Pescatore di
uomini
di Matteo Tassinari
Poco prima dell'uscita
de La Buona Novella,
nel 1970, De André realizzò un 45 giri abbandonando la strada dei concept
album.
Una delle novelle più famose, Il Pescatore, è certamente quella meglio riuscita, forse perché arrangiata dalla PFM nel 1979 dandogli quel tocco di rock che non ha guastato lo stile francese di Fabrizio, nel famoso tour con De André e Pagani che svetta in alto con gli assoli di violino e archi rimaste nelle interpretazioni storiche musicali italiane. Ci troviamo di fronte quasi a una parabola sospesa a mezz'aria, senza una morale esplicita, un sordido "manifesto" castigato e Castigatore. Il Pescatore nel frattempo si è assopito al sole. Arriva un uomo solo, in disgrazia e chiede conforto al pescatore, un po' di pane e un po' di vino, è un Assassino, dice. Il pescatore coglie nel suo volto un'infinito affanno e, al di là di qualsiasi criterio morale, sceglie di essergli da rifugio. L’appuntamento casuale fra i due, è laconico e fuggente, ma tra i due si instaura un rapporto leale, lasciando nostalgia e speranza a ciascuno dei due.
Una delle novelle più famose, Il Pescatore, è certamente quella meglio riuscita, forse perché arrangiata dalla PFM nel 1979 dandogli quel tocco di rock che non ha guastato lo stile francese di Fabrizio, nel famoso tour con De André e Pagani che svetta in alto con gli assoli di violino e archi rimaste nelle interpretazioni storiche musicali italiane. Ci troviamo di fronte quasi a una parabola sospesa a mezz'aria, senza una morale esplicita, un sordido "manifesto" castigato e Castigatore. Il Pescatore nel frattempo si è assopito al sole. Arriva un uomo solo, in disgrazia e chiede conforto al pescatore, un po' di pane e un po' di vino, è un Assassino, dice. Il pescatore coglie nel suo volto un'infinito affanno e, al di là di qualsiasi criterio morale, sceglie di essergli da rifugio. L’appuntamento casuale fra i due, è laconico e fuggente, ma tra i due si instaura un rapporto leale, lasciando nostalgia e speranza a ciascuno dei due.
"non si
guardò neppure intorno"
Il pescatore si alza senza
timore e, silenziosamente, "non si guardò neppure intorno" ma versa il vino e spezza il
pane (da qui l'immagine della parabola di Cristo) per offrirli all'assassino.
Al Pescatore non interessa nulla del passato di quel ragazzo, davanti a se c'è
un uomo solo e disperato, affamato e assetato, e il Pescatore pensa solo a
soddisfare i bisogni di quel giovane spaventato. Il pescatore è
una'anziano vissuto, accorto e illuminato, e un volto su cui l'esistenza ha
depositato tutto il suo passare creando solchi lungo il viso"come una
specie di sorriso".
Gli urti della legge
Abbacinato da un sole
calante, dolce, senza alcuna invasione. Probabilmente l’ultimo dei tramonti che
vedrà da libero e non in galera come alcuni appassionati del cantautore ligure
hanno ipotizzato.
L’Assassino è un'uomo sbagliato, nel senso che la sua anima piange per quel che ha fatto, e questo non sfugge al Pescatore, figura salvifica, a cui non interessa cosa ha fatto quel giovane allarmato, inquieto, assettato e affamato. Poi l'Assassino riparte e poco dopo arrivano due gendarmi e chiedono al vecchio se lì vicino avesse visto passare qualcuno. È una delle suonate più allegoriche e spirituali di Faber, quella più ancestrale, una sorta di dazebao per i protagonisti, le sagome, attori anonimi a cui spesso la vita è prospiciente, si contrappone una volta di più alla legge che urta col loro stile di vita che è la loro libertà.
L’Assassino è un'uomo sbagliato, nel senso che la sua anima piange per quel che ha fatto, e questo non sfugge al Pescatore, figura salvifica, a cui non interessa cosa ha fatto quel giovane allarmato, inquieto, assettato e affamato. Poi l'Assassino riparte e poco dopo arrivano due gendarmi e chiedono al vecchio se lì vicino avesse visto passare qualcuno. È una delle suonate più allegoriche e spirituali di Faber, quella più ancestrale, una sorta di dazebao per i protagonisti, le sagome, attori anonimi a cui spesso la vita è prospiciente, si contrappone una volta di più alla legge che urta col loro stile di vita che è la loro libertà.
Gli specchi di
un'avventura
"Come una specie di sorriso". La canzone finisce
così, senza commenti, senza giudizi. Un brano che si presta a molte
interpretazioni, anche sul non detto per incapacità o complessità della storia.
