La matassa di spago - 2° puntata



La matassa di spago

Romanzo breve 
inedito di Francesco Zaffuto

Copyright  © Francesco Zaffuto

2° puntata

“Lei ci ride, Biagini!”  Aveva ripreso a darmi del lei e ora mi guardava con aria torva.
“E’ uno scherzo”, diss’io cercando di ricacciare dentro faticosamente la risata.
“Sarà uno scherzo!  Ma fatto a due autorità di tale importanza, in un momento ufficiale, alla presenza di tutti, coinvolgendo un’autorità ospite di quella portata. E’ soprattutto la dinamica è inspiegabile.  Se escludiamo che i due primi ministri se lo siano fatto da soli, se escludiamo che siano state le loro mogli o in nostro Presidente della Repubblica, se escludiamo che non potevano farlo il ministro della Difesa, quello degli interni e quello dei trasporti che stavano seduti dietro; ci rimane il davanti e il davanti potevano vederlo i due stessi primi ministri e nessuno si è piegato dinanzi a loro per legargli le stringhe delle scarpe. Nessuna persona in piedi o piegata poteva passare li davanti senza essere vista, a meno che non avesse escogitato un modo o un qualcosa di diabolico che a noi sfugge.”
 Aveva finito di parlare e mi guardava con un’aria smarrita come attendesse da me qualche parola. Intervenni quasi  per consolarlo dicendo: “ … e pensate di interessare per queste indagini il mio commissariato?”
Indispettito rispose: “Lo sto facendo in questo momento, sei tu uno dei commissari che dipendono dalla mia questura, il più anziano, quello che ha più esperienza”.
“E il Pedretti!?”
Mi tranciò quasi gridando: “Il Pedretti? Il Pedretti con il suo zelo, lo devi lasciare fuori dalla vicenda,  non dirgli neanche che ti sei incontrato con me. E mi raccomando, sul filo di spago e sulle stringhe massima segretezza. Silenzio assoluto, ne va dei rapporti con  i nostri  servizi di sicurezza e con quelli britannici.”
“Non riesco a capire, come posso aiutarvi io?”
“La conoscenza del territorio ce l’hai tu, Biagini. Fatti recenti accaduti, fiuto, ipotesi, sono cose che può avere un buon commissario locale e non l’hanno di certo i servizi.”
  Fiuto, ipotesi, fatti recenti accaduti, ero io al centro dell’indagine, e cercai subito di chiarire che non potevo esserlo:
“Ma di che tipo di spago si trattava? Tipo di nodi?  Avete sciolto i nodi o li avete conservati?  Ci sono altre tracce? Si rende conto,  signor questore,  che io sono completamente esterno a questa indagine”.
“Mi rendo conto, mi rendo conto. E per questo che eccezionalmente le faccio vedere una foto del reperto n. 1”.
 Si recò sulla sua scrivania e la tirò fuori da una busta porgendomela. La foto evidenziava un filo di spago che stava legato a due stringhe nere di scarpe. Mentre che l’osservavo con attenzione il questore aggiunse:
 “Le due stringhe appartengono alla scarpa sinistra del nostro primo ministro e scarpa destra del primo ministro britannico, il filo di spago che li unisce non supera i 50 centimetri e per via dell’annodamento lo spazio tra le due stringhe è ancora meno. Un agente dei servizi segreti britannici, di scorta al primo ministro, quando ci fu l’attentato,  ha provveduto a sfilare le due stringhe dalle scarpe con rapidità per permettere alle due autorità di slegarsi tra loro e riprendere il normale svolgimento della manifestazione. I due nodi sono rimasti così come li dispose l’attentatore. Qualche traccia l’avrà anche lasciata l’agente, ma ci auguriamo tutti che qualche traccia l’abbia lasciata anche lo stesso attentatore.  Il reperto è attualmente in mano alla scientifica per verificare se ci sono tracce da cui si possa risalire al DNA dell’attentatore. Io ne dubito, ma attendo, e ti terrò riservatamente informato”.
 Mentre parlava continuavo ad osservare la foto; quella parte di filo di spago tanto comune, un po’ sfilacciato, e quasi non ascoltavo più il questore.  “Il Mazzetti, il Mazzetti Franco”. Improvviso un flash di memoria quasi mi aggrediva con prepotenza; mi rimbombarono la mia vecchia domanda e la sua risposta: “Che ci fai con tutto quello spago?” “Per gente come me, che viaggia lo spago è indispensabile, ci lego le mie povere cose per trasportarle qua e là. Ci lego ancora quei pensieri  e i desideri remoti che mi sfuggono …”   Il questore,  quasi svegliandomi dal torpore che mi aveva dato quel flash, domandò:
“Cosa ci vede,  Biagini, in quello spago?”
“Niente” dissi precipitosamente “osservavo che si tratta di uno spago molto comune”.
“Esatto, Biagini, spago comune. Ma né io né lei andiamo in giro  con dello spago in tasca e neanche comunemente lo fanno le persone normali, a meno che non intendono usarlo, servirsene. Io ci leggo la premeditazione specifica dell’attentato. Ben studiata da chi lo ha preparato. Non le pare?”  
  Aveva ripreso a ridarmi del lei con costanza, e,  anche se lo gradivo,  mi spiazzava perché significava che voleva riprendere le distanze di ruolo nei miei confronti.
“Può darsi, è molto probabile che sia così”, abbozzai quella risposta riprendendomi dalle mie divagazioni mentali. 
“Che idea si fa lei?” ritornò alla carica il questore.
 “Nessuna, proprio nessuna”, dissi come cercando una conferma che negasse totalmente i miei ricordi.
