Una
riflessione di Luigi Giurdanella sugli incontri
di lettura di
poesia de I Poeti dell’ ARIETE
A volte
ritornano … Così si potrebbero liquidare le due domande che mi vengono poste,
per fortuna sporadicamente, a proposito del mio prodigarmi per la poesia. La
prima: “ma chi te lo fa fare?”, è detta con una certa bonomia e, in fondo, con
celata ammirazione mista a indulgenza. Nella seconda: “ma cosa ci guadagni?”,
si percepisce una sarcastica commiserazione (non voglio pensare di peggio …).
La seconda domanda, piuttosto equivoca e squalliduccia, non merita nessuna risposta. Mentre la prima, pur essendo trita e ritrita, provoca sempre e comunque una certa perplessità e di conseguenza un momento di riflessione, non tanto sul mio prodigarmi per la poesia che è inspiegabile passione, quanto sulla funzione del poeta nella società d’oggi. Visto che l’incontro di Maggio è il penultimo, (ce ne sarà ancora uno il 15 giugno, e poi concludiamo questa nostra stagione poetica), riflettere sul significato e sul senso dei nostri incontri di lettura libera di poesia, anche se a più riprese ne abbiamo parlato, lo ritengo giusto e salutare. Cominciamo col dire che gli orientamenti della civiltà contemporanea, caratterizzati da un’affannosa rincorsa all’utile, sono lontani dalla ricerca della verità e del senso della vita, immaginiamoci se si prende in considerazione la poesia! Oggi abbiamo a disposizione enormi database che rappresentano il mito della memoria universale. L’uomo, grazie alla facilità di reperimento ed elaborazione di dati, di qualsiasi natura e tipo, pensa che tutto sia possibile e dovuto: dallo sfruttamento intensivo delle risorse della terra, alla conquista dell’universo; dalla manipolazione genetica alla clonazione della vita. Espressione e facciata di questo mondo neoliberista, capitalista e consumista è la cosiddetta civiltà dell’immagine, che proponendo come modello di riferimento, magari falso, ma estremamente attraente, il mito del successo facile (si pensi alle veline, ai reality...), conquista sempre più “adepti”. Il rischio è la perdita della propria identità che unita a un profondo senso di solitudine, crea una generazione confusa ed infelice. A questi profondi cambiamenti epocali il poeta assiste con discrezione e semplicità. In questa orgia di realtà virtuale, la poesia assurge a memoria intima e collettiva; a percorso di consapevolezza, conoscenza e simbolo “dell’essere”, in contrapposizione con “l’avere”, una sorta di umanizzazione in contrasto con la meccanizzazione: in questo senso la parola poetica è fondamentale. Grazie alla relazione con l’ambito sociale e storico, la poesia è la migliore interprete del suo tempo. Attraverso la presenza della poesia, capace di riportare il passato nel presente, si crea un legame indissolubile tra tradizione e attualità: rituale laico che solo la poesia può permettersi. Quanto più è lacerante il conflitto socioculturale, tanto più importante e fondamentale è il compito della poesia, che ci aiuta a diventare liberi artefici di noi stessi. Difficile pensare un qualsiasi periodo della storia e della società senza l’apporto di un grande poeta. Poeta magari incompreso e avversato dai suoi contemporanei, ma che alla lunga la storia gli ha dato ragione. Successe al grande Giacomo Leopardi, come raccontava il professor Vincenzo Guarracino in una lectio magistralis in occasione dell’inaugurazione della settimana della lettura di Gallarate. Il professore ci diceva che la grandezza del poeta recanatese fu riconosciuta quasi un secolo dopo, ma da allora il suo fulgore illuminò non solo il suo secolo, ma tutti quelli successivi. Pertanto non c’è da preoccuparsi se le nostre manifestazioni di poesie suscitano domande e perplessità, per noi questi incontri sono necessari, diventano un rituale intimo e collettivo. La forza poetica che si sprigiona quando leggiamo le poesie, potrebbe essere definita fusione di pensiero e vita, ma uniti in modo talmente inestricabile da non poter separare i due processi. Come la poesia riesca a rappresentare il pensiero e la vita, è un processo non ancora chiarito totalmente. Non secondario è l’assegnazione del tema, una formula ideata dalla mai dimenticata Caterina Parisi, ormai collaudata da anni ed indispensabile, a detta dei tanti partecipanti, per stimolare la creatività. Concludo riportando alcune considerazioni fatte da Maria Luisa Ferrantelli, che frequenta da qualche mese i nostri incontri; la Ferrantelli definiva, con grande intuito e perspicacia, queste nostre assemblee, degli outsider nel panorama delle manifestazioni poetiche, in quanto non ci sono pretese o formalismi letterari, ma grande sincerità, passione e umanità; in parole povere da noi più che letteratura si fa cultura! E infine, rispondendo a quelli che con quella prima domanda oziosa, sottendono l’inutilità del mio fare poetico, voglio dire che quella “luminosità” che emana dal nostro Gruppo, non sono riflessi di un tramonto, ma i bagliori di un’alba! Sta qui il senso e la gratificazione del mio fare!
