Ci ha insegnato che per operare la Pace, come prima cosa vanno curati i feriti di tutte le guerre
E' morto Gino Strada, il fondatore di Emergency: al momento del decesso si trovava in Normandia. Aveva 73 anni. Dal 1994 l'ong da lui fondata ha operato in 18 Paesi del mondo assicurando cure mediche e chirurgiche gratuite alle vittime delle guerre e della povertà.Qui di seguito inseriamo l’ultimo articolo di Gino Strada sull’Afghanistan pubblicato sulla Stampa di Torino il giorno stesso della sua morte (13 Agosto 2021).
https://www.lastampa.it/topnews/lettere-e-idee/2021/08/13/news/cosi-ho-visto-morire-kabul-1.40594569
Si parla molto di Afghanistan
in questi giorni, dopo anni di coprifuoco mediatico. È difficile ignorare la
notizia diffusa ieri: i talebani hanno conquistato anche Lashkar Gah e avanzano
molto velocemente, le ambasciate evacuano il loro personale, si teme per
l’aeroporto. Non mi sorprende questa situazione, come non dovrebbe sorprendere
nessuno che abbia una discreta conoscenza dell’Afghanistan o almeno buona
memoria. Mi sembra che manchino - meglio: che siano sempre mancate - entrambe.
La guerra all’Afghanistan è stata - né più né meno - una guerra di aggressione
iniziata all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, dagli Stati Uniti a cui
si sono accodati tutti i Paesi occidentali.
Il Consiglio di Sicurezza -
unico organismo internazionale che ha il diritto di ricorrere all’uso della
forza - era intervenuto il giorno dopo l’attentato con la risoluzione numero
1368, ma venne ignorato: gli Usa procedettero con una iniziativa militare
autonoma (e quindi nella totale illegalità internazionale) perché la decisione
di attaccare militarmente e di occupare l’Afghanistan era stata presa
nell’autunno del 2000 già dall’Amministrazione Clinton, come si leggeva
all’epoca sui giornali pakistani e come suggerisce la tempistica dell’intervento.
Il 7 ottobre 2001 l’aviazione Usa diede il via ai bombardamenti aerei.
Ufficialmente l’Afghanistan
veniva attaccato perché forniva ospitalità e supporto alla “guerra santa”
anti-Usa di Osama bin Laden. Così la “guerra al terrorismo” diventò di fatto la
guerra per l’eliminazione del regime talebano al potere dal settembre 1996,
dopo che per almeno due anni gli Stati Uniti avevano “trattato” per trovare un
accordo con i talebani stessi: il riconoscimento formale e il sostegno
economico al regime di Kabul in cambio del controllo delle multinazionali Usa
del petrolio sui futuri oleodotti e gasdotti dall’Asia centrale fino al mare,
cioè al Pakistan. Ed era innanzitutto il Pakistan (insieme a molti Paesi del
Golfo) che aveva dato vita, equipaggiato e finanziato i talebani a partire dal
1994.
Il 7 novembre 2001, il 92 per
cento circa dei parlamentari italiani approvò una risoluzione a favore della
guerra. Chi allora si opponeva alla partecipazione dell’Italia alla missione
militare, contraria alla Costituzione oltre che a qualunque logica, veniva
accusato pubblicamente di essere un traditore dell’Occidente, un amico dei
terroristi, un’anima bella nel migliore dei casi. Invito qualche volonteroso a
fare questa ricerca sui giornali di allora perché sarebbe educativo per tutti.
L’intervento della coalizione internazionale si tradusse, nei primi tre mesi
del 2001, solo a Kabul e dintorni, in un numero vittime civili superiore agli
attentati di New York. Nei mesi e negli anni successivi le informazioni sulle
vittime sono diventate più incerte: secondo Costs of War della Brown
University, circa 241 mila persone sono state vittime dirette della guerra e
altre centinaia di migliaia sono morte a causa della fame, delle malattie e
della mancanza di servizi essenziali. Solo nell’ultimo decennio, la Missione di
assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha registrato almeno
28.866 bambini morti o feriti. E sono numeri certamente sottostimati.
Ho vissuto in Afghanistan
complessivamente 7 anni: ho visto aumentare il numero dei feriti e la violenza,
mentre il Paese veniva progressivamente divorato dall’insicurezza e dalla
corruzione. Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stata un disastro per
tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento
da ogni punto di vista. Oltre alle 241 mila vittime e ai 5 milioni di sfollati,
tra interni e richiedenti asilo, l’Afghanistan oggi è un Paese che sta per
precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima,
le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e
autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001. E soprattutto è un
Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire
l’inferno per arrivare in Europa. E proprio in questi giorni alcuni Paesi
europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop
ai rimpatri dei profughi afgani in un Paese in fiamme.
Per finanziare tutto questo,
gli Stati Uniti hanno speso complessivamente oltre 2 mila miliardi di dollari,
l’Italia 8,5 miliardi di Euro. Le grandi industrie di armi ringraziano: alla
fine sono solo loro a trarre un bilancio positivo da questa guerra. Se quel
fiume di denaro fosse andato all’Afghanistan, adesso il Paese sarebbe una grande
Svizzera. E peraltro, alla fine, forse gli occidentali sarebbero riusciti ad
averne così un qualche controllo, mentre ora sono costretti a fuggire con la
coda fra le gambe. Ci sono delle persone che in quel Paese distrutto cercano
ancora di tutelare i diritti essenziali. Ad esempio, gli ospedali e lo staff di
Emergency - pieni di feriti - continuano a lavorare in mezzo ai combattimenti,
correndo anche dei rischi per la propria incolumità: non posso scrivere di
Afghanistan senza pensare prima di tutto a loro e agli afghani che stanno
soffrendo in questo momento, veri “eroi di guerra”.
Mi unisco al tuo saluto.
RispondiEliminaGino Strada è stato l'occhio vigile e attento delle cose del mondo. Ha additato le nostre cattive coscienze e indicato una possibile normalità che non fa comodo ai signori del mondo.
RispondiEliminaPer quel che vale, faccio santo Gino Strada e la sua gente. Come faremo senza lui e il suo sguardo severo ma necessario?
Sulla dipartita di Gino Strada per l'aldilà mi aspettavo che Papa Francesco dicesse una parola, non l'ho sentita.
RispondiEliminaE' così, non vi avevo prestato attenzione. Sarebbe avvilente pensare si sia trattato di mera appartenenza parrocchiale.
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