“Io, Biagini, un’idea me la sono fatta. Andando per esclusione;  chi ha fatto questo scherzo deve pur avere una tecnologia d’avanguarrdia dunque: o trattasi di personale di servizi segreti di qualche paese che voleva mettere in difficoltà e ridicolo i due primi ministri, o trattasi di qualche illusionista che lavora in proprio. E se il campo di lotta tra i servizi segreti è un campo che a noi non ci riguarda per le indagini, almeno possiamo sgombrare il campo dagli illusionisti che lavorano in proprio. Ebbene, Biagini, voglio che tu mi setacci tutta Roma per verificare spostamenti e alibi di tutti gli illusionisti e maghi vari. Cosà hanno fatto e dove erano oggi dalle 11 alle 13”.  Era ritornato al tu per darmi quell’ordine che a me pareva insensato.
“Tutti? … dovrei mettere in allarme il commissariato per dare la caccia ai maghi di Roma, dall’illusionista di professione fino quelli che leggono i tarocchi agli angoli della strada?”
“Eh no, lei non mette in allarme nessuno. Lei deve condurre le indagini con la massima riservatezza, si faccia aiutare da uno o due uomini della sua squadra, e senza rivelare i particolari riservati che le ho comunicato. Tenga fuori il Pedretti da tutta la vicenda.  Prenda qualcuno di cui si fida, cominci presto e mi tenga sempre informato dell’evoluzione delle indagini. Io per quanto posso gliene segnalo due: un certo Girotti che si fa chiamare Stella del buio,  che si esibisce in un piccolo teatro; ed un certo Rasputin che si esibirà fra qualche giorno e che forse è già a Roma.”
 Gli dissi che avrei fatto tutto quello che mie era possibile fare, mi raccomandò ancora la massima riservatezza e poi mi accompagnò alla porta:
“Concluderai  la carriera con questa importantissima indagine, Biagini. Stai contento  e in gamba”. Furono le sue ultime parole.
 Concludere la carriera con questa “importantissima” indagine;  dopo tanti anni di tragedie, di ammazzatine, colpevoli e innocenti, pugni, calci, minacce,  aver rischiato spesso di prendere una pallottola tra le costole, indagini su tutti, anche su me stesso, pressioni debite e indebite, compagni di lavoro morti  e altri avanti con impudiche carriere; mi sapeva di assurdo e di ridicolo. 
  Quando arrivai a casa decisi di fare una ricerca su internet per vedere se qualcuno avesse  postato in rete  il video della ripresa integrale che il telegiornale aveva trasmesso la sera nella versione censurata; pensavo fosse difficile e invece quel video era già stato inserito su Youtube da diversi estimatori della notizia.
 Certo c’era il reato, forse era esagerato come lo aveva chiamato il questore “l’attentato”; ma era proprio uno spasso vedere quella caduta, lo sbigottimento dei due primi ministri per qualcosa che non capivano e che stava accadendo,  e quel loro spingersi reciprocamente, che nessuno poteva chiamare malore improvviso, il grido della moglie del nostro primo ministro, lo sguardo smarrito del nostro presidente della Repubblica che osservava la scena, poi l’arrivo del personale di sicurezza  che cercava di capire qualcosa, quell’indicare verso le scarpe del primo ministro britannico, poi i tentativi delle rispettive scorte di coprire con i loro corpi le immagini indiscrete delle telecamere, la concitata voce del cronista della TV che era arrivato a dire “forse qualcuno ha sparato … ” e poi subito “non è niente di grave … forse un malore … forse … non si capisce bene”; e  poi le telecamere che si autocensuravano e cominciavano a inquadrare altro, cime di alberi,  altri volti lontani e innocenti. 
“Troppo grossa per il  Mazzetti”, dissi a me stesso mentre andavo a letto.
  I Miserabili mi attendevano sul comodino, aprii sul punto, inforcai gli occhiali, ma non arrivai a finire la pagina:
La sua prima sensazione fu d'accecamento. A un tratto, non vide più nulla; e, per un istante, gli parve anche d'essere divenuto sordo. Non sentiva più nulla. Il frenetico uragano omicida che si scatenava pochi piedi al disopra non giungeva fino a lui, come abbiam detto, che spento e indistinto, grazie allo spessore di terra che ne lo separava, e pareva venisse da una grande profondità. Sentiva che il suo piede calpestava terreno solido, ecco quanto; ciò gli bastava.
  “Domani non so da dove cominciare, magari mi attengo agli ordini, cerco i maghi che mi ha indicato il questore. Io non sono Javert.  Ma chissà se qualche volta, in questi trenta anni di lavoro di poliziotto,  lo sia stato; anche involontariamente senza accorgermene. Pedretti potrebbe essere un Javert!  No io no. Nella, cara Nella, vienimi in sogno questa notte.”
 La stanchezza fece il suo corso e dormii.

Copyright  © Francesco Zaffuto


post inserito il  26/11/2017

3 commenti:

  1. Continuo a leggerlo il lunedì :-))) ma con molto interesse.

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  2. Anch'io son qui di lunedì e m'incuriosisce sempre più.
    cristiana

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  3. Daniele e Cristiana, vi ringrazio per l'attenzione e vi assicuro che la vicenda diventerà semplice e complicata - ciao

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