La matassa di spago
Romanzo breve – inedito di Francesco Zaffuto
Copyright © Francesco Zaffuto
Chiamai a telefono il mio collaboratore Tumiati: “A che punto
sei con quel Rasputin?”
“Nel buio più
totale, commissario, non riesco a
rintracciarlo”.
“Lascia perdere
Tumiati, ho io l’indirizzo, me lo ha dato l’altro mago”.
“Che facciamo,
commissario, lo andiamo a trovare oggi pomeriggio?”
“No, no, ho da fare
altro, ci andiamo domani mattina. Ritieniti libero per oggi.”
“Grazie, commissario.”
Due maghi in una sola
giornata erano un po’ troppi; e poi,
dopo il colloquio con Girotti, l’ipotesi
illusionisti del questore faceva acqua.
Mi si ripresentava alla mente
l’ipotesi Mazzetti. Sì, dovevo togliermi
quella ossessione; e poiché, a detta del
pittore, non stava più a dormire sotto i
ponti occorreva cercarlo in quell’Hotel che desiderava tanto.
Chiamai un taxi:
“Mi porti all’Hotel
Hassler, piazza Trinità dei monti”.
Lungo il tragitto, cercai di organizzare le
possibili domande che potevo fare. Certo un commissario può fare domande
insolite, ma non volevo che mi pigliassero per matto.
Entrai nella lussuosa hall e, mostrando il mio
tesserino, dissi all’impiegato della reception:
“Sono il commissario
Biagini. Voi quando notate qualcosa di strano nell’Hotel fate rapporto a chi?”
“Al direttore
dell’Hotel”.
“Bene, se ora c’è, è
con lui che voglio parlare”.
Il direttore mi ricevette subito e notai che
era molto ben disposto nei miei confronti.
Alla mia domanda: “Avete notato qualcosa di
strano nelle camere vuote del vostro albergo?” parve illuminarsi.
“Veramente,
commissario, ero fortemente indeciso, in questi giorni, se venire io in
commissariato per far presente alcune stranezze; ma poi considerando che trattavasi di cose di
poca rilevanza e non facili da spiegare ho soprasseduto rinviando.”
“Mi dica.” Diss’io
alzando al massimo la mia attenzione.
“Alla camera 41, camera
vuota, l’inserviente che provvede alle pulizie mi ha segnalato da tre giorni
delle strane presenze.”
“Che tipo di presenze”.
“Si tratta di
questo: al mattino il letto era in
ordine ma non nell’ordine con cui viene sistemato dal nostro personale. Un
cuscino era un po’ leggermente unto e un altro giorno c’erano delle briciole
sul tappetino. Tappetino che era stato in precedenza ben spolverato.”
“Da quanti giorni
accadono questi fenomeni?”
“Da tre giorni”.
“Senta, le dispiace
darmi la chiave di questa camera, in modo che io possa fare subito, ora
stesso, una verifica? Per sicurezza preferirei andare da solo. Non
ho alcun mandato. Comprende!?.“
“Ma si figuri,
commissario, certo che può, la camera è attualmente libera. E anzi non posso
che ringraziarla.”
La
chiave non si trovava nell’apposita cassetta della portineria. Il direttore
cominciò ad entrare in agitazione e mi
diede la chiave di riserva. Chiesi di non essere seguito da nessuno, arrivai
alla 41 e con la massima circospezione aprii ed entrai. Diedi un colpo d’occhio
veloce in tutti gli angoli, volevo con i miei occhi arrivare ad una
inquadratura complessiva e nell’insieme cogliere i particolari, impresa difficile, ma considerato che trattavasi di
una sola camera, ci riuscii.
Non c’era nessun essere a me visibile. Aprii
anche il locale dei servizi e doccia, niente. Sul tavolo adibito a piccola
scrivania giaceva al centro l’altra
chiave. Andai all’ampia finestra, c’era
tutta Roma che si distendeva al mio sguardo, il sole cominciava a calare e
indorava cupole e case.
