piccoli e grandi editori, concentrazione e distribuzione


Nel campo dell’editoria italiana la notizia del momento è la trattativa tra Rcs Libri e Mondadori,  per costruire un polo editoriale del libro capace di raggiungere il 40 per cento del mercato italiano. In pratica i due colossi editoriali, che già hanno mangiato tanti piccoli e medi editori italiani,  andrebbero a mangiarsi tra loro formando un megapolo editoriale.
Niente di straordinario, sta nella logica del capitalismo nella sua fase di evoluzione finanziaria più espansiva, è successo in tutti i settori da quello industriale a quello alimentare;  l’unica differenza è che questa volta si stanno mangiando i libri e nei libri ci stanno tre alimenti fondamentali: la cultura, la conoscenza e la libertà.
 Il fenomeno della concentrazione editoriale in Italia sembra non esserci, se entriamo in una libreria ci meravigliamo per la grande quantità di nomi di editori che troviamo posti in fondo alla prima pagina di ogni libro: se qualcuno ha pazienza può consultare le 448 pagine di Wikipedia dove sono raccolti i nomi degli editori italiani http://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Case_editrici_italiane
e se si considera che in queste pagine mancano i piccolissimi possiamo dire che in Italia ogni nato vivo ha la possibilità di diventare editore.  Nei fatti tutto questo affollamento è una illusione, i nomi più conosciuti dell’editoria sono nelle mani dei grandi gruppi, continuano a vivere come simbolo editoriale ma la proprietà è di un grande gruppo: possiamo continuare a dire Einaudi, Adelphi, Bompiani, Guanda, ….. ma poi dobbiamo vedere chi li ha già acquistati o controlla il pacchetto azionario.
 La grande editoria però non si limita a detenere la produzione dei libri.  Un libro, nei fatti,  ha tre esistenze: quella che l’ha fatto nascere,  il suo autore (scrittore, poeta o saggista che sia); quella di chi lo ha prodotto fisicamente (editore o semplice stampatore); e quella di chi lo distribuisce nelle librerie o lo fa arrivare al lettore. Mancando la terza esistenza il libro si ferma agli amici dello scrittore, può anche  arrivare alla libreria del Comune dove è residente lo scrittore o l’editore, e con un po’ di fatica in qualche altra libreria della provincia o regione; poi si ferma per mancanza di energia distributiva.
 La potenzialità  distributiva è in mano agli stessi  gruppi editoriali che controllano anche la distribuzione e che hanno piazzato in tutto il territorio nazionale reti di proprie librerie. Se un piccolo o medio editore vuole distribuire a livello nazionale deve necessariamente affidarsi ai grandi gruppi di distribuzione ed accettare le loro condizioni  (e può ricevere anche un ingiustificato rifiuto, tanto non sono un servizio pubblico).
 La novità che  è venuta a modificare la distribuzione e l’arrivo Internet:  con internet si può  comprare il libro al di fuori dei circuiti distributivi delle librerie, e arriva via corriere fino a casa.  Due colossi della distribuzione, Amazon e IBS, in Italia si sono affermati con la vendita online;  nelle loro virtuali librerie si trova proprio di tutto, da un  libro di Eco della Mondadori a un libro di Zizzzino della editrice Pinco Pallo, democraticamente acquistabili e con lo sconto; con la sola differenza che il libro della piccola casa editrice arriverà con una o due settimane di ritardo, tempo utile per rifornirsi i distributori.
Il piccolo editore tramite Amazon e IBS può vendere libri al di fuori delle librerie al pari di un grande editore, ma le sue vendite restano rare perché peserà sempre la pubblicità e l’interesse degli acquirenti.
  Il grande editore, forse fra qualche anno metterà le mani  anche sulla stessa distribuzione via internet, intanto concentra nelle sue mani  la funzione di grande distributore in tutti i campi e quella di grande  “Raccomandatore della qualità” e decide il bello e il cattivo tempo nella cultura;  a parte qualche fantasia orwelliana lo fa fondamentalmente per denaro.
 Nell’essere grande “Racomandatore della qualità” il grande editore più concentra e più riesce nel suo obiettivo: provate a chiedere ad un autore chi è il suo editore e nella scala della vanteria ci sarà sempre il grande editore.
 Nel suo procedere il grande editore insegue grandi vendite e per le grandi vendite insegue grandi nomi e grandi mode: l’autobiografia di un famoso assassino è sicuramente più appetibile di una raccolta di poesie o di un saggio scientifico; se la moda del momento è la cucina si occuperà più di ricette e meno di letteratura.   Le grandi vendite vengono assicurate anche con la costante novità e ricchezza del catalogo:  la quantità deve sommergere e assecondare tutti i gusti del lettore,  nuovi prodotti editoriali vengono costantemente immessi triturando nel dimenticatoio anche opere letterarie e saggistiche importanti.
 Stranamente la poesia è poco praticata dalla grande editoria, i poeti lanciati dai grandi editori negli ultimi anni si possono contare sulle dita di una mano; la poesia non dà quattrini e i lettori sono pochi.  In Italia esistono decine di migliaia di persone che scrivono poesie (e le loro raccolte spesso sono pubblicate da migliaia di piccoli editori), nel contempo i lettori di poesia sono ben pochi. Se ogni persona che scrive poesie leggesse un po’ di poesie di altri poeti ci sarebbe un boom editoriale per la poesia.  C’è una forma di auto ascolto e di richiesta di ascolto, ma manca l’ascolto.   Siamo alla dannazione della parola;  ci si innamora della propria parola, la si pronuncia, la si alza, ma non si crede nella parola; la poesia,  basandosi essenzialmente sulla parola,  paga il prezzo più alto di questo discredito.
13/04/2015 francesco zaffuto


Immagine – il pranzo di Gargantua – illustrazione di Gustave Dorè

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