?Cosa
diventerà la carica della Presidenza della Repubblica se la riforma
costituzionale e la legge elettorale denominata Italicum diventeranno in Italia
una realtà operativa?
Intanto
leggiamoci la poesia di Trilussa e poi ne riparliamo alla fine.
C’era una vorta un Re così a la mano
ch’annava sempre a piedi come un omo,
senza fanfare, senza maggiordomo,
senza ajutante…; insomma era un Sovrano
che quanno se mischiava fra la gente
pareva quasi che nun fosse gnente.
A la Reggia era uguale: immaginate
che nun dava mai feste, e certe vorte
ch’era obbrigato a da’ li pranzi a Corte
je faceva li gnocchi de patate,
perché – pensava – la democrazzia
se basa tutta su l’economia.
- Lei me pare ch’è un Re troppo a la bona:
- je diceva spessissimo er Ministro -
e così nun pò annà, cambi reggistro,
se ricordi che porta la Corona,
e er popolo je passa li bajocchi
perché je dia la porvere nell’occhi. –
Ma lui nun ce badava: era sincero,
diceva pane ar pane e vino ar vino;
scocciato d’esse er primo cittadino
finiva pe’ regnà soprappensiero,
e in certi casi succedeva spesso
che se strillava “abbasso” da lui stesso.
Un giorno che s’apriva er Parlamento
dovette fa un discorso, ma nun lesse
la solita filara de promesse
che se ne vanno come fumo ar vento:
- ‘Sta vorta tanto – disse – nun so’ io
se nu’ je la spiattello a modo mio! –
E cominciò: - Signori Deputati!
Credo che su per giù sarete tutti
mezzi somari e mezzi farabutti
come quell’antri che ce so’ già stati,
ma ormai ce séte e basta la parola,
la volontà der popolo è una sola!
Conosco bene le vijaccherie
ch’avete fatto per avè ‘sto posto,
e tutte quel’idee che vanno imposto
le banche, le parrocchie e l’osterie…
Ma ormai ce séte, ho detto, e bene o male
rispecchiate er pensiero nazzionale.
Dunque forza a la macchina! Er Governo
è pronto a fa’ qualunque umijazzione
purchè je date la soddisfazzione
de fallo restà su tutto l’inverno;
poi verrà chi vorrà: tanto er Paese
se ne strafotte e vive su le spese.
Pe’ conto mio nun vojo che un piacere:
che me lassate in pace; in quanto ar resto
fate quer che ve pare: nun protesto,
conosco troppo bene er mi’ mestiere;
io regno e nun governo e co’ ‘sta scusa
fo li decreti e resto a bocca chiusa.
Io servo a inaugurà li monumenti
e a corre su li loghi der disastro;
ma nun me vojo mette ne l’incastro
fra tutti ‘sti partiti intransiggenti:
anzi j’ho detto: Chiacchierate puro,
ché più ve fo parlà più sto sicuro.
Defatti la Repubbrica s’addorme
davanti a li ritratti de Mazzini,
er Socialismo cerca li quatrini,
sconta cambiali e studia le riforme,
e quello de la barca de San Pietro
nun sa se rema avanti o rema addietro. –
A ‘sto punto er Sovrano arzò la testa
e vidde che nun c’era più nessuno
Perché li deputati, uno per uno,
èreno usciti in segno de protesta.
- Benone! – disse – Vedo finarmente
un Parlamento onesto e inteliggente!
Trilussa (Carlo Alberto Salustri),
novembre 1910
Trilussa, al tempo della sua poesia, si riferiva alla Corona; il Re regnava e il Capo
del Governo governava (e non era lontano il ricordo dei grandi scandali come
quello della banca di Roma).
Nella
Costituzione della Repubblica, in vigore fino alla riforma voluta dal Governo
Renzi, il Presidente della Repubblica
nel suo “regnare” conserva alcuni poteri
politici di rilievo: conferire l’incarico a chi deve formare il governo,
rinviare le leggi per un cambiamento o una seconda riconferma, sciogliere le
Camere in caso di difficoltà di governo indicendo nuove lezioni.
Abbiamo
avuto generalmente presidenti che hanno fatto pesare in modo limitato il loro
ruolo; ma anche un caso come la presidenza di Giorgio Napolitano che ci diede
un notevole assaggio di tutti i poteri del Presidente.
Per
effetto della riforma delle Istituzioni repubblicane, voluta dal Governo Renzi,
e per effetto della legge elettorale denominata Italicum, la figura del
Presidente della Repubblica diventerà estremamente
pallida. Le elezioni consegneranno un Parlamento con una sola Camera e formata
da deputati a larga maggioranza del solo partito vincente. Il Presidente della
Repubblica si dovrà limitare a conferire l’incarico al leader del partito
vincente, il suo rinvio alla Camera di leggi non potrà scalfire una maggioranza
blindata, lo scioglimento della Camera si potrà fare solo con il consenso del
Capo di governo o per il naturale fine mandato.
Molto, ma molto più pallido del Re di Trilussa.
Pensiamoci perché ci sarà un referendum. (f.z.)
PER UNA BIOGRAFIA DI TRILUSSA
Trilussa
Senatore a vita della Repubblica
Malato da tempo e presago della fine imminente, ma con immutata ironia, così
commentò la nomina ricevuta dal Presidente Luigi Einaudi: “M’hanno nominato
senatore a morte.”
Il ringraziamento per le felicitazioni inviate da tantissimi personaggi
importanti, per la nomina attribuitagli dal Capo dello Stato, ricevettero tutte
un curioso “si ringrazia” seguito dalla sua firma. Il biglietto venne
spiritosamente spedito “post mortem”! da http://www.ilpuzzoloso.com/1-home/poesie/trilussa.htm
Nella foto una nota immagine del poeta
Post inserito il 26/02/16
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