Giandante X

Giandante - Dante Pescò - Paesaggio infuocato 1965 - cm. 35x50


Una serata per ricordarlo con la presentazione del CATALOGO DELLE OPERE PITTORICHE DI DANTE PESCO’ “GIANDANTE X”
dalle ore 18,30 di giovedì 14 novembre 2013, alla Camera del Lavoro di Milano – C.so di Porta Vittoria, 43 a Milano.

La serata è stata organizzata da: L’Associazione Memoria Storica Giovanni Pesce, la Sezione ANPI Mario Greppi, la CGIL Camera del Lavoro Metropolitana, l’ANPI Provinciale di Milano in collaborazione con l’Associazione La Conta  -  In particolare durante la serata verrà presentato il CATALOGO DELLE OPERE PITTORICHE DI DANTE PESCO’ “GIANDANTE X” – Circolare libere dopo la grande lotta, ecco il bel sogno umano (Giandante X) edizione Ass. Memoria Storica Giovanni Pesce, con la partecipazione di:Graziano Gorla - Segretario Gen.le Camera del Lavoro di Milano, Metello Cavallo – Sez. Anpi Mario Greppi, Cenati Roberto – Anpi Provinciale Milano,Roberto Farina - Curatore catalogo di Giandante X, Roberto Dulio - Prof. di Storia dell'Architettura del Politecnico, Piero Pittini - Storico, Rita Pescò -nipote di Giandante X, Tiziana Pesce e Ketty Carraffa (che coordina la serata),  Ass.ne Memoria Storica – Giovanni Pesce. Parteciperanno altresì alla serata Gianpietro Marazza, fisarmonica e Mario Toffoli, voce e chitarra, che eseguiranno alcuni canti e musiche tratte dei repertori della Guerra Civile Spagnola e della Resistenza. La serata si concluderà con il rinfresco offerto a tutti i presenti.

Il pittore anarchico e antifascista Dante Pescò, che scelse il nome di Giandante, ebbe una vita travagliata e molte delle sue opere andarono perdute. Qui le note biografiche che ci ha fatto pervenire l’Associazione la Conta.

Nasce l’8 agosto 1899 a Milano, primogenito d’una ricca e numerosa famiglia di industriali tessili.
 Il padre non deve vedere di buon occhio le aspirazioni artistiche del figlio. E’ il 1° ottobre del 1916 quando Giandante lascia per sempre la casa paterna e comincia una vita di studio, senza mezzi. Nel 1919 prende la laurea in architettura; due anni dopo, in filosofia. E’ il più giovane architetto italiano. Sceglie in quegli anni lo pseudonimo che terrà tutta la vita: "(…) si dichiarò Giandante; realmente fu un viandante perché non ebbe sosta e, fu anche un crociato, perché sulle sue spalle s’applicò l’enorme incognita X (eterno divenire)".
E’ tra i primi a rispondere colpo su colpo alle squadracce fasciste, nelle fila degli "arditi del popolo".
Disegna moltissimo, passa notti insonni a "inseguire" con la "matita pura e rapidissima come il fulmine" tutto ciò che vede muoversi nel suo studio, "dalla pulce alla formica (…) indi le pietre, le piante e finalmente il misterioso e perfetto essere vivente in continua evoluzione: l’uomo, il diamante intellettuale della materia". Nel dicembre del 1920 espone 2500 piccoli studi a china e a matita, nei quali si può notare una ricerca antinaturalistica, di matrice nordica, che non ha simili in Italia, se non in Wildt, che cura il catalogo della mostra. Potrebbe ora, spinto dal successo d’esordio, percorrere le vie usuali che si aprono a un giovane di talento in una città come Milano, ma si ritira nel suo studio.


Nell’aprile del ’23 viene incarcerato su delazione. Già varie volte arrestato, quella sera gli fu fatale: e, sotto la tortura, rasentò la pazzia. In carcere si taglia i polsi, per protestare contro i ritardi del processo. Al processo si difende da solo  e poco dopo viene rilasciato, ma è schedato e tenuto sotto controllo per dieci anni, fino alla fuga all’estero nel ’33.
Nel 1925 partecipa alla II Biennale delle Arti Decorative di Monza. Dallo stesso anno comincia a collaborare con "L’Unità" fino alla sua chiusura. Nel 1927 partecipa alla III Biennale di Monza, dove raggiunge il vertice del suo costruttivismo.
Nell’ottobre del 1933 passa in Svizzera, poi in Francia. Nasconde opere, carteggi, libri e documenti, parte presso di sé, parte presso amici, ma al suo ritorno non troverà nulla. A Parigi tiene due mostre alla Galleria Auguste Gerard, e vive d’ogni genere di lavoro, dal facchino al decoratore. All’indomani della ribellione militare spagnola, getta tutte le opere che ha con sé nella Senna e parte per Barcellona.
Dopo un periodo di trincea nella 134^ Brigata Mista, viene da Longo assegnato all’Ufficio propaganda e stampa, dove produce idee grafiche, disegni, bozzetti per sculture e manifesti che lasceranno il segno nella grafica repubblicana.
Il 28 marzo ’39 cade Madrid ed è l’esodo oltre confine: entrarono in Francia circa duecentocinquantamila militari, centosettantamila donne e bambini e settantamila civili, che vennero raccolti in camps de collectage a ridosso dei Pirenei, veri e propri campi di concentramento. Giandante è deportato a piedi a Gurs, Vernet e Saint Cyprien, Nei campi francesi realizza sculture in fango e paglia, e minuscoli coloratissimi schizzi ad acquerello. Rimane nei campi di concentramento francesi finché non è consegnato alle autorità italiane, che nell’agosto del 1942 lo condannano a cinque anni di confino a Ustica.
Dopo il 25 luglio 1943 il governo Badoglio, anche se riluttante, rilascia tutti gli antifascisti, ma non gli anarchici, che sono trasferiti nel campo di prigionia di Renicci-Anghiari, dove rimangono fino alla fuga dei carcerieri, poco dopo l’8 settembre. Una volta libero, Giandante torna a Milano, dove collaborerà con la Resistenza.
Finita la guerra riapparirà alla "Casa della Cultura", per consegnare a Dino Formaggio alcuni suoi  paesaggi a carboncino.
Il Giandante del dopoguerra è un piccolo uomo, occhio fisso e testa lucida, che vive e lavora in un seminterrato di via Senato, senza riscaldamento né elettricità.

Quasi nessuno sa del suo passato, non racconta della militanza antifascista, né della guerra, né della prigionia. Non segue mode, non firma manifesti, non ha partito. Spesso ospite dei Pesce, medaglie d’oro della Resistenza, non perde occasione per concedersi un ballo con Onorina Brambilla Pesce. Giovanni Pesce, compagno di Giandante in Spagna e leggendario comandante dei GAP milanesi, nel 1984 paga i funerali dell’amico, con il quale perde "un compagno tra i più sensibili all’amicizia, al rispetto".

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