LA SACRALITA’ DELLA POESIA – di Luigi
Giurdanella
Da: “I POETI
DELL’ARIETE NEWS” N° 147 Marzo 2019
Josè Saramago
(premio Nobel per la letteratura 1998) ha piena fiducia nel poeta demiurgico
tanto che dice del suo essere poeta: “Siamo uguali agli dei, quando inventiamo/
nel deserto del mondo questi segni/ come ponti che abbracciano distanze”.
Facendo così della poesia una libera e incontrollabile rivelazione del divino.
Dagli antichi la poesia era avvertita anzitutto non come una produzione umana
ma come un linguaggio ispirato da una forza divina. D’altronde le nostre vite
sono guidate da immagini sacre, da simboli che non sono concetti, ma forze:
quelli che gli antichi chiamavano dei e gli psicanalisti chiamano archetipi.
In
verità gli dei sono una realtà complessa in cui tutto è nella parte e la parte
nel tutto, l’uno è nella molteplicità e la molteplicità è nell’uno. Le immagini
sacre che li identificano possono farti sentire amato, partecipe di una potenza
creatrice che è espressione del divino, e ti danno quella capacità di andare al
di là della natura delle cose e oltre te stesso. Il rapporto tra noi e la sacra
rappresentazione dipende dal significato che le attribuiamo e soprattutto è
questione di fede. L’immagine divina per eccellenza, che contiene tutte le
altre è quella che i più chiamano Dio. Per la cultura greca classica a
presiedere alle arti erano le Muse, nove divinità che abitavano il monte
Elicone. Le Muse avevano una posizione privilegiata nella gerarchia divina, in
quanto erano figlie di Zeus e nate da Mnemosyne, la Dea della memoria. Per
quanto riguarda la poesia ben tre erano a presiederla: Calliope per la poesia
epica; Erato per quella amorosa e Euterpe per la poesia lirica. Nella fase
giovanile Platone descrive gli artisti, nella fattispecie, i poeti, come
“ispirati e posseduti dal Dio”, vale a dire pervasi da una felice follia,
grazie alla quale possono trascendere il livello ordinario dei discorsi e
giungere a cogliere le dimensioni più profonde dell’essere. Questo porta il
giovane Platone a concludere che: “I poeti non sono altro che interpreti degli
Dei”. Va da se che successivamente Platone denigra i poeti considerandoli
impostori, nocivi all’educazione dei giovani, solo verso la fine della sua
esistenza, si ricrede e li riabilita considerandoli invasati dalle Muse, e la
loro poesia “divina follia”. Di fronte al mondo e alla vita gli esseri umani di
ogni epoca e di ogni luogo, hanno sempre sentito l’emozione della sacralità
insita nella natura delle cose, ed hanno sempre cercato di esprimerla con opere
artistiche, la poesia, la pittura, la musica e quanto altro, secondo le loro
capacità e tendenze. Così non esiste popolo che non abbia la propria pittura,
la propria poesia, la propria musica, la propria arte e la loro religione, e
speriamo che sia così per sempre. Ma in questa epoca in cui la vita è
minacciata ed esacerbata da violenze, dissidi, discriminazioni e razzismo,
vedendo la nostra società sclerotizzata dall’ovvio e dal banale; da questo
andamento negativo dove la menzogna ha preso il posto della verità e l’uomo ha
perso il rispetto che deve al suo simile, molti si sentono sopraffatti da un
odio generalizzato. In questi tempi di crisi, che sembrano non finire mai, ci
si chiede: come orientarsi, cosa fare ? No, non tutto è perduto: fin quando ci
saranno ancora uomini che sentono l’impulso di armonizzare la parola con
l’anima e usano la loro scrittura non solo per redigere un fatto di cronaca, ma
per la celebrazione dell’essere, andando così dritto al cuore della gente, c’è
speranza. Ed è in questo modo che i loro testi cessano di essere articoli di
giornale o racconti, e diventano poesia. Poesia, perciò, che nasce
dall’inspiegato desiderio di narrare l’impatto che il mondo esterno ha sulla
propria interiorità, un racconto sognante che affonda le radici nelle emozioni
e nel sentimento, poesia espressa con parole ritmate spesso rimate: sono i
versi nelle varie forme! Possiamo dire che la poesia tramite gli oggetti
familiari e gli eventi naturali, entra nell’anima, la illumina e la feconda,
rendendola capace di generare altra poesia, contribuendo alla pienezza
dell’esistenza umana. Così la sacralità della poesia diventa componente
salvifica di un’umanità oggi più che mai alla deriva. Concludo ancora con
Saramago che del suo essere poeta dice: “Se la poesia è altare, io officio”.
Post
inserito il 07/04/2019
Nessun commento:
Posta un commento
Post aperto a dibattito, si possono inserire commenti immediatamente ed automaticamente – i curatori di arpa eolica si riservano di cancellare rettifiche e commenti che possano contenere offese a terzi o appelli alla violenza. Grazie per i commenti che andate ad inserire.