La Fortuna di Giovanni Meli

In questa epoca dove perfino trovare un misero lavoro è considerato una Fortuna e dove alcuni particolari fortunati, che si sono seduti in alti e lucrosi scranni, vantano propri ed esclusivi meriti, questa poesia riveste tutta la sua attualità.
Giovanni Meli nella sua poesia La Paci ci aveva presentato la dea Fortuna con tutti gli uomini che gli correvano appresso per avere una scardidda (una briciola), qui la rappresenta come un essere mitologico che va in cerca di uomini per costruire il suo impero; in un’altra poesia-satira dal titolo “lu Tempiu di la Fortuna” Meli ritorna sul tema descrivendo i meriti dei fortunati.

Qui Arpa eolica presenta la poesia di Meli “La Fortuna” nel suo testo in siciliano e con una traduzione letterale a fronte come guida;  si è voluta allegare anche la traduzione poetica fatta in veneto dal poeta Antonio Lamberti del 1818.


La Fortuna

   “ Ah ca passa! allerta, allerta!                   “Ah qui passa! allerta, allerta!
La Fortuna veni a tia!                                 La Fortuna viene a te!
Vacc’incontru pri la via                               Valle incontro per la via,
Facci asciari porta aperta”.                        falle  trovare porta aperta”.

   A sti vuci affacciu,  e viju                             A queste voci affaccio, e vedo
Donna altera e risplinnenti!                        donna altera e risplendente!
Privinutu di li genti                                      Prevenuto da la gente
Jeu la porta sbarrachiu.                             io la porta spalanco.

   Allittata di st’omaggiu                                   Allettata da quest’omaggio
S’avvicina e dici: “Oh bravu!                        S’avvicina e dice: “Oh bravo!
Jeu t’accettu pri miu schiavu,                       Io ti accetto per mio schiavo,
Trasirai ‘ntra l’equipaggiu.                            entrerai nell’equipaggio.

  Veni appressu, e a li toi passi                       Vieni appresso, a ai tuoi passi
Vidrai nasciri a l’istanti                                  vedrai nascere all’istante
Li rubini e li diomanti,                                    i rubini e i diamanti,
E tutt’autru chi bramassi                               e tutt’altro che bramassi.
 
  Si voi posti e dignitati                                     Se vuoi posti e dignità
Basta sulu chi lu dici”.                                   basta solo che lo dici”.
“Ma dipoi sarò felici?                                     “Ma dopo sarò felice?
Spiega, di’ la viritati!”                                     Spiega, dici la verità!”

  “Sì, rispusi, ti lu juru                                         “Sì, rispose, te lo giuro
Pri sta rota chi susteni                                   per questa ruota che sostiene
Tutti quanti li mei beni,                                   tutti quanti i miei beni,
Ed unn’eu mi appoggiu puru”.                        e dove io mi appoggio pure”.

   “Basta, basta! ben capisciu,                            “Basta, basta! ben capisco,
Ci diss’iu, stu juramentu                                 ci diss’io, questo giuramento.
Lu to granni appidamentu                               La tua grande base
Già lu viu, e ni stupisciu.                                 già la vedo, e ne stupisco.

   Ma m’è licitu purtari                                          Ma mi è lecito portare
La mia Paci, sta vicina,                                   la mia Pace, questa vicina,
Chi la sira e la matina                                     che la sera e la mattina
Cu mia sempri soli strari?”                              con me sempre suole stare?”

   “No, rispusi, avvertu a tia,                                “No, rispose, ti avverto,
Pri dicretu di lu fatu                                         per decreto del fato
Sta marmotta, chi t’è allatu,                            questa marmotta, che ti è accanto,
Nun po veniri cu mia”.                                     non può venire con me”.

  “Dunca va, diss’iu, m’addugnu,                        “Dunque vai via, diss’io, m’accorgo,
Chi si instabili e fallaci,                                    che sei instabile e fallace,
Purchì resti in mia la Paci,                               purché resti in me la Pace,
Staju bonu cca unni sugnu”.                            sto bene qua dove sono”.

    Ristau fridda, comu nivi,                                   Rimase fredda, come neve,
Poi pritisi fari sciasciu ;                                   poi pretese fare vendetta;
M’eu mi misi tantu vasciu                                ma io mi misi tanto basso,
Ca di l’occhi ci spirivi.                                      che dagli occhi gli sparii.


La Fortuna -  nella libera traduzione poetica in veneto fatta da Antonio Lamberti – tratta dal libro ““Poesie siciliane del celebre Abate Giovanni Meli trasportate in versi veneziani da Antonio Lamberti” Belluno 1818 – Tipografia Tissi

Za la passa; alerta alerta
   Che da ti vien la Fortuna,
   E la mostra bona luna,
   Presto tien la porta averta?

A sto dir me vedo a fianco
   Dona altiera, e rispelndente,
   Seguitada da gran zente,
   E la porta ghe spalanco.

Persuasa de sto omagio
   La me dise: Ti xè bravo!
   Te ricevo per mio schiavo,
   Ti entrerà nel mio equipagio.

Vien con mi. Soto i to passi
   Nascerà perle,  e diamanti,
   Posti, titoli, contanti,
   E quant’altro ti bramassi.

Vustu el cuor d’una signora?                  (vusto el cuor – vuoi il cuor)
   Basta sol che ti domandi.
   Mi rispondo: I beni è grandi,
   Ma saroi felice alora?

Sì, la dise, te lo zuro,
   Per sta roda, che sostenta
   Tanti beni, e che deventa
   El mio poso più sicuro:

Ne ocor’altro; za capisso
    El to sacro zuramento,
    Vedo el gran sostentamento
    Dei to beni, e no stupisso,

Ma condur con mi me preme
    Pase amiga mia, e vicina,
    con la qual sera e matina
    stemo uniti sempre insieme.

Guai! (Fortuna alora dise)
   Un decreto al xè del Fato.
   Sta marmota, xestu mato?                 (xestu mato? - Sei tu matto?)
   No pol far con mi raise.                      (raise -  radici)

Donca va, che mi te mando,
   Dona instabile,  e busiara,
   La mia Pase me xè cara
   Né m’importa d’esser grando.

La s’aveva indespetio,
   La voleva castigarme;
   Ma ò savu tanto sbarassarme
   Che dai ochi gò spario.


Post inserito il 14/05/2015
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