La seconda domanda, piuttosto equivoca e squalliduccia, non merita nessuna risposta. Mentre la prima, pur essendo trita e ritrita, provoca sempre e comunque una certa perplessità e di conseguenza un momento di riflessione, non tanto sul mio prodigarmi per la poesia che è inspiegabile passione, quanto sulla funzione del poeta nella società d’oggi. Visto che l’incontro di Maggio è il penultimo, (ce ne sarà ancora uno il 15 giugno, e poi concludiamo questa nostra stagione poetica), riflettere sul significato e sul senso dei nostri incontri di lettura libera di poesia, anche se a più riprese ne abbiamo parlato, lo ritengo giusto e salutare. Cominciamo col dire che gli orientamenti della civiltà contemporanea, caratterizzati da un’affannosa rincorsa all’utile, sono lontani dalla ricerca della verità e del senso della vita, immaginiamoci se si prende in considerazione la poesia! Oggi abbiamo a disposizione enormi database che rappresentano il mito della memoria universale. L’uomo, grazie alla facilità di reperimento ed elaborazione di dati, di qualsiasi natura e tipo, pensa che tutto sia possibile e dovuto: dallo sfruttamento intensivo delle risorse della terra, alla conquista dell’universo; dalla manipolazione genetica alla clonazione della vita. Espressione e facciata di questo mondo neoliberista, capitalista e consumista è la cosiddetta civiltà dell’immagine, che proponendo come modello di riferimento, magari falso, ma estremamente attraente, il mito del successo facile (si pensi alle veline, ai reality...), conquista sempre più “adepti”. Il rischio è la perdita della propria identità che unita a un profondo senso di solitudine, crea una generazione confusa ed infelice. A questi profondi cambiamenti epocali il poeta assiste con discrezione e semplicità. In questa orgia di realtà virtuale, la poesia assurge a memoria intima e collettiva; a percorso di consapevolezza, conoscenza e simbolo “dell’essere”, in contrapposizione con “l’avere”, una sorta di umanizzazione in contrasto con la meccanizzazione: in questo senso la parola poetica è fondamentale. Grazie alla relazione con l’ambito sociale e storico, la poesia è la migliore interprete del suo tempo. Attraverso la presenza della poesia, capace di riportare il passato nel presente, si crea un legame indissolubile tra tradizione e attualità: rituale laico che solo la poesia può permettersi. Quanto più è lacerante il conflitto socioculturale, tanto più importante e fondamentale è il compito della poesia, che ci aiuta a diventare liberi artefici di noi stessi. Difficile pensare un qualsiasi periodo della storia e della società senza l’apporto di un grande poeta. Poeta magari incompreso e avversato dai suoi contemporanei, ma che alla lunga la storia gli ha dato ragione. Successe al grande Giacomo Leopardi, come raccontava il professor Vincenzo Guarracino in una lectio magistralis in occasione dell’inaugurazione della settimana della lettura di Gallarate. Il professore ci diceva che la grandezza del poeta recanatese fu riconosciuta quasi un secolo dopo, ma da allora il suo fulgore illuminò non solo il suo secolo, ma tutti quelli successivi. Pertanto non c’è da preoccuparsi se le nostre manifestazioni di poesie suscitano domande e perplessità, per noi questi incontri sono necessari, diventano un rituale intimo e collettivo. La forza poetica che si sprigiona quando leggiamo le poesie, potrebbe essere definita fusione di pensiero e vita, ma uniti in modo talmente inestricabile da non poter separare i due processi. Come la poesia riesca a rappresentare il pensiero e la vita, è un processo non ancora chiarito totalmente. Non secondario è l’assegnazione del tema, una formula ideata dalla mai dimenticata Caterina Parisi, ormai collaudata da anni ed indispensabile, a detta dei tanti partecipanti, per stimolare la creatività. Concludo riportando alcune considerazioni fatte da Maria Luisa Ferrantelli, che frequenta da qualche mese i nostri incontri; la Ferrantelli definiva, con grande intuito e perspicacia, queste nostre assemblee, degli outsider nel panorama delle manifestazioni poetiche, in quanto non ci sono pretese o formalismi letterari, ma grande sincerità, passione e umanità; in parole povere da noi più che letteratura si fa cultura! E infine, rispondendo a quelli che con quella prima domanda oziosa, sottendono l’inutilità del mio fare poetico, voglio dire che quella “luminosità” che emana dal nostro Gruppo, non sono riflessi di un tramonto, ma i bagliori di un’alba! Sta qui il senso e la gratificazione del mio fare!
Luigi
Giurdanella
Da: “I
POETI DELL’ARIETE NEWS” n° 122 maggio 2016
La pagina di Arpa eolica dedicata Luigi Giurdanella http://arpaeolica.blogspot.it/2013/03/giurdanella-luigi.html
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