La matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
“Non ci fu verbale,
commissà, perché il direttore del supermercato non fece alcuna denuncia e la
cosa si astutò.”
“ … si astutò?”
“Si spense, dottò.”
“… e parla giusto.
Allora vediamo cosa ricordi.”
“Ci provo. Arrivarono
in tre: il direttore del supermercato, il barbone, e la guardia giurata del
supermercato. Direttore e guardia
giurata, conducevano il barbone in manette, e lei ricordo che s’incazzò come
una bestia: “Come avete osato mettere delle manette a quest’uomo, chi cazzo vi
credete di essere? Voi non siete la polizia di Stato e non vi potete permettere
assolutamente. Quelli tentavano di dare spiegazioni, e voi avete detto che come
prima cosa dovevano togliere le manette ai polsi di quel poveruomo. Dopo
li avete fatti sedere dinanzi a voi e avete detto di raccontare.
Raccontò il direttore del furto di un intero salame felino, del fermo che
avevano fatto, del fatto che il barbone non aveva documenti, e del fatto che
gli avevano chiesto di seguirli in questura. Il direttore si scusò dicendo che
lui aveva telefonato al nostro commissariato e che noi avevamo risposto che non
potevamo mandare nessuno in quel momento e che loro presero la decisione di
portare da noi ammanettato il barbone. La guardia giurata disse che il barbone
era uscito dalla corsia delle casse del supermercato tenendo in mano il salame
rubato e che lui l’aveva fermato. Il barbone, ricordo bene, disse che era
passato davanti alle casse tenendo bene in vista e in alto il salame e che
nessuno gli aveva fatto osservazione, disse
che non aveva occultato la merce, e che aveva detto “me lo posso portare via?”, che non aveva
ricevuto alcuna risposta, e che quindi a suo avviso se lo poteva portar
via.”
Tumiati, rise nel
riportare la frase del barbone e poi proseguì: “Lei, commissario, disse al
direttore che poteva fare denuncia per il furto e che in ogni caso lei era in
dovere di fare un’altra denuncia per aver abusato di un’autorità riservata alle
forze di polizia. A quel punto dirigente e guardia giurata sono entrati in
confusione e hanno detto che preferivano non fare alcuna denuncia, ci
lasciarono il barbone e se ne sono andati. Ma poi ricordo bene che il barbone
lei lo interrogò. Quello ebbe la faccia tosta di dire che anche altre volte era
passato “per prendere”. Sì, perché
diceva prendere e non rubare; delle cose
al supermercato e non gli avevano mai contestato niente, perché lui era
invisibile e in qualche modo dovevano pagare il prezzo per la sua invisibilità.
Però vedi caso ci aveva l’invisibilità ad intermittenza come le lampadine di
Natale, una volta si vedono e una volta non si vedono. Mi scusi, commissà,
questa è stata una sua battuta, me ne stavo appropriando. Comunque lei quella
volta fu molto di manica larga e lo lasciò andare.”
“ Ma che manica larga,
Tumiati. Quelli la denuncia del furto non la vollero fare e c’erano solo le strampalate affermazioni di quel tale. Ti ricordi come si chiamava?”
“Non propriamente,
commissà, mi pare: Mazzi o Mazzini?”
“Mazzetti Franco si
chiamava, e un documento lo tirò fuori, ricordo che lo tirò fuori dal suo
calzino.”
“E’ vero, bella
memoria, commissà.”
Il Tumiati conosceva solo il primo tempo di
quella strana vicenda ed io preferii non andare oltre nel raccontare. Guardai
l’orologio e dissi al Tumiati: “Sono quasi le 13, dove possiamo vedere le
notizie del telegiornale? Volevo sentire se dicono qualcosa di quel Rasputin.”
Approfittando dell’assenza del Pedretti, andammo nel suo ufficio, dove stava
piazzato un piccolo televisore.
Di quel Rasputin se ne parlò abbondantemente,
perché la donna che stava con lui nell’appartamento di via Po’, vedendo che due
uomini se l’erano portato via dicendo di essere della polizia, si era recata
subito in un giornale per raccontare l’accaduto. La stampa si era messa in
moto, la questura aveva smentito il suo arresto, la donna dichiarava
pubblicamente che “allora è stato rapito”.
Il rapimento il cronista della TV lo metteva in relazione alle
dichiarazioni di Rasputin rilasciate per la vicenda dei due capi di governo. E
alla fine il cronista leggeva un comunicato della Presidenza del Consiglio che
ribadiva sul malore momentaneo del Primo ministro e che ogni tentativo di
mistificare quella santa verità sarebbe stato perseguito ai sensi di legge.
“Dunque non è stato
arrestato dai nostri”, disse il Tumiati, mentre io spegnevo il televisore.
“Minchia, top secret!”
aggiunsi, per concordare.
Mi consideravo libero,
o a disposizione, per tutto il
pomeriggio, almeno fino a quando il questore non mi avesse chiamato; e poiché considerarsi libero dentro un
commissariato era impossibile, uscii.
Decisi di andare a piedi fino a casa, questo
mi avrebbe permesso di girovagare per
diversi chilometri nella città. Era
qualcosa che usavo fare con piacere perché Roma mi permetteva sempre di
scoprire qualcosa che non conoscevo dei suoi angoli e degli angoli della mia
mente..
Dopo un po’,
che passeggiavo, mi accorsi che erano proprio tanti i cartelli che
annunciavano lo spettacolo illusionistico di Rasputin che si sarebbe tenuto
sabato sera. Ma la propaganda enorme era
quella che veniva da TV e giornali, e se Rasputin ricompariva, quel Sabato ci sarebbe stata una lunga fila
al botteghino del teatro. Certo non
poteva spuntar fuori il Mazzetti e dire che era lui l’uomo invisibile, non
poteva perché il Mazzetti era veramente
invisibile. Forse mentre ieri parlavo da solo nella camera lui stava là
dentro e mi osservava.
Copyright © Francesco Zaffuto
post inserito il 31/12/2017
Dobbiamo aspettare quasi un anno per continuare la lettura? E' decisamente troppo!
RispondiEliminaBuon 2018 !!!
E' in tredici puntate. Non una di più. Comunque questa sera si coprono due anni. Forse avrò perso nel frattempo tutti i lettori. Buon 2018 Cristiana.
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