Certo può sembrare in ritardo rispetto a tanti pensatori del socialismo, ma non è poca cosa se Papa “Francesco” oggi dice che è necessario un “reddito minimo (RMU)” o “salario universale” affinché “ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita”. Ed aggiunge anche che “lavorare meno affinché più gente abbia accesso al mercato del lavoro è un aspetto che dobbiamo esplorare con una certa urgenza”. Perché “non ci possono essere tante persone che soffrono per l’eccesso di lavoro e tante altre che soffrono per la mancanza di lavoro”.
Se l’avesse detto prima un Papa ci saremmo risparmiati tanti
guai e tante inutili diatribe; ma c’erano altri Papi e nella Chiesa si
respirava un clima diverso; e c’erano
anche tanti socialisti che dicevano che la religione era l’oppio dei popoli.
Rinvangare il passato è sempre utile per trovare qualche
insegnamento dalla Storia; ma la Storia non deve diventare un gappio che
impedisce di andare avanti, deve solo impedirci di rifare diversi errori.
L’affermazioni del
Papa (si riporta l’articolo
dall’Avvenire) non sono affermazioni che superano il capitalismo, ed anche
se fossero pronunciate da un socialista non contrastano espressamente con la
proprietà privata; trattasi di due necessarie misure di buonsenso che possono
essere utili in qualsiasi nazione e con qualsiasi regime; verrebbe a diminuire
il malessere sociale ed aumenterebbe la solidarietà sociale. Ma è pure vero che
se una nazione dove vige il capitalismo sfrenato attua tali misure esse
verrebbero a gravare fiscalmente sui ceti medi e sugli stessi lavoratori; se
invece vengono applicate in una nazione orientata verso il socialismo tali
misure potrebbero gravare fiscalmente anche sui ceti più ricchi.
Una società
capitalista pervasa dal mito dell’arricchimento sicuramente si mostrerà
insensibile al reddito universale e alla diminuzione dell’orario di lavoro; ma
anche una società che si dice socialista, se pervasa dal mito dell’aumento
della produzione, può manifestare
notevoli elementi di insensibilità.
Si può dire anche che
le affermazioni fatte dal Papa in tema di Reddito minimo universale e di
riduzione del tempo dedicato al lavoro sono affermazioni che fanno parte della
storia del pensiero socialista; e sono anche affermazioni che ben collimano con
la tradizione del pensiero cristiano. Eppure
se ci si avventura a far sì che diventano prassi ecco venire fuori uno stuolo
di nemici da ogni lato (da destra e da sinistra); basta pensare ai tanti che parlano male della
prima misura di Reddito di Cittadinanza attuata il Italia; e ai tanti che si
oppongono ad ogni discorso di riduzione dell’orario di lavoro; possiamo persino
trovare operai che sono disposti a lavorare di più e che preferiscono una paga
più alta rispetto ad un tempo più libero.
C’è tanto da fare per convincere
politici e cittadini per un reddito minimo a tutti e per un lavoro meno faticoso a tutti; se è
arrivata anche la parola del Papa, tanto meglio. (fr.z.)
Sono stata, e sono contraria al reddito di cittadinanza, perchè lo ritengo un provvedimento necessario ma limitato nel tempo. L'elargizione del reddito deve essere comunque affiancato dalla ricerca del lavoro attraverso gli strumenti che il governo aveva garantito e mai sono partiti (no mezzi, no idee, no cultura). Un reddito dato da uno stato che promette e mai mantiene mi preoccupa perchè crea sudditanza e può divenire un futuro mezzo di ricatto.
RispondiEliminaPlaudo il tuo commento ma trovo che la Chiesa dica cose giuste quando non può farne a meno.
E' sempre in ritardo e questo pensiero mi rattrista.
Ciao.
Concordo che può diventare un mezzo ricatto. La guida deve essere il principio di lavorare tutti lavorare meno; altrimenti un reddito di cittadinanza costruisce dei cittadini che sono solo utili consumatori; ed anche visti male dagli altri che lavorano. Lavorare tutti - lavorare meno - è applicabile in tanti modi - non solo riducendo l'orario di lavoro giornaliero.
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