che ogni tentativo di mistificare quella santa verità sarebbe stato perseguito ai sensi di legge.
“Dunque non è stato arrestato dai nostri”, disse il Tumiati, mentre io spegnevo il televisore.
“Minchia, top secret!” aggiunsi,  per concordare.

Mi consideravo libero, o a disposizione,  per tutto il pomeriggio, almeno fino a quando il questore non mi avesse chiamato;  e poiché considerarsi libero dentro un commissariato era impossibile, uscii.
 Decisi di andare a piedi fino a casa, questo mi avrebbe permesso di girovagare  per diversi chilometri nella città.  Era qualcosa che usavo fare con piacere perché Roma mi permetteva sempre di scoprire qualcosa che non conoscevo dei suoi angoli e degli angoli della mia mente.. 
 Dopo un po’,  che passeggiavo, mi accorsi che erano proprio tanti i cartelli che annunciavano lo spettacolo illusionistico di Rasputin che si sarebbe tenuto sabato sera.  Ma la propaganda enorme era quella che veniva da TV e giornali, e se Rasputin ricompariva,  quel Sabato ci sarebbe stata una lunga fila al botteghino del teatro.  Certo non poteva spuntar fuori il Mazzetti e dire che era lui l’uomo invisibile, non poteva  perché il Mazzetti era veramente invisibile.  Forse mentre ieri  parlavo da solo nella camera lui stava là dentro e mi osservava.

Copyright  © Francesco Zaffuto



post inserito il  31/12/2017


2 commenti:

  1. Dobbiamo aspettare quasi un anno per continuare la lettura? E' decisamente troppo!
    Buon 2018 !!!

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    1. E' in tredici puntate. Non una di più. Comunque questa sera si coprono due anni. Forse avrò perso nel frattempo tutti i lettori. Buon 2018 Cristiana.

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