L'Assassino uccide forse il pescatore? Per quanto suggestivo sia il paragone
implicito con Gesù, che muore per salvare il mondo, penso che questa non fosse
l'idea di Faber. Il pescatore, semplicemente, si riassopisce o forse finge di
dormire perché non vuole raccontare ai gendarmi ciò che sa. Quanto invece
al significato del tutto, si possono trarre argomenti dalla ricca discussione
che si è sviluppata in rete, nella mailing list dedicata a"Fabrizio
Numero 2". Citiamo in particolare (con qualche adattamento) da
Riccardo Venturi: "Di
prim'acchito mi verrebbe da dire che è corretto vedere nel Pescatore una sorta
di parabola evangelica. D'altronde, non sto neanche a dire che cosa rappresenti
il Pescatore nella simbologia cristiana (basta ricordare che Gesù scelse quasi
tutti gli Apostoli tra i pescatori, ai quali disse che li avrebbe resi
'pescatori di uomini') e si ritrova, nella canzone, la contrapposizione nei
confronti della giustizia umana", molto spesso incolta e bigotta.
Il Pescatore si
comporta effettivamente
come Gesù nei riguardi della Maddalena, con un moto di ribellione nei confronti
della cosiddetta'giustizia umana' (i
lapidatori, i burocrati, ) e con un gesto d'amore e di simpatia (nel senso
letterale del termine, della compassione latina, il soffrire le stesse cose)
nei riguardi di una creatura debole, perseguitata, emarginata. Un 'ultimo.
Effettivamente, Gesù, nel contesto ebraico, stravolge
il concetto di giustizia divina (fino allora francamente intesa come
tribunalizia), inserendovi criteri inauditi come il perdono, la carità e una
giustizia basata su un'autentica comprensione dell'altro. Inoltre, altro atto
rivoluzionario, quando inserisce nell'atto di fede una vena neanche troppo velata di
un'umanissima ironia che toglierà un pò di sacralizzazione ai personaggi del
Vangelo, per una loro migliore umanità". Ma non ci fu solo questo
spunto. "Si pensi -
disse De André a 'Ciao 2001', rivista settimanale degli anni '70 e
'80 - all'episodio della
Maddalena, quando se ne sta tranquillo a disegnare figure per terra in mezzo al
baccano e ai bruciori integralisti dei 'custodi della vera fede', per poi
alzare solo lievemente lo sguardo e freddare tutti con il celebre:"chi è
senza peccato scagli la prima pietra". Espressione, fra l'altro, che sembra
identica al gesto del Pescatore che 'dischiude gli occhi al giorno' e'non
si guardò neppure intorno, ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho
sete ho fame'".
Ma la paura ci fu e fu ripugnante
Non vorrei che si arrivasse alla conclusione secondo la quale questo post vuol far
passare come un cristiano, perché questo non è, ma solo alcuni compendi
altamente poetici e d'intensità umana elevatissima, da vertigine vorticosa,
febbrile, a volte difficilmente da sopportare per l'acuto urlo di Munch che
sembra di sentire in sottofondo a queste perle decisive e incastonate nel tappeto
magnifico dei versi del tenutario della fattoria all'Agnaga, quando la sera del 27 agosto 1979, la coppia fu rapita dall'anonima sequestri sarda e
tenuta prigioniera nelle pendici del Monte Lerno presso Pattada, per essere
liberata dopo quattro mesi (Dori fu liberata il 21 dicembre alle undici di
sera, Fabrizio il 22 alle due di notte, tre ore dopo), dietro il versamento del
riscatto, di circa 550 milioni di lire, in buona parte pagato dal padre
Giuseppe.
Prima, durante
e dopo Il sequestro scatenò la curiosità dei media, fatto insostenibile,
soprattutto dopo un'esperienza del genere. Alcuni giornali fecero uscire
illazioni e falsità, talune che legavano il rapimento perfino alle Brigate
Rosse, oppure a motivi personali (come un allontanamento volontario, causa
mancanza di notizie e testimoni nei primi tempi) ad uno sfondo politico. Tutte
cazzate! Proprio l'anno del sequestro, comunque, terminò la citata quanto
assurda e invasiva sorveglianza dei Servizi segreti ai danni di De André.
In piena era presenzialista Nell'unica conferenza
stampa che imposero a Fabrizio (nota è la sua ritrosità di fronte ad un
microfono, dote da sempre rarissima, tutti -vogliono - un microfono per sparare cazzate e lui no, la
differenza sta anche in questo. E se non aveva nulla da dire, non si vedeva,
lui scansava qualsiasi cosa a tutti quei baciapile che chiedevano
continuamente. "Fabrizio, il rapimento l'ha scosso anche sul
piano creativo?". Potete immaginare le sue reazione. Ne sa qualcosa
l'inviato musicale di punta del Corriere dela sera, Mario Luzzato Fegiz, che si
prese una lavata di testa da Faber, per aver fatto una domanda oscena e oltre
che stupida. Ciò che disse, sempre nella conferenza stampo post sequestro:"Durante il rapimento mi
aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre
detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa
sulla nostra fragilità. Tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che
abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi
imbarazza".
