LI CRASTI


LI CRASTI   
Poesia in siciliano di Giovanni Meli (l’Abbati) - testo in italiano accanto

‘Na quantità di Crasti in un sticcatu,                           Da una  quantità di Crasti in un recinto,
Mentri chi si scurnavanu tra d'iddi,                             mentre si scornavano tra loro,
Ni fu da un strifizzaru unu acchiappatu,                      ne fu da un macellaio uno acchiappato,
Chi un ferru ci ficcau intra li gariddi,                           che un ferro gli ficcò in gola,
E in prisenza di tutti l'ammazzau,                                e in presenza di tutti l’ammazzò,
L'unciau, lu battiu beni, e lu scurciàu.                        l’attaccò all’uncino, lo batté bene, e lo scorciò.

L'autri si eranu mossi a vindicari                                 Gli altri si erano mossi per vendicare
Lu so mortu cumpagnu e allura certu                         il compagno morto e allora certo
Eranu in statu di putirlu fari;                                        erano in grado di poterlo fare;
Ma nun fu di durata lu cuncertu,                                ma non fu di durata l’accordo,
Pirchì testi di Crasti, e testi assai:                               perché teste di Crasti, e tante:
Pignata di comuni 'un vugghi mai.  (1)                        pentola in comune non bolle mai.

Da multi si dicia, chi l'ammazzatu                             Molti dicevano, che l’ammazzato
Era superbu e chinu di arruganza:                            era superbo e pieno di arroganza:
‘Na mala spina ni avemu livatu,                                una mala spina ci siamo levata,
Quali sconsu ni fa la sua mancanza?                        Quale danno a noi fa la sua mancanza?
Menu consumu d'erva, e la sua parti                        Meno consumo d’erba, e la sua parte
Crisci la nostra, pirchì a nui si sparti.                       cresce la nostra, perché a noi si sparte

Si eranu cuitati a stu cunfortu,                                Si erano quietati con questo conforto,
Quannu lu strifizzaru trasi arreri,                            quando il macellaio entra di nuovo,
Ed eccu cadi nautru Crastu mortu.                         ed ecco cade un altro Crasto morto.
Tornanu l'autri a mettirsi in pinseri,                         Tornano gli altri a mettersi in pensieri,
Freminu; ma poi trovanu anchi in chistu                  Fremono; ma poi trovano anche in questo
Li soi difetti, ch'era fausu e tristu.                           i suoi difetti, ch’era falso e triste.

Vidinu poi chi la processioni                                    Vedono poi che la processione
Seguita a longu, né la straggi speddi;                       seguita a lungo, né la strage finisce;
Vannu trasennu in custernazioni,                              vanno entrando in costernazione,
Ed in timuri pri la propria peddi:                              e in timore per la propria pelle:
Perciò tennu consigghiu espressamenti                  perciò tengono consiglio espressamente
Pri risolviri un giustu espedienti.                             per trovare un giusto espediente.

Ma mentri si cunsulta e si riscontra                           Ma mentre si consulta e si riscontra
Da una parti e dall'autra ogni pruggettu,                   da una parte e dall’altra ogni progetto,
E si matura cu lu pro e lu contra,                              e passa il tempo con i pro e i contra,
Menzu sticcatu è già sbrigatu e nettu,                        mezzo recinto è già sgombrato e finito,
Pirchì, scannannu a drittu ed a traversu,                    perché, scannando a destra e manca,
Lu strifizzaru tempu nun ni ha persu.                         il macellaio tempo non ha perso.

L'ultimi, ah! tardu! apprisiru, e a so costu,            Gli ultimi, ah! tardi! Appresero, e a proprio costo,
Chi duvia farsi a privati odj un ponti,                   che si doveva fare ai privati odi un ponte,
Lu nimicu comuni avennu 'ncostu!                         il nemico comune avendo vicino!
E chi ‘ntra gran periculi, li pronti                           E che nei gran pericoli, le pronte
E li chiù arditi risoluzioni                                       e le più ardite risoluzioni
Sunnu a salvarci unici menzi e boni.                      sono per salvarci unici mezzi e buoni


Per il testo della poesia in siciliano del Meli si è fatto riferimento alla edizione curata di Edoardo Alfano del 1914.
1)Antico proverbio siciliano “A pignata 'ncomune un vugghi mai! (La pentola in comune non bolle mai –  se si fa qualcosa in tanti non si conclude niente. Proverbio in uso anche in altre regioni d’Italia ad esempio il ligure:  “A pignatta in cumün a nu buie mai a témpu (la pentola in comune non bolle mai al momento opportuno) – Da non confondere con un altro proverbio  “La pignata taliata `un vugghi mai” (la pentola guardata non bolle mai) che fa riferimento all’attesa: quando una cosa si aspetta non arriva mai).

Ho proposto per questa poesia una mia traduzione in italiano; la maggior parte delle parole sono ben comprensibili in siciliano e in esse se ne può cogliere la sonorità scelta dal Meli, ma qualche parola resta di non facile comprensione, spero che questa traduzione possa tornare utile per  i lettori che non conoscono  il siciliano.
Nella storia e nella vita ognuno di noi potrebbe aver visto chi sono li Crasti (e se stava tra loro)  e forse potrebbe aver visto chi era il macellaio. Potrebbe! Ma ci si accorge dopo, molto tempo dopo …

E’ una poesia che può assumere più significati: la difficoltà di realizzare un progetto comune, gli aspetti più cattivi dell’egoismo individuale che possono albergare tra gli oppressori e anche tra gli oppressi, l’invito a lottare in tempo per la risoluzione dei mali. (f.z.)

Sempre di G. Meli  su questo blog  L'ALLIANZA DI LI CANI

3 commenti:

  1. Non conosco il dialetto siciliano e ho gradito la tua traduzione. La poesia dice efficacemente di quel che caratterizza l'uomo che non sa farsi solidale e giusto. Non sa difendere quindi sè stesso.
    A tal riguardo, ricordo la poesia del pastore Martin Niemoller che sicuramente conosci... "Quando vennero per gli ebrei e i neri, distolsi gli occhi
    Quando vennero per gli scrittori e i pensatori e i radicali e i dimostranti, distolsi gli occhi
    Quando vennero per gli omosessuali, per le minoranze, gli utopisti, i ballerini, distolsi gli occhi
    E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno..."
    .

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  2. Mi è sparito il commento.
    Dicevo che il siciliano è bellissimo, certo non lo so pronunciare, ma riesco tuttavia a sentirne la musicalità dei suoni.
    Quello che maggiormente mi colpisce è proprio l'egoismo individuale degli oppressi, l'aspetto più distruttivo della società.

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