Fantasia sul
“Chiaro di Luna”
Versi di Elda
Porcelli Ferrantelli sulla Sonata 1° tempo del “Quasi una fantasia” di Beethoven
Stende la luna il suo manto d’argento
sui campi deserti, su ville fiorite,
su strade silenti,
che serbano l’orme di stanchi
viandanti.
Salgono in alto, sui raggi di
luna,
con dolce sussurro, devote
preghiere
e, unite in un coro con mille
sospiri,
con mille singhiozzi,
ripetono un canto, sospeso a
mezz’aria.
Notte serena – o notte divina!
Mi doni la pace che l’anima brama.
Quel canto sommesso, che sale
nell’aria,
al chiaro di luna,
io solo l’ascolto,
io solo l’intendo e nell’anima mia
accolgo le voci dell’anime tutte
che vegliano stanche, che gemono
affrante,
che sperano invano,
e provo la gioia di averle compagne.
Notte serena – o notte divina!
Nel grande silenzio, non
cantano solo
le anime in coro, ma parlan
le cose
(per quale magia?)
un dolce linguaggio ch’è pien
di mistero.
Narrano l’onde, baciando gli scogli,
lambendo le rive attente e stupite,
le antiche leggende, le storie
d’amore,
di fiere tempeste
e l’eco pei monti si perde lontano …….
……… ascolta …………….. ascolta ……………..
……… o notte ………….. t’arresta!
Rimanda l’aurora, o magica notte!
Non chiedon riposo le membra mie
stanche
e l’anima mia non sente più il peso
di spoglie terrene
che sempre l’opprime, ma libera canta
e l’ali dispiega nel volo e s’innalza
più su delle vette dei monti più
arditi,
più su delle nuvole, orlate
d’argento,
e sempre più in alto,
nel cielo elevandosi, a Dio
s’avvicina
e beve e s’inebria alle fonti divine
e, invasa dai raggi celesti, che
tutta
di luce l’inondano, in canto traduce
l’ignota dolcezza,
provata nell’estasi nuova ed il canto
nell’aria s’effonde sereno e discende
sui cuori dolenti le piaghe a lenire.
La luna distende un velo d’argento
Sui campi deserti,
che attendono il seme fecondo nei
solchi,
sui prati stillanti la fresca rugiada
nell’umida notte, sui vecchi giacigli,
che accolgono i sonni degli uomini
stanchi.
Dilegua nell’aria
quel canto sommesso, che dolce saliva
sui raggi di luna, e il mare lontano
sospende il racconto alle rive
stupite.
Si perdono gli echi nei boschi, sui monti,
e taccion le fronde,
i fiori, i ruscelli e ogni preghiera
si spegne sull’umili labbra devote
e cessa ogni gemito, come d’incanto.
Svanisce la pena nell’anime
affrante,
svanisce ogni affanno.
Su tutte le cose, nel grave silenzio,
dolcezza infinita – miracolo atteso! –
discende dall’alto la voce di Dio.
E l’anima mia che, in cerca di
pace,
tra mille tempeste,
non trova riposo e la gioia
anelando,
si strugge nel pianto,
alfine si placa.
16 Ottobre 1943/5 Elda Porcelli Ferrantelli
Elda Porcelli Ferrantelli, pianista,
più volte aveva suonato questo pezzo e scrisse questi versi sull’onda delle
emozioni che le note di Beethoven le avevano procurato, derivandone fedelmente
la metrica dal ritmo stesso del testo musicale. Siamo perciò di fronte alla
ricerca di un difficile sincronismo tra note musicali e immagini tradotte in
parole. Ma c’è una particolare sincronicità di cui voglio parlare: i versi di Elda Porcelli, dattiloscritti su
fogli ingialliti, li conservava con amore mia figlia Dafne, nipote di Elda; da tempo
pensavo di trascriverli in un file per inserirli su Arpa eolica. Ho fatto
questa trascrizione la mattina del 7 dicembre 2014. Finita la trascrizione mi sono accinto a
copiare la data che per i caratteri di
stampa risulta il 16 ottobre del 1943, ma il tre porta anche una debole
correzione a penna che lo trasforma in cinque. Se dei versi sono scritti in un
giorno o in un altro può avere poca importanza, ma il 16 ottobre del 1943 è una
data drammatica per la storia di Roma, è il giorno del rastrellamento degli
ebrei, operato da Kappler e più di mille esseri umani vennero deportati nel
campo di Auschwitz. Penso che Elda abbia scritto quei versi nell’ottobre del 45
e che si è trattato di un errore di battitura, tra l’altro corretto. Ma
quell’errore di battitura ha permesso a me di fare una ricerca su internet e di
ricordare quella data. Gli anni che vanno dal 43 al 45 sono stati anni
terribili per Roma, Elda li ha vissuti come una madre di una qualsiasi famiglia
romana, forse neanche conosceva tutti i fatti drammatici che accadevano nella
città, accudiva a due bambini piccoli che occupavano tutte le sue energie. Tra
preoccupazioni, difficoltà e sirena che annunciava i bombardamenti, l’unico
momento di pace per Elda era forse il suo piano e le note di Beethoven. In
quelle note e in quei versi ci stanno i due anni di Roma, tutti.
Un altro sincronismo del 7 dicembre
2014 (lo stesso giorno in cui ero alle prese con la trascrizione) è l’avere visto,
insieme a mia moglie Maria Luisa, la diretta in televisione della
rappresentazione della Scala del Fidelio di Beethoven, lo stesso autore del
“Chiaro di luna” che aveva tenuto compagnia ad Elda in quegli anni: Leonora nei panni di Fidelio, riesce a
sconfiggere il tiranno Pizarro. Con il suo inno finale Beethoven ci dice che il
buio non è eterno, se ci guida l’amore il buio non è eterno. E ricercare tra i
sincronismi il filo conduttore dell’amore ci è necessario.
08/12/14 francesco zaffuto
questo post è corredato dalla interpretazione di Horowitz Vladimir Samojlovič
Della musica non dico perchè è stupenda, sempre e per sempre, ma invece dico della poesia che è anch'essa musica e ricca di ogni sentimento alto di cui è capace un essere sensibile.
RispondiEliminaMetterò il link a questa pagina nel mio blog natalizio ennecomenatale... perchè nella musica, nei versi, nel tuo commento, c'è lo spirito del Santo Natale.
Ciao.
Mi complimento per il post ,che ha permesso la conoscenza di una artista molto sensibile.
RispondiEliminaUn caro saluto
Ho letto ed ascoltato, cara SARI, e sono senza parole per la bellezza della musica a cui corrispondono parole alte d'un tempo doloroso. Grazie SARI, tu sempre scegli col metro della tua sensibilità quanto intendi proporci.
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