Anarchicamente rivoluzionario
Se De André "esce
dai binari", dunque, lo fa con una guida ben precisa, niente
affatto in contraddizione con il messaggio evangelico. Che poi abbia chiarito
più volte il suo considerare Gesù esclusivamente come una figura umana "Si
chiamava Gesù" alla "Buona Novella" un album
che parla della vita di Cristo ma vista dai vangeli apocrifi, ossia quelli non
approvati dalla Chiesa, punto questo, che personalmente non condivido per la
ricchezza che ci sono sulla vita del Nazareno. Il messaggio è che in
Dio a volte ci si imbatte anche se non lo si va a cercare. L'assassino si ferma
spinto da un bisogno che può davvero essere quello, concreto come il tuo
computer, della fame e della sete. Ma il ricorso alla simbologia evangelica è
qui quasi naturale, nell'ottica anarchicamente "rivoluzionaria"
di De André. La giustizia umana è superata, il fuggitivo si sfama, si disseta e
riceve, per un importantissimo momento, attenzione e calore. E niente ci vieta
di pensare, anche se De André non lo dice, che il Pescatore completi l'atto
rivoluzionario lasciando che i gendarmi vadano nella direzione
sbagliata. La storia di questo testo sembra proprio una parabola del
Vangelo.
Di un Vangelo laico, senz'altro.
Laico, non come contrapposto a religioso o divino, ma
come popolare Claos). De André appare qui come un vero interprete di quel tipo
di coscienza popolare che ha sempre visto la 'giustizia' - umana, ma, spesso,
anche divina - esclusivamente come un'oppressione". Il Dio con cui il
poeta ha un rapporto continuo e intenso è senza aureola, ricondotto sulla
Terra. Non si tratta di "rubare le chiavi del cielo" ma
di volere la felicità e la giustizia qui, su questa terra. Anche Roberto
Vecchioni, nelle sue lezioni, esprime un pensiero simile. Nel Pescatore il
potere non c'è, è occulto. La favola è giocata tutta sul silenzio magnetico del
vecchio, che nella vita le ha già viste tutte e tutto sa. Qui sta il senso
forte di Fabrizio. Non il perdono ma la giustificazione; un cenno d'intesa fra
i due viaggiatori che s'incrociano per caso in una storia grande e
inspiegabile.
Pescatore
e Assassino
Il primo non dirà mai dov'è andato il secondo, ma
non mentirà neppure il secondo, che fingerà di dormire
Arpa eolica - ringrazia Matteo Tassinari per averci
permesso l’uso di questo post dal suo blog : http://alice331.blogspot.it/2015/02/il-pescatore-de-andre.html
Il pescatore
(il testo di Fabrizio De André ed il link di una versione video ancora fruibile su youtube)
All'ombra
dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.
E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino, spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.
E fu il calore d'un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.
Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto d'un aprile
giocato all'ombra di un cortile.
Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.
Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.
E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino, spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.
E fu il calore d'un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.
Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto d'un aprile
giocato all'ombra di un cortile.
Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.
Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Apprezzo sia la parafrasi che le osservazione che Tassinari fa del brano celeberrimo di De Andrè ma non concordo sulle considerazioni finali. Fra il vecchio pescatore e l'assassino non ci può essere intesa alcuna. Se il vecchio è generoso e saggio, come si pensa, dopo aver sfamato chi ha chiesto da bere e da mangiare doveva collaborare con i gendarmi, per questione di giustizia e per salvare la vita alle prossime vittime. Nel testo non vedo alcuna ipotesi del cambiamento di vita dell'assassino, tanto da aver sempre pensato che non potesse rispondere ai gendarmi perchè era morto, ucciso per non lasciare testimoni del suo passaggio.
RispondiEliminaLeggendo l'ultima strofa della poesia di De Andrè resta aperta, nessuna conclusione; il pescatore si è assopito dorme potrebbe essere addirittura morto. Tutto rimane aperto per De Andè resta solo il valore gesto più importante: la condivisione del pane e del vino. Qualcosa che va oltre la giustizia umana.
EliminaIn quel finale-non finale De André conclude la sua bellissima canzone-poesia con un atteggiamento che io apprezzo molto. Il suo pescatore tende la mano a un disperato, ma non lo giudica. Il suo sorriso è di chi prova il piacere di aver fatto qualcosa per un altro, non importa chi sia né che cosa abbia fatto.
RispondiEliminaLo vedo solo adesso e per caso, grazie Arpaeolica.
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