Il Mazzetti aveva detto che voleva godere di
quel paesaggio, il povero miserabile Mazzetti diventato invisibile per il mondo
voleva vedere Roma da Trinità dei monti. Pensai per un attimo che quel desiderio
era legittimo e pareva coincidere con il mio desiderio perché anch’io dilungavo
con piacere lo sguardo.
Come un pazzo cominciai a parlare ad alta
voce: “Mazzetti, Mazzetti Franco sei qua? Sai bene che io non ti voglio fare
del male, ma questa volta l’hai fatta grossa. Non ci sono solo io a darti la
caccia. Io non ti vedo ma se sei qua fammi capire qualcosa. Altre volte ti ho
visto, questa volta non ti vedo. Sono diventato cieco anch’io a questo punto,
come tutti gli altri. Cosa vuoi che faccia?”
Aspettai invano una risposta, un minuto
lunghissimo, in cui mi parve udire un respiro. Mi girai di scatto e la porta
d’ingresso della camera che avevo ben chiuso entrando era aperta.
Non c’erano dubbi,
c’era qualcuno in quella camera che aveva ascoltato il mio discorso.
Ritornai dal direttore che mi accolse con
l’ansiosa domanda: “Avete notato qualcosa?”.
“No, purtroppo no.
L’altra chiave stava dentro, sulla scrivania. Tenga. Le consiglio una cosa: se la camera resta vuota faccia in modo che
la chiave non sia a disposizione nella reception. Se deve darla a un cliente
può farlo tranquillamente.”
“Questo che vuol dire?”
chiese il direttore con un’aria insieme smarrita ed anche indispettita.
“Vuol dire nulla. Si
tratta di indagini su cui io non posso riferire a lei, perché sono vincolato,
deve capire. Comunque gli dò uno spunto che potrà rassicurarla. La persona che
ha usato la camera è molto abile e pensa di non avere lasciato traccia. Appena
si accorgerà, non trovando la chiave,
che la 41 è sotto sorveglianza, non andrà a cercare altre camere vuote qui e sicuramente cambierà
albergo. E’ molto probabile che l’abbia
già fatto.”.
“E’ così abile?”
“Certo, abilissimo. E
questo per lei è una fortuna perché non ritornerà. Per me è una disgrazia
perché lo debbo cercare e non sarà facile. Comprende?”
Quelle mie frasi lo
avevano ampiamente rassicurato, il direttore mi ringraziò e mi accompagnò alla
porta con sorrisi ed inchini.
Ripresi il taxi per andare a casa, avevo messo
nei pasticci il Mazzetti per quella sera, nel contempo speravo che trovasse un
buon letto da qualche parte, io avevo il mio, anche il mio era un letto
solitario.
Arrivai con fatica alla fine del paragrafo
“Spiegazione” del romanzo : … l’oscurità
ritornò completa, la cecità e la sordità ripresero possesso delle tenebre; e
Jean Valjean, non osando ancora muoversi, rimase a lungo addosso al muro,
l’orecchio teso, le pupille dilatate, guardando la scomparsa di quella
pattuglia di fantasmi.
“Se io non sono Javert, cosa sono, Valjean?” mi chiesi, sospendendo la lettura. Mi tolsi gli occhiali, era ora di prendere sonno; stesi il mio braccio e la mia mano, non c’era, sentii forte l’assenza di Nella.
Copyright © Francesco Zaffuto
post inserito il 17/12/2017
Ho visto il tuo racconto nei giorni scorsi ma no avevo tempo per fermarmi a gustare la narrazione ma oggi sì, ho letto tutto di seguito e penso, come sempre, che tu sia un ottimo narratore a cui nulla manca.
RispondiEliminaOttimo!
Ciao Sari, grazie - spero avrai la pazienza di arrivare alla fine di questa narrazione
EliminaOramai sei il mio appuntamento fisso del lunedì
RispondiEliminaPurtroppo non ho avuto ancora il tempo di assaporare, ci vuole il momento giusto, ma rimedierò senza dubbio.
RispondiEliminaCristiana
SEMPRE PIU' INTRIGANTE.
RispondiEliminaCRISTIANA
un grazie di cuore ai miei pochi